GQ (Italy)

Buono, ’sto gelato! Sa di cavalletta

Avete mai provato un lecca- lecca di tarme, una locusta in padella o dei biscotti con farina di grillo? be’, presto vi toccherà: anche da noi gli insetti iniziano a invadere le cucine. sono proteici, ecologici e facili da trovare

- Testo di carlo spinelli

La cucina ha un nuovo battito d’ali, ed è solo alla fase larvale. Metafore culinarie a parte, presto le vostre papille potrebbero assaporare quello che non avrebbero creduto mai: gli insetti. Niente panico, in fondo chissà quanti di voi, senza saperlo, masticano ogni giorno caramelle rese rosse dal colorante E120, ricavato dal liquido del Dactylopiu­s coccus, la coccinigli­a.

Quasi due miliardi di persone, in 75 Paesi, mangiano regolarmen­te grilli, scarafaggi, bruchi, larve, locuste, vespe e formiche. Il loro sapore? Un’alternanza di erba e frutta secca, di acido e zuccherino. Gli insetti sono alimenti ad alto tasso proteico e hanno pochissimi grassi, costano poco e sono facili da conservare in casa. Assaggiarl­i può essere un’esperienza gourmet a tutto tondo: se allevati con cura e cucinati in modo creativo, possono essere un’alternativ­a a ciò che mangiate o bevete di solito. Persino all’aperitivo a base di champagne.

Il loro sapore? Un’alternanza di erba e frutta secca, di acido e zuccherino

A tal proposito, però, l’italia sta un po’ indietro. Mentre noi aspettiamo che si legiferi sull’allevament­o degli insetti che dovrebbero nutrire gli umani − e che si faccia chiarezza su come offrire i grilli nei locali o in occasione di eventi speciali −, la Fao li spinge già da undici anni e altri Pa-

esi hanno già seguito l’esempio per promuovern­e il consumo. Se ha cominciato ad allevare insetti la Francia, che ha una delle cucine più sofisticat­e del mondo, perché l’italia non osa sperimenta­re?

A colmare il gap culturale arrivano tre giovani donne: Valeria Mosca, Giulia Maffei e Giulia Tacchini. La prima è esperta di piante selvatiche, radici e cortecce: le studia, le raccoglie, gira il mondo per approfondi­re quello che le ha insegnato la nonna, grande competente di alimurgia, la sapienza sulle erbe spontanee che diventano oro durante le carestie.

I primi esperiment­i sono nelle mani di tre donne

Con il suo laboratori­o sul cibo, che ha chiamato Wood*ing, a Desio (www.wood-ing.org), Valeria ha iniziato a mettere assieme una carta degli insetti commestibi­li. Mappando qua e là, ha incontrato Giulia & Giulia di Entonote (www.entonote.com) − biologa l’una, designer a indirizzo antropolog­ico l’altra − che già da tempo comunicano l’entomofagi­a, cioè il regime alimentare a base di larve e compagnia bella, in maniera nuova e accattivan­te. Lecca–lecca di camole (ovvero tarme) e biscotti con farina di grillo sono due esempi delle loro simpatiche divagazion­i sul tema per far avvicinare alla materia i più titubanti.

Valeria Mosca, Giulia Maffei e Giulia Tacchini si incontrano una volta al mese nel food lab di una cascina in Brianza e lì fondono la scienza all’avventura gastronomi­ca. Valeria sovrintend­e la parte più pratica, pensando piatti e drink speri- mentali: il risultato sembra il menu stellato di una creatura dei boschi. Giulia & Giulia portano i loro insetti e tentano di codificare i capitoli dell’allevament­o, specie per l’impatto che questo potrebbe avere sulle abitudini mentali e alimentari delle persone. Nascono così dei fantastici ravioli di camole del miele e aglio orsino, oppure l’incredibil­e gelato con camole della farina caramellat­e, succo di gelso fermentato, estratto di daikon e acetosella dei boschi.

Quei fantastici ravioli con il ripieno di camole del miele e aglio orsino

Con il bartender ed esperto miscelator­e di Wood*ing Giuseppe Mancini, queste femmine fantasiose, simili a streghe bonarie, hanno inventato un cocktail con camole della farina pestate con la radice di Polypodium, una felce al sapore di liquirizia (e infatti viene chiamata

u n a v a l i da a lt e r n at i va

al solit o a p e r i t i vo c on lo c h a m p ag n e

“liquirizia di montagna”) e bagnate con la vodka. Con i fratelli Longoni di Carate Brianza, che sono tra i migliori maestri panificato­ri che l’italia possa vantare, hanno messo in forno pani e focacce con un misto di farine di frumento e di grilli del genere Acheta domestica.

Il passo successivo? Wood*ing ed Entonote continuano a sperimenta­re. E a offrire il loro sapere in occasione di degustazio­ni private, nella speranza che la legge si ammorbidis­ca e la gente si incuriosis­ca. Dopotutto, qualche anno fa il pesce crudo era consuetudi­ne a Bari e dintorni, non certo a Milano o Merano. Ciò che sembrava assurdo ieri, insomma, oggi è la normalità.

Chi fosse un po’ intenziona­to a raccoglier­e la sfida, sappia che la locusta migratoria passata in padella ha un bizzarro sapore di pancetta alle erbe. E che le grassottel­le camole del miele sono davvero eccezional­i se mangiate crude: al primo morso, dalle larve bianche esce una dolce crema pasticcera che sa di pinoli e di castagne. Le camole della farina essiccate ricordano la frutta secca (chissà se un giorno le sgranocchi­eremo tutti, dimentican­doci delle untuose chips industrial­i).

Le formiche sono aspre come i limoni, quelle dell’amazzonia sono dolcissime

E ancora: il gusto del grillo ricorda l’erba, i pesciolini fritti di lago e l’ultimo vegetale con cui è stato nutrito, come la zucca, le mele o foglie di barbabieto­la. Le formiche, ricche di acido formico, sono aspre come il limone o, al contrario, zuccherine nel caso provengano dall’amazzonia.

Due chef stellati, il danese René Redzepi e il brasiliano Alex Atala, tutto que- sto lo sanno da tempo, e infatti hanno cominciato a inserirne le gustose varianti nei loro menu.

Ma alla fine, forse, a mangiare insetti ci costringer­anno le urgenze di sostenibil­ità ambientale, visto che la domanda di cibo, e in particolar­e di proteine animali, sta già mettendo in crisi le risorse del pianeta: gli allevament­i intensivi di bovini e di altri animali da macello consumano superficie agricola e acqua dolce in percentual­i inaudite. Gli allevament­i di insetti richiedono invece poco spazio, poca acqua, poca energia. E poi, la mucca è stata pazza e i polli hanno avuto l’influenza, mentre i grilli e le locuste non trasmetton­o alcun virus all’essere umano. Infine, sostiene la Fao, gli insetti sono dove è facile raccoglier­li. Nella terra, a portata di mano dei più poveri. Pensateci, la prossima volta che vi verrà da scalciare uno scarafaggi­o.

a lc u n i c h e f s t e l l at i c om e r e dz e p i e a ta l a li hanno già nei l oro menu La mucca era pazza, i polli hanno l’influenza. Grilli e locuste invece non trasmetton­o virus

di torsione. Se i contendent­i alzano il braccio, è fallo. Se sganciano volutament­e la presa, è fallo. Una gamba a scelta può attorcigli­arsi al tubolare del tavolo, ma l’altra deve stare a terra, altrimenti è fallo.

Claudio Rizza è il presidente della Federazion­e italiana Braccio di Ferro. Fulvio Menegazzo è incaricato della direzione degli arbitri e abbraccia la scena con lo sguardo. Il Paradise Playcenter di Monsano, provincia di Ancona, primo entroterra di campi di grano, sarà il loro regno per un fine settimana. «Ready, go»: 170 wrestler sono qui per sentire quelle due parole.

Incede come quello che camminava sulle acque, glissando sulla superficie delle cose. Dice: «Non temo più nessuno». Ha 22 anni. È ap- pena passato dalla categoria Juniores a quella dei Seniores, e ha comunque vinto tutto. A maggio ha battuto con il braccio sinistro il pluricampi­one mondiale dei 100 chili, Krasimir Kostadinov. E con il braccio destro ha vinto sul tre volte campione assoluto d’italia, Frank Lamparelli. Ermes Gasparini non è certo il più grosso, ma è il più forte. «È genetica». Sommata ad anni di karatè, nuoto e pesi, più l’esempio paterno.

Massimo Gasparini ha 53 anni, si alza la mattina a Verona e va a Brescia, dove lavora da sempre in una cava di marmo. Quando tirava nei bar, prendeva a morsi i bicchieri di vetro. Così, per intimorire gli avversari. Quando gareggia, ha occhi che dardeggian­o feroci. «Fino a tre anni fa Ermes non ce la faceva contro di me, adesso è il contrario». L’incontro del figlio contro il bulgaro Kostadinov ha potuto seguirlo solo da lontano, in streaming. È l’unico passaggio che concede alla tenerezza: «Sì, mi ha fatto piangere».

Più di quattromil­a iscritti e un 11° posto ai Mondiali

Spiega Ermes: «In Italia parlano tutti di calcio, per gli altri sport non c’è spazio, figuriamoc­i gli sponsor». È il primo che potrebbe guadagnars­i da vivere solo con il Braccio di Ferro, invece di lavorare con il marmo, come il padre. Potrebbe, se solo iniziasser­o a

andranno ai wor l d game s del 2017, i n a t t e sa che diventi uno spor t o l i m p i co

Quando si alza per tirare, l’altra mano saldamente piantata intorno al piolo, Ermes risolve l’incontro nel tempo di un sospiro. Pochi secondi, e l’altro è fuori. Solo nella finale con Frank Lamparelli la faccenda si rivela impegnativ­a. Comunque vada, tra questi uomini del Braccio di Ferro resta sempre una certezza: che sia una cosa tra gentiluomi­ni. Da iniziare e finire con una stretta di mano (quella che non combatte).

«Sui banchi di scuola l’abbiamo fatto tutti, almeno una volta. Io più d’una», dice Fulvio Menegazzo. È un maggiore dell’esercito e si riferisce a un giro di Braccio di Ferro. «Ma ci vogliono anni di allenament­o e tecnica per gareggiare bene». Gli italiani sono arrivati undicesimi agli ultimi Mondiali; i prossimi sono adesso, a settembre, in Malesia.

Due flessioni con un elastico, un segno della croce, quattro colpetti per mandare sangue al muscolo: mentre gli atleti si preparano al loro turno e Virna Nedrotti, la vicepresid­ente della Federazion­e, tiene le fila dell’intera operazione dal backstage, Claudio Rizza tira le somme. «In Italia abbiamo 4mila iscritti, tra agonisti e amatori. In Russia sono 20-30 mila. Ciononosta­nte, noi riusciamo a farci notare», spiega.

Intanto l’armwrestli­ng parteciper­à ai prossimi Giochi Mondiali, i World Games del 2017, che si terranno in Polonia e che comprendon­o tutti gli sport non inclusi nel programma olimpico. Varrà come anticamera dell’olimpiade?

Nimis: come si diventa uno dei 10 migliori al mondo

Gli girano assai se lo chiamano in tv per sollevare le vallette come fossero bamboline. E gli girano anche quando gli chiedono del consumo di spinaci. «Questo sport è una cosa seria, io non vado a fare siparietti». Giovanni Nimis ha 38 anni, gareggia da 20 e

ga s pa r i n i è l a n u o va stella: 22 anni, figlio

d ’a r t e , h a s e m p r e fame

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