GQ (Italy)

Shopping a passo di tango

Una boutique online dove fare acquisti e imparare a ballare: Hermés lancia LE MANIFESTE, « un sito che parla di uomini agli uomini » . E se lo dice la donna che ne crea l’universo maschile...

- Testo di CARLA BARDELLI

«Adoro osservare di nascosto gli uomini, per strada, negli aeroporti. Guardarli mentre si allentano la cravatta, tolgono la giacca, rimboccano le maniche della camicia. Li trovo molto sexy, mi fanno tenerezza quando si liberano di quella specie di armatura». Così parla Véronique Nichanian, da 26 anni indiscussa zarina dell’universo maschile di Hermès.

Da più di un quarto di secolo è alla testa di una delle marche più emblematic­he dell’eleganza: sempre lontana dai riflettori e sconosciut­a al grande pubblico, Madame Nichanian occupa un posto molto singolare nel mondo della moda.

L’8 settembre va online Lemanifest­edhermes.com. Di cosa si tratta?

«È un sito che parla di uomini agli uomini, per distrarli, non per dar loro lezioni».

In che modo?

«Si invita a costruire castelli di sabbia o a ballare il tango, spiegando attraverso un video tutti i passi di danza, i gesti, le mosse... Sarà possibile naturalmen­te fare shopping online, ma non è questo lo scopo. Ho voglia di raccontare storie per stuzzicare la fantasia, oltre a offrire la possibilit­à ai pigri o a chi vive lontano da una boutique Hermès di fare un click sull’oggetto desiderato».

Pensa che il cliente Hermès sia disposto a rinunciare al piacere dell’esperienza di acquisto live?

« Non saranno solo loro a venire da noi. Saremo noi piuttosto ad andar loro incontro, proponendo situazioni, eventi, nuovi universi».

uomo elegante. Ora invece…

« È diventato interessan­te fare errori di stile. I difetti sono la cosa più interessan­te di un look, perché raccontano la personalit­à. Anche fisicament­e adoro i difetti degli uomini: un naso imperfetto, una cicatrice, tutto quello che racconta la vita contribuis­ce allo charme».

Non pensa sia dif ficile osare, in fatto di stile, per un uomo?

«È successo più di una volta che mi abbiano chiesto: vorrei avere 5 abiti, con 5 camicie e 5 cravatte tutte uguali, per non sbagliare. Quel horreur! ».

Da 26 anni disegna collezioni per l’uomo Hermès e dal 2008 tutto quello che fa parte dell’universo maschile. Dove trova idee e spunti per reggere tale mole di lavoro creativo?

«Osservo gli uomini per strada, gli amici, mio marito, mio fratello: non ho fantasmi, penso alla vita reale, alle giornate di chi deve districars­i in situazioni diverse. E mi piace curiosare anche fra i clienti, che chiedono abiti e accessori su misura, per capire quali».

Lei cita spesso una frase di Simone de Beauvoir: “Non si creano mai per gli altri che punti di partenza”. Questo vale anche per le sue creazioni?

«Certo. La costruzion­e delle cose, compresa la moda, è difficile, a volte complessa, ma la considero sempre un inizio, qualcosa per cominciare a scrivere uno stile. Lo stesso capo è diverso a seconda di chi e come lo porta. Mi intriga molto sapere che può passare inosservat­o o arrivare a punte di visibilità estreme. La cosa più importante della creazione è l’energia, il resto non conta».

«ADORO GLI UO MINI IMPERFETTI:

È QUELL O LO C H A R M E »

Quindi se aggiungiam­o inserti di nylon sappiamo esattament­e cosa otteniamo», continua.

Proprio questa abilità tecnica e questa ricerca, abbinate ai codici classici del marchio Fay, delineano la nuova collezione Autunno/inverno 2015-16. Un lavoro sartoriale ricco ed elaborato, che si è meritato l’anteprima mondiale alla Roppongi Hills Arena di Tokyo per il Fay Fashion Theatre, l’evento che ha celebrato il debutto del marchio del Gruppo Tod’s in Giappone.

L’uomo Fay si è spostato in Asia? «Be’, ora è anche lì, ma in generale è un uomo della borghesia medio-alta che ama la sartoriali­tà italiana. Non necessaria­mente l’abito, magari un doppiopett­o rivisitato con i classici quattro ganci Fay, anche nella versione imbottita», aggiunge Aquilano.

«Ci piace sperimenta­re usando tessuti di qualità»

La collezione punta su quella “normalità perduta” che il designer spiega così: «A furia di cercare la novità, di rincorrere la voglia di essere originali, ci si dimentica di essere “normali”, nel senso di essere noi stessi, di piacerci di più e diventare così anche più sexy». Un esempio? «Meglio un maglione sotto una camicia jeans di una camicia di pelle».

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