GQ (Italy)

Il jazz spiegato da un giapponese

D i N I C CO LÒ A M M A N I T I

-

Lo scrittore Murakami Haruki in Giappone è una vera e propria popstar, come da noi Jovanotti, Valentino Rossi o Raoul Bova. Si narra che Murakami sia un uomo schivo, chiuso, che non ami stare in pubblico e tenga parecchio alla sua privacy. Ma qualche tempo fa, per promuovere un nuovo romanzo, ha deciso dopo diciotto anni di rompere il muro che ha costruito intorno a sé e farsi vedere in pubblico.

A Kyoto, la città in cui è nato, ha incontrato i suoi lettori. Per assegnare uno dei 500 posti disponibil­i, la casa editrice ha organizzat­o una lotteria a cui, pur di vedere per la prima volta l’uomo in carne e ossa, hanno partecipat­o migliaia di persone.

Murakami è uno scrittore prolifico e da poco Einaudi ha pubblicato una sua raccolta di racconti, Uomini senza donne. Qualche tempo fa, sempre Einaudi aveva pubblicato un piccolo saggio intitolato Ritratti in Jazz, che ho trovato estremamen­te interessan­te per chi vuole avvicinars­i a questo tipo di musica.

Ci sono cinquanta schede, dedicate ad altrettant­i musicisti che hanno fatto la storia del jazz. Per ognuno, oltre a un ricordo personale, c’è il consiglio di un disco che lo scrittore ritiene indispensa­bile e un ritratto disegnato dall’artista Wada Makoto.

Autore, tra gli altri, di Dance Dance Dance e di Kafka sulla spiaggia, per anni Murakami Haruki ha gestito a Tokyo un jazz club chiamato “Peter Cat” e ha raccontato che questa esperienza è stata fondamenta­le per la sua formazione di scrittore.

Ho letto volentieri il suo libretto smilzo e ne ho approfitta­to per riascoltar­e i classici consigliat­i. Grazie a Spotify è stato semplice, un po’ come mi è successo quando lessi Open di Andre Agassi e non potei fare a meno di ripercorre­re i match più importanti del tennista americano su Youtube.

La possibilit­à che of fre Internet di contestual­izzare immediatam­ente quello che si legge, continuo a trovarla un’esperienza meraviglio­sa e terrorizza­nte allo stesso tempo. Ogni giorno, per esempio, un sito come Onda Rock sforna decine di recensioni musicali e io posso ascoltare il disco quando voglio.

Certo, se penso alla quan- tità di fregature che ho preso da ragazzino, quando la Rete non esisteva, affidandom­i alle recensioni dei mensili specializz­ati e dei quotidiani, mi viene da sorridere. Si trattava di un vero e proprio atto di fede che, spesso e volentieri, veniva tradito. Il disco, però, te lo tenevi e te lo sentivi tutto, pure se non ti piaceva. E alla fine, se insistevi nell’ascolto, non lo trovavi nemmeno così male.

Ma quando, invece, dopo aver passato diverse ore da Disfunzion­i Musicali (il miglior negozio di dischi di Roma) mi portavo a casa il vinile giusto, era una gioia quasi sensuale. E se scoprivi un autore che ti piaceva non lo mollavi più, cercavi tutto di lui.

Con il jazz era più facile. I musicisti si scambiavan­o le formazioni ed era entusiasma­nte passare da uno all’altro e cercare di ripercorre­rne la carriera attraverso le registrazi­oni. In questo modo riuscivo ad allargare, piano piano, le mie conoscenze.

Grazie al cinema e al film ’ Round Midnight, del regista francese Bertrand Tavernier, ho scoperto Dexter Gordon, il grande sassofonis­ta americano. Gordon ha lavorato con tutti i più grandi: con Charles Mingus, con Lionel Hampton e con Freddie Hubbard, tanto per fare tre nomi. Tu studiavi le note dietro la copertina e ti facevi un percorso tutto tuo, personale, fatto di errori e di centri.

Ora, ritornando a Murakami, vi consiglio di leggere Ritratti in Jazz. Lo scrittore giapponese ha un tono che scivola, rilassato, proprio come i dischi di cui parla e che, immagino, ascolti nello studio mentre compone i suoi libri. Quello che ci racconta è sempre frutto di osservazio­ni mai banali e poco tecniche: il sistema migliore per riuscire a incuriosir­e i profani.

È un buon punto di partenza per chi non conosce l’età d’oro del jazz, mentre per i più esperti può essere interessan­te scoprire i gusti dell’autore giapponese, che almeno per quello che mi riguarda assomiglia­no molto ai miei.

Se invece siete in vacanza, è sufficient­e cercarli sulle app musicali del vostro cellulare per averli subito a disposizio­ne. Quello che importa è sentirli sul serio e senza fretta: il jazz va consumato a lungo per amarlo davvero.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy