GQ (Italy)

S i a mo tutti figli di fre ud

La moglie sta per partorire e lui organizza una grande mostra sulle madri. A pranzo con Massimilia­no gioni

- Testo di Francesco Merlo Illustrazi­one di elisabeth Moch

A Milano il 25 agosto aprirà La Grande Madre, proprio mentre a New York nascerà il tuo bambino: una mostra o un regalo a tua moglie Cecilia? «È una coincidenz­a. Freudian slip ». Sarai alla Mostra o con tuo figlio? «Alla fine ho seguito da lontano le installazi­oni a Palazzo Reale». Duemila metri quadri di mamme, 127 artisti figli di mamma: è una mostra internazio­nale (ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi, promossa dal Comune di Milano) sul nostro disvalore nazionale, sul tengo famiglia? «C’è il familismo italiano nelle Madonne col bambino. Più della croce è la maternità l’immagine-simbolo della religione cattolica in Italia».

Gesù è italiano? Il primo mammone? «È figlio di un falegname come Pinocchio. E, come dicono gli americani, solo un italiano può rimanere in casa con la mamma sino a 33 anni. E solo un italiano può credere che sua mamma sia ancora vergine». Forse Milano avrebbe gradito un omaggio a Giulia Beccaria, la mamma del Manzoni, il prototipo delle mamme italiane. «È vero, ma è una mostra sulla mamma del Novecento » . Be’, ci sono le vergini paleolitic­he: «Ma quelle stanno tra le migliaia di immagini di Olga Fröbe-kapteyn che ispirarono Jung. La mostra parte da Freud». Dalla miniaturiz­zazione di Edipo e la Sfinge di Ingres che Freud teneva nella casa-studio di Vienna. E dalla foto di Amalia Freud col suo “Sigi d’oro”. «La mamma del ’900 è figlia della psicanalis­i». E la mostra sulla mamma del Novecento di un freudian slip.

«La mamma del novecento è l’effetto della psicanalis­i»

Freudian slip è il titolo di un lavoro del 1995 di David Hammons: una camicia da notte, slip- dress. Ma il significat­o di slip è anche lapsus, coincidenz­a. Tu sei un mammone? «Secondo gli economisti i mammoni sono i figli adulti che non vanno via da casa » . Sarebbero l’ 82 per cento dei giovani italiani dai 18 ai 30 anni. «Sono andato via

molto pre- sto. Ho fatto in Canada gli ultimi due anni di liceo ed è stata la prima delle mie fortune, non solo perché ho imparato l’inglese al momento giusto». Cambiare lingua è un modo di cambiare madre: si dice infatti “lingua madre”. «Hélène Cixous, nel bellissimo La risata della medusa, la chiama “lingua latte”».

Sono belle e azzeccate le immagini di Cindy Sherman, c’è l’idea di mamma come contrazion­e di mammella. «Ma io non avevo da liberarmi di una mamma-mammella, ipernutrit­iva e ingombrant­e». Tua madre che lavoro fa? «Maestra in pensione». È fiera di un figlio curatore d’arte ricco e famoso? « Dice che sono un piccione viaggiator­e. E più che su “viaggiator­e” insiste su “piccione”». Ti dà del pirla? «Per affetto». Ti sentivi un pirla di provincia a Busto Arsizio? «L’arte è stata il mio modo di non essere come gli altri. E Warhol mi ha aperto gli occhi sul mondo».

Il piccione viaggiator­e mangia hamburger al ristorante dell’hotel Le Meurice di Parigi, pilastri in marmo e bronzi dorati. «Mi avevano detto che qui fanno un buon hamburger». E invece? «È un hamburger. Non pensare che sia questo l’albergo che scelgo io». Chi ti ha invitato? «Un imprendito­re libanese che ha intenzione di aprire una fondazione d’arte a Beirut».

I grandi critici italiani sono nemici tra loro, come Celant e Bonami per esempio. Tu invece sei il curatore italiano più elogiato del mondo, e non fai mai polemiche. «Forse perché appartengo a una nuova generazion­e e c’è benevolenz­a nei miei confronti». Tu sei legato a Bonami. «Un fratello maggiore, uno zio. Con Bonito Oliva e Celant ho rapporti più lontani: sono i venerati maestri».

Gioni è appena arrivato da New York e già domattina ripartirà per New York: «Io ho un sistema infallibil­e per dormire durante il volo: un hamburger e due birre». L’hamburger somiglia a un’installazi­one d’arte? «Con la differenza che sai cosa mangi, mentre l’arte...». Benché a 41 anni tenga anche lui

« l’art e È stata i l m i o m odo

d i n o n e s s e r e c om e g l i a lt r i . wa r h o l m i h a a p e rto

g l i o c c h i s u l m ondo »

«Fai quel che devi, succeda quel che può». È questo il mantra che

mi ha accompagna­to non negli ultimi due mesi − quelli durante

i quali si è consumata la partita del Premio Strega − ma per anni,

tutti quelli che ci sono voluti per immaginare, abbozzare, scrivere

e riscrivere fino allo sfinimento un romanzo intitolato

al momento di varcare le porte del ninfeo di Villa giulia, il 2 lu-

glio, ho pensato che l’unica partita vinta o persa di uno scrittore

si consuma sulla pagina. i premi non migliorano ciò che hai fatto,

ma hanno il potere − ingiusto, quanto magnetico e umanamente

irresistib­ile − di dargli un riconoscim­ento.

Un anno prima, al momento di consegnare il testo definitivo

all’editore, mi ero costretto a verificare sul computer la

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy