E ALL ORA TI È P I A C I U TO?
Dagli studi sul Dna ai centri d’aiuto medico: le ultime sulla SESSUALITÀ MASCHILE dal numero 1 degli andrologi
re. L’opera è più mummificata della prosa? «Il pubblico della lirica resiste di più. Ma alla fine il risultato è lo stesso».
Lavori border line, sai di rischiare la parodia ambientando al San Carlo Il ratto dal serraglio sullo yacht di un camorrista. «La parola camorrista io non l’ho usata». Be’, catena d’oro, panzona, occhialoni firmati, asciugamani zebrati, accappa- toio col collo di pelliccia e cocaina. «Sì, ma era Mozart e non Gomorra. Anzi, lì c’era più Mozart del solito». L’eccesso piacerebbe a Mozart? Nel tavolo accanto c’è un tipo devastato dai tatuaggi... «No, quell’eccesso no». Damiano ha un tatuaggio sulla schiena: Keep the Dreams Alive. Lascia vivere i tuoi sogni. «Ti chiedo: secondo te, Mozart oggi si farebbe tatuare?».
Michieletto non lavora come Carmelo Bene che amputava e sottraeva, al punto da eliminare, per esempio, Romeo da Romeo e Giulietta. Lui ambienta Così fan tutte in un bordello per scambisti, oppure Rossini in manicomio, sino al Guglielmo Tell che a Londra è stato fischiato perché «non c’è lo stupro nell’idea “conservata” dell’opera. Nel testo, i soldati invasori costringono le ragazze del villaggio a “ballare”. Ma ti pare che in Bosnia, in Iraq, in Siria si sono limitati a far ballare le donne?».
Non corri il pericolo di lavorare “contro” la musica? «Al contrario, provo a tirar fuori tutta la potenza che c’è nella musica. Pensa a Mozart e al suo Don Giovanni. Pensa a cosa c’era nella sua testa e dunque a cosa c’è nella sua musica». L’erotismo sfrenato di Mozart? «Ma nel bellissimo libretto c’è solo quel che l’epoca permetteva».
E nella tua testa cosa c’è? «Il paesaggio della Valle Padana, senza reti, cancelli e villette. È la mia origine». Lo rimpiangi? «Non sono passatista e neppure lamentoso. Al contrario mi piace correre. Ti ripeto: sono veneto». Cosa ti ha impedito di diventare leghista? «Mio padre: terza elementare e 12 fratelli, ha fatto l’operaio. Ma non alla catena di montaggio: era quello che leggeva i contatori».
È un mestiere che meriterebbe un film, come Il postino. «Erano uomini allegri e discreti che potevano entrare in tutte le case». La famosa bonomia veneta? «Anche i dipinti, dal Veronese al Tiepolo, sono allegri, magari malinconici, ma sempre leggeri». Dunque i numeri del contatore non erano solo aritmetica. «Erano i diari dei consumi». E infatti il padre di Damiano si mise a fare politica e divenne sindaco per il Ppi. « Un politico, come un regista, non ha paura di essere contestato». Anzi cerca, previene e sfida la contestazione che, come a teatro, «tanto più è insidiosa quanto meno è rumorosa». Già, movimenti delle ciglia, mezzi sorrisi, insofferenze impercettibili a tutti tranne che
«Ha ragione mia figlia: un po’ me le vado a cercare»
Chi ti ha insegnato lo stupore? «La scuola Paolo Grassi di Milano». Più della laurea in Lettere a Venezia? «Molto di più». Come ti mantenevi a Milano? «Facevo il pizzaiolo». Allora sai cucinare bene. «Solo le pizze».
Ti sei sposato all’età di 26 anni, ora sei separato e hai due figli: «Viola di 13 anni e Daniele di 8». Sei cattolico? «No». Li hai battezzati? «Sì». E che cosa ti ha detto Viola quando ti hanno fischiato a Londra ? «Papà, però tu le vai a cercare » . Ti riconosci in questa frase? «Sì».
Ti rifaccio la domanda dell’inizio: meglio i fischi o gli applausi? « Il paradosso è proprio che ci sono due cose impossibili da sopportare: convivere con i fischi e fare a meno di essi».
«A MILANO MI
MANTENEVO
AG L I S T U D I
FAC E N D O I L
P I ZZA I O LO »