SE QUESTO é UN RANCIO
Ex calciatore di talento, Frantzén è il top chef di Stoccolma. La gavetta? L’ha fatta nella cucina dell’esercito in Lapponia
«Sarebbe stato bello se avessi potuto continuare. Ora sarei ricco e andrei in giro per il mondo a mangiare nei migliori ristoranti». Invece è lui a cucinare. Ma c’è più ironia che rimpianto nel tono di Björn Frantzén, quarant’anni adesso, che tra il 1992 e il 1996 ha fatto parte della AIK Fotboll, squadra di calcio della città di Stoccolma che milita nella serie A svedese. Perché la carriera fulminante, culminata con l’apertura a Hong Kong e con lo spostamento, lo scorso giugno, del suo ristorante Frantzén in una nuova zona della capitale svedese, non è stata di certo punitiva dal punto di vista economico.
Durissimo il primo impiego: un anno come responsabile di cucina nella base lappone dell’esercito svedese («36 gradi sottozero, si lavorava di pesce secco e scatolette»), che gli ha dato però la disciplina necessaria e le idee per non sedersi sugli allori delle due stelle Michelin di cui è stato gratificato nel 2010, a due anni dall’apertura. Da sportivo che non ha preso un etto di peso nel passaggio dall’allenamento col pallone alla pratica dei fornelli, ha eliminato il pane a tavola e la panna dalle salse. I piatti, presentati come un nudo elenco di ingredienti, sono in stile nordic-kaiseki: un mix tra la venerazione per la stagionalità e le tecniche di fermentazione per regalare umami − il quinto, intensissimo sapore, codificato dai giapponesi − agli ingredienti. Anatra frollata, foglie amare, gelato affumicato; merluzzo nero, aceto, pelle di pollo; capesante, abete rosso, tartufo.
Il gusto dell’atmosfera macho gli è rimasto. Ed ecco il gastro pub The Flying Elk, nella vecchia Stoccolma, tutto birra e fish&chips; di fianco, il wine bar Gaston, immediato successo in una città geneticamente priva di cultura del vino: 400 etichette di piccoli produttori, atmosfera giovane e informale, lento sorseggiare per attendere e attendere e attendere la non-notte dell’estate nordica.