Youtuber
Sono diventati grandi. E non solo all’anagrafe
Guglielmo Scilla ne ha fatte di cose: ha recitato in svariati film e in televisione, condotto programmi in radio, scritto un romanzo; quest’anno partecipa a Pechino Express e interpreta il ruolo del protagonista nel nuovo Grease, a teatro. Ma a monte di tutto questo, Guglielmo è Willwoosh, youtuber dal capodanno 2009 e ancora oggi tra i più seguiti in Italia, con 780mila iscritti al suo canale. In questi giorni ha un pallino fisso: gli anni. «A fine novembre ne compio trenta», racconta. Il passaggio d’età ha per Scilla l’inesorabilità di un attraversamento irreversibile. È il simbolo di un’intera generazione che è cresciuta youtuber e ora si chiede come si fa a diventare grandi.
Siamo nel ridotto del Teatro Elfo Puccini di Milano durante lo Youtube Pop Up Space, la tre giorni di formazione che è anche un’incredibile occasione per la nuova generazione del Tubo di intercettare propri idoli e maestri, quelli che Youtube lo facevano quasi una decade fa, «quando era una cosa da nerd», come ricorda Daniele Doesn’t Matter (1 milione di iscritti), che i trenta li ha già compiuti in agosto. Insieme a Willwoosh racconta com’era quando hanno cominciato loro, i pionieri di una landa inesplorata.
Erano gli anni Zero e in tv c’erano i reality. «Sentivamo l’esigenza di intrattenere in modo alternativo a quello», spiegano. Il pubblico esisteva, eccome, quello invisibile che una televisione ripetitiva e sempre più rivolta a generazioni anagraficamente over non riusciva a intercettare. Un’audience che si è moltiplicata con il boom degli smartphone.
«Quando ho cominciato nessuno considerava Youtube qualcosa da cui si potesse guadagnare», racconta Violetta Rocks, 30 anni, romana, 228mila iscritti al suo canale, aperto nel 2011. «Fare lo youtuber era una roba da sfigati». Oggi, se entri in una qualsiasi classe di liceo, è l’esatto contrario. E quello dello youtuber è diventato un lavoro.
Negli Usa, il sito ha un’audience superiore a quella della televisione, come riporta The Wall Street Journal. Più di 3 milioni di youtuber europei guada-
gnano dalle pubblicità che passano sui loro video e, secondo una ricerca Deloitte, circa 600 italiani hanno un lavoro grazie a Youtube.
«Dieci anni fa abbiamo capito che le piattaforme di video sharing erano il palco del futuro», racconta Luca Leoni, amministratore delegato della milanese Show Reel, dove lavorano circa 30 persone. «Siamo un’agenzia di branded content entertainment ». Si tratta della nuova frontiera dell’editoria digitale contemporanea: contenuti di qualità su cui le aziende mettono il proprio marchio. Investendo denaro.
«Io non sono il manager degli youtuber», puntualizza Leoni, «perché loro non sono come gli artisti degli anni Novanta, che potevi vendere a un brand come alla sagra di paese. Ognuno di loro ha un’identità precisa, come se si trattasse di Italia Uno o di Radio Maria. E, per dire, non puoi certo mettere un porno su Radio Maria».
Questo è il salto di paradigma: i creatori – youtuber è ormai una definizione riduttiva – fanno parte d’un meccanismo consolidato, che riempie giga di case history, sterminate colonne di fogli excel e molti conti in banca. Pochissimi anni fa pareva avanguardia pura. «I primi esperimenti», racconta ancora Luca Leoni, noi li abbiamo fatti nel 2009». Con Willwoosh, appunto.
Intorno ai miliardi di video condivisi sul Tubo si aggrega una gigantesca comunità, dove i creatori − che svettano come semidivinità − sono legati indissolubilmente agli altri utenti silenziosi, in un brulicare inarrestabile di clic, commenti e messaggi privati. La tv ha insegnato l’italiano agli italiani, «Youtube ti insegna
«All’inizio Youtube era come Paperissima. Ci andavi a vedere i video della gente che si incendiava i capelli». Poi, con l’acquisizione di GOOGLE del 2006, è cambiato tutto
che esistono altre persone simili a te», spiega Daniele Doesn’t Matter. Così ogni creatore ha senso, proprio perché porta la propria storia, unica e irripetibile.
Adriana Spink (275mila iscritti) ha mollato l’insegnamento dell’inglese per seguire il suo canale, fisso nella top 5 dell’affollatissima categoria make-up; Serena Matcha Latte (110mila iscritti) ha cominciato quasi per gioco in Giappone e ora fa del viaggio la sua vita. Andrea Baggio, alias Jaser (110mila iscritti), pubblica un video ogni lunedì e ha un canale di ricette insieme a Willwoosh: «Molti amici li ho conosciuti proprio su Youtube», racconta. E ancora: Shanti (220mila iscritti) parla di sessualità e ha conosciuto il fidanzato proprio in un “viaggio con gli iscritti”. Perché, sì, gli youtuber sono quelle star che vanno in vacanza con i fan.
«Non riuscirai a stare a casa, fratello», cantava nel 1970 Gil Scott-heron nel suo poema protorap The Revolution Will Not Be Televised. «La rivoluzione non andrà in onda sulla tv». Alla fine, invece, è stata la tv a rivoluzionarsi e ora la portiamo in tasca. I grandi broadcaster hanno abbracciato il modello on demand mentre Youtube, dopo l’acquisizione di Google nel 2006, ha ricomposto le distanze siderali che lo separavano dalla televisione tradizionale a colpi di ritoccatine più o meno evidenti in home page, lanciando un canale accessibile su sottoscrizione (Youtube Red), finendo sui telecomandi e così via.
Cane Secco ha 27 anni ed è figlio di un documentarista («Volevo fare questo da quando mi ricordo di voler fare qualcosa»). Appartiene alla prima generazione
«Quando ho cominciato io, nessuno pensava che un giorno ci avremmo potuto GUADAGNARE. Ai tempi, addirittura, mi vergognavo un po’»
di youtuber (294 mila iscritti) e racconta come sono cambiate le cose in tutti questi anni: «Vedo che sta tornando l’attenzione alla qualità dei contenuti, ma la cosa fondamentale è che si tratta di una piattaforma in continua evoluzione».
Si evolve Youtube e si evolvono gli youtuber. Luca e Katia stanno cambiando la pelle al loro popolarissimo canale Scherzi di Coppia (640mila iscritti). «Ora diamo esperienza di vita a due, abbiamo scritto un romanzo, ci stiamo concentrando sui viaggi», spiegano. Una scelta personale («siamo cresciuti noi») convalidata dal marketing («i dati ci danno ragione»).
Insomma, non è più tempo di scherzare. Ma dietro alla vecchia generazione che si fa domande e muta pelle ce n’è una nuova che si affaccia sulla scena prepotentemente. La leva under 18 si racconta in maniera direttissima − niente montaggio, nessuna scrittura, bando a tutte le “vecchie” regole − e spopola, parlando un linguaggio alieno per i vecchi abitanti del pianeta Youtube. «Per me, questi ragazzini che si inquadrano male e parlano del nulla sono raggelanti», dichiara Violetta Rocks.
I video che hanno sepolto per ore gli youtuber di prima generazione dentro stanze, stanzette e studi per scrivere, girare e montare, difficilmente fanno i numeri «di un adolescente che accende la telecamera e blatera per strada». Così vanno le cose, almeno in questo passaggio. Ma la domanda vera è un’altra, e a porla è ancora Violetta: «Youtube non è un posto ministeriale che ti dura tutta la vita. Riuscirà a invecchiare insieme ai ragazzi che l’hanno reso grande?».
«Ora ci sono gli adolescenti che accendono la telecamera e blaterano. Per me, questi RAGA Z Z I N I che si inquadrano male e parlano del nulla sono raggelanti»