IL CORPO MISTICO DI LEBRON
Bum. Non l’onomatopea ma l’inglese ci aiuterà a capire meglio il salto di qualità voluto da Lebron James, la svolta epocale di un cammino già notevole, inedito, unico per uno sportivo ancora in attività e nel pieno delle sue energie. Bum lo possiamo tradurre con straccione ed è la parola che James ha usato come fosse pietra, che ha lasciato cadere nel mezzo di una stanza enorme come Twitter perché tutti potessimo vederla, perché nessuno provasse a ignorare che il più grande atleta dei nostri tempi stava prendendo una posizione frontale nei confronti del POTUS e che non saremmo più tornati indietro.
Lebron James ha parlato e scritto come un pari di Donald Trump, come un leader politico consapevole di avere un seguito trasversale ed enorme, un ascolto ben più largo di quello della comunità afroamericana.
Lebron James è l’uomo nuovo, quello che ha alzato l’asticella del suo sport grazie a dedizione e mezzi atletici fuori dal comune, quello che ha resistito al pregiudizio creato dal suo talento e dalla consapevolezza di essere meglio degli altri, più degli altri.
Abituato a sopportare una pressione disumana fin dall’adolescenza, James è cresciuto dialogando con popolarità e potere dell’immagine, imparando a sfruttare i media e interpretare gli eventi per quello che sono nel momento in cui accadono e i possibili scenari futuri. Il ragazzo senza padre di Akron ha fatto errori terribili, ha scelto di vestire per un periodo molto intenso le vesti del vilain concentrando su di sé le emozioni negative di un’intera nazione e poi ha risalito la china con determinazione, rabbia silenziosa e saggezza.
Nel 2008 ha appoggiato la candidatura Obama senza remore, nel 2012 ha guidato la delegazione della squadra (Miami) alla Casa Bianca e ha duettato con Obama con grande naturalezza, nel 2014 ha indossato una maglietta semplice eppure piena di significato, una T-shirt nera con una scritta sul petto che recitava: I Can’t Breathe, in memoria di Eric Garner, strangolato dalla Polizia durante un banale fermo per motivi di viabilità. Lebron James è cresciuto e con lui la consapevolezza di avere un ruolo nella storia contemporanea, di poter incidere e spostare l’opinione pubblica, costringere i tifosi ad alzare gli occhi dal parquet e sentirsi parte di qualcosa di più grande, di una nazione in lotta per non tornare al Medioevo e perdere tutto il terreno acquisito a fatica su questioni fondamentali come il razzismo e i diritti civili. James non è solo un atleta e tantomeno solo un atleta milionario, che poi è la sparata divisiva con cui Trump ha cercato di tappare una falla sempre più grossa. I tempi degli atleti in lotta, delle contestazioni silenziose e composte, del potere dei gesti non sono finiti, lo dimostrano quelli come Colin Kaepernick e con lui tutti gli altri giocatori di football americano decisi a non cedere e proseguire in una protesta simbolica e potente. Lebron però combatte a un altro livello, quello del consenso e del potere. Altri grandi atleti hanno messo la popolarità al servizio di una causa. Muhammad Ali, Kareem Abdul-jabbar, John Carlos e Tommie Smith, sono alcuni dei tanti, più celebri e solidi di altri ma comunque in posizione subalterna rispetto alla ferocia delle istituzioni quando si sentono minacciate. La fama contro il potere, la ribellione come cifra, il sacrificio come risultato. Lebron James no, lui non si immola perché la sua è una partita diversa, più muscolare e completa. Nel momento stesso in cui James ha usato Twitter e risposto direttamente a Trump sul tema dell’opportunità di presentarsi alla Casa Bianca (che riguardava i campioni dell’nba, i Golden State Warriors), James ha messo in scena un piccolo gioiello di strategia politica, ha scelto di calarsi nel campo semantico di Trump e lo ha sfidato senza esitazioni. Straccione, così lo ha chiamato per poi continuare a rivolgersi al presidente con il disprezzo frontale di chi non si sente rappresentato e al tempo stesso sa di essere supportato e amato da una moltitudine di persone. Un leader politico nella fase di costruzione del consenso più che un atleta indignato. Lebron James è l’uomo nuovo, mani forti e intelligenza sottile. Ci sono guerre che la malafede e la teatralità non possono vincere, nemmeno se corroborate dal potere e dalla manipolazione dei media. Quella di Trump contro Lebron James pare destinata a iscriversi al ruolo delle scelte affrettate. Litigare con la persona sbagliata, in poche parole. Bum, questa volta nel senso dell’esplosione.