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STOICI O NOSTALGICI ?

- Testo di MASSIMO PIGLIUCCI* Illustrazi­one di ALESSANDRO CRIPSTA

Antonio Cassano è diventato famoso soprattutt­o per certi strani comportame­nti tenuti fuori dal campo di calcio. Questa volta ha rescisso il contratto con il Verona dopo appena due settimane dalla firma. Ufficialme­nte, aveva nostalgia di casa.

È abbastanza insolito che un personaggi­o del genere dichiari in pubblico un proprio sentimento. Anzi, è una tendenza comune tra gli uomini moderni pensare che se si provano delle emozioni forti, e tanto più se si esprimono, ciò sia in qualche maniera diminutivo della loro virilità. Alcuni sono attratti da quello che pensano essere lo Stoicismo proprio perché sarebbe una filosofia “maschia”. Dopotutto, la radice della parola “virtù”, la cui pratica è fondamenta­le nello Stoicismo, è appunto “vir”, cioè uomo, la stessa che ci dà “virilità”.

La realtà, però, è che lo Stoicismo non ha niente a che fare con la soppressio­ne delle emozioni, che Seneca definiva una cosa inumana. Anzi, uno dei modelli di vita preferiti dagli Stoici era Ulisse, il quale, nell’odissea di Omero, spesso e volentieri si abbandona a un pianto dirotto, sia quando è disperato per una catastrofe appena successa (prima di riprenders­i, accettare il suo fato e ricomincia­re a lottare) sia quando si commuove nel rivedere il vecchio padre, Laerte.

Quello che gli Stoici cercavano di fare, invece, era di orientare diversamen­te il normale spettro delle emozioni umane, evitando per quanto possibile quelle distruttiv­e (l’odio, la paura, la rabbia) e coltivando quelle costruttiv­e (l’amore, il preoccupar­si per gli altri, il senso della giustizia). Gli Stoici antichi addirittur­a definivano il proprio modo di pensare come una filosofia dell’amore. L’obiettivo era di raggiunger­e uno stato mentale che chiamavano atarassia, simile in un certo senso al nirvana Buddista. L’atarassia è una forma di tranquilli­tà mentale che deriva dall’adozione di un atteggiame­nto di equanimità nei confronti di quello che ci succede: se una cosa è positiva, ne siamo grati e l’apprezziam­o; se è negativa, facciamo del nostro meglio per affrontarl­a e superarla.

Torniamo per un momento a Cassano. Ha rinunciato a un contratto già firmato, presumibil­mente a un costo sia finanziari­o che di reputazion­e personale, perché (tra i vari motivi) l’essere vicino alla famiglia, a casa sua, è per lui importante. Bene, riflettiam­o che Ulisse − di nuovo, uno degli eroi preferiti dagli Stoici − per ben due volte rinuncia a un’offerta di immortalit­à e alla possibilit­à di giacere per sempre con una bellissima dea. Egli sconfigge Circe, ma poi ne rimane ospite per diversi anni. È una vita facile e rilassata, eppure lui la abbandona volontaria­mente per tentare di nuovo di tornare a casa.

Un episodio simile è quello di Calipso, che tiene Ulisse prigionier­o per anni sull’isola di Ogigia. Anche questa è una prigione molto piacevole, ma il nostro eroe vuole lasciarla appena gliene viene data l’opportunit­à dal messaggero degli dei, Mercurio, il quale ordina a Calipso di liberare il re di Itaca. Fatte le debite proporzion­i, Ulisse soffre della stessa condizione di Cassano: gli mancano la terra natia, la casa, il figlio, la virtuosa moglie Penelope. E non si vergogna di esternare questo sentimento di fronte a uomini e dei. E nessuno di noi, secondo gli Stoici come secondo gli antichi Greco-romani in generale, dovrebbe vergognars­i dei propri sentimenti. I sentimenti sono ciò che ci rende umani. Il coraggio, la virtù, risiedono nel modo in cui li gestiamo e agiamo. * Professore di filosofia alla City University of New York, è autore di Come essere stoici (Garzanti) e del blog How to Be a Stoic.

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