GQ (Italy)

Una visione da grande fuoriclass­e

IL CAMPIONE Lo chiamano “O Ney” per distinguer­lo da “O Rey” Pelé, ma NEYMAR è da anni un sovrano assoluto: il brasiliano del Barcellona ora disegna pure una linea di occhiali

- Testo di ANGELO PANNOFINO Foto di RANKIN

È giovane, è bravo ed è pure figo. Neymar da Silva Santos Júnior, il nuovo fenomeno del calcio brasiliano è, in altre parole, il testimonia­l perfetto. Tutti lo vorrebbero ma non tutti possono averlo: «Lo faccio solo per i brand che mi piacciono», dice lui dal set della nuova campagna per gli occhiali Police del Gruppo De Rigo. «Con loro, per esempio, non mi limito a prestare il volto: voglio sempre partecipar­e al processo creativo e dire la mia sul colore o sul modello che preferisco».

Gli occhiali da sole per te sono un mezzo per farsi notare o per nasconders­i da sguardi indiscreti?

«Sono una parte della mia personalit­à. Non li indosso per nasconderm­i ma perché mi piacciono».

Quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi di “essere Neymar”?

«Quando ho deciso di diventare un calciatore ero conscio delle conseguenz­e: è uno sport con un’enorme visibilità e per me è un grande onore essere in grado di ispirare così tante persone con quello che faccio. L’aspetto negativo è che essere lontano dalla famiglia e dagli amici può essere doloroso».

In Brasile ti chiamano “il nuovo Pelé”: è un peso o uno stimolo?

«Non credo che possiamo essere paragonati. Stile di gioco e caratteris­tiche sono completame­nte diversi. Certo, vedere che il mio nome viene associato a quello di Pelé per me è un onore, ma non c’è confronto con un uomo che ha scritto il suo nome nella storia».

Ricordi cos’hai fatto col tuo primo stipendio?

«Ho comprato un appartamen­to alla mia famiglia».

«Sono sempre stato un calciatore magro, leggero e veloce. Così, fin da bambino, ho imparato a difendermi dai falli più duri: ho imparato a proteggerm­i e a cadere senza farmi male».

Durante l’ultimo Mondiale però ti sei fatto molto male: che tracce ha lasciato nel tuo corpo e nel tuo spirito quel grave infortunio?

«Tutto quello che è successo nell’ultima stagione mi ha ferito. Ho passato dei momenti che non avevo mai vissuto prima nella mia carriera. Ma sono state esperienze che mi hanno aiutato a crescere».

Cosa deve fare il Brasile per risollevar­si dopo le ultime sconfitte?

«Deve giocare il tipo di calcio che ha sempre giocato e con cui ha fatto storia».

Chi è il calciatore italiano che ammiri di più?

« Ce ne sono tanti che mi piacciono ma sono un grande fan di Balotelli. È anche un mio caro amico».

Credi che la tua bravura sia merito di Gesù?

«Giocare a calcio è un dono che mi ha fatto Dio. Ovviamente, per raggiunger­e i tuoi obiettivi e crescere in quello che fai, devi allenarti tanto e fare molti sacrifici. Ma, nella buona come nella cattiva sorte, penso sempre che è Dio che mi permette di fare ciò che amo di più: giocare a calcio».

Cosa rappresent­a il calcio nella tua vita?

«Tutto».

«COLLABORO S O LO C ON I BR AND CHE MI P I ACC I O N O »

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