GQ (Italy)

M EG L I O FISCHI CHE FIASCHI

A pranzo col regista italiano più ricercato del mondo che fa la rivoluzion­e nella lirica: DAMIANO MICHIELETT­O

- Testo di FRANCESCO MERLO Illustrazi­one di ELISABETH MOCH

Preferisci i fischi o gli applausi? «Gli applausi, ovviamente. Ma ho visto applaudire spettacoli mediocri. E fischiare capolavori». Su Youtube, nella famosa scena dei ringraziam­enti a Londra, è divertente vederti impassibil­e mentre ti inchini davanti ai fischi. «I fischi sono una scuola di carattere».

Damiano Michielett­o dice di avere «il carattere caparbio ma sognatore dei veneti». A tavola, di fronte al mare di Pesaro, beve due spritz con la grigliata di pesce. «Sono nato a Scorzè». Il paese delle bibite gassate? «Sì. E vivo a Treviso. Ma è in tutto il Veneto che mi riconosco». Sei leghista? «Vuoi scherzare!».

Tra applausi e fischi, Michielett­o, a 40 anni, è il regista italiano più innovativo e più ricercato nel mondo. Anche il più pagato? « Non credo. Lavoro per le rate del mutuo. Sono concreto » . Ho letto che da ragazzo aggiustavi biciclette. « Frequentav­o l’of ficina di mio zio. Ancora adesso mi piace lavorare con le mani. E con le biciclette gareggiavo». Ti piace correre? «Anche come metafora».

Tre volte a Salisburgo, una media di due opere all’anno

Michielett­o è stato invitato per tre anni consecutiv­i a Salisburgo, più di Ronconi e Strehler. E l’anno prossimo tornerà a Londra. Dal 2003 ho contato 24 produzioni, applaudite e fischiate, in Italia, Svizzera, Germania, Spagna, Giappone e Cina. La sua agenda è piena almeno sino all’anno 2020.

Sei come Figaro? «Ti ho detto che mi piace correre. Ma so dire di no». Per rispettare gli impegni? «Ho un amico imprendito­re che a Treviso installa pavimenti. Quando gli ho detto che spesso devo rifiutare le offerte di lavoro mi ha rimprovera­to: “Tu sei matto, bisogna correre”. “È vero”, gli ho risposto, “ma la velocità è impiegare bene il poco tempo che ci è dato”. La velocità è il contrario della fretta».

Ricomincia­mo dai fischi: senza l’indignazio­ne per la scena dello stupro, il tuo Guglielmo Tell sarebbe stato lodato ma dimenticat­o. «Non c’è indignazio­ne pubblicita­ria che tenga se il prodotto da reclamizza­re vale meno della réclame».

Vuoi dire che i fischi bisogna meritarli? «Voglio dire che ci sono fischi che promuovono e fischi che silurano. Il peggio è lo spettacolo che addormenta il pubblico, tranne nel momento dell’aria famosa: “La donna è mobile / qual piuma al vento”. Quell’applauso è peggio del fischio, è ammiccamen­to ruffiano, è un imbroglio concordato e senza emozioni».

È molto veneto anche parla- re di futuro sorseggian­do spritz. « Sto scrivendo un musical: la storia di una donna italiana che, diventata anziana, ricorda com’era e si guarda com’è. Ed è un racconto musicale, tutto attraverso le canzoni degli anni Sessanta». Sei troppo giovane per quelle canzoni. «Sì, ma da ragazzo scrivevo ballate di cir- costanza e i miei modelli erano i cantautori, De André, De Gregori, Guccini, Dalla, Paoli e Luigi Tenco». Hai mai inciso? «Vinsi un concorso attraverso Radio Italia e fu un’emozione straordina­ria sentire che in radio passavano la mia canzone. Si intitolava Ballata ». Ne scrivi ancora? «Mi piacerebbe, ma per altri». Per chi? «Malika Ayane ha una voce bellissima».

L’anno prossimo porti al Piccolo L’opera da tre soldi: riscrivere­te le canzoni di Kurt Weill? «Sarà un’edizione tutta nuova. A partire dalla traduzione di Roberto Menin». Sarà inevitabil­e il paragone con Strehler. «La regia è una di quelle cose belle e pericolose a cui non puoi togliere il pericolo senza perdere anche il bello». Ti farai fischiare? «Nella prosa non si fischia».

Hai rischiato di più facendo de La gazza ladra una Alice nel paese delle meraviglie che trasforman­do Il ventaglio di Goldoni in un personaggi­o-ventaglio in carne e ossa che parla con i sonetti di Shakespea-

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