GQ (Italy)

Dammi solo un minuto

Come il più forte sciatore di Francia si prepara a scendere in pista. Obiettivo: «L’oro alle Olimpiadi»

- Testo di LUCIA GALLI Foto di CARLO F URGER IG IL BER T

Ha studiato da campione diventando, in pochi anni, il migliore che la storia di Francia abbia consegnato allo sci alpino. Un bronzo olimpico nel 2014 e uno mondiale nel 2015 in gigante, 19 vittorie e 23 podi in cinque discipline della Coppa del Mondo − slalom, gigante, super-g, parallelo, combinata − Alexis Pinturault, classe 1991, è uno degli ultimi, veri polivalent­i del Circo Bianco. Un highlander che è riuscito a polverizza­re persino il mito di Jean-claude Killy, il francese più vincente in assoluto dagli Anni 60 a oggi. “Pintu” , però, mette le cose in chiaro: «Non scio per i record, ma per vincere».

Alexis sa di avere poco più di un’ora all’anno per essere il primo della classe. Sessanta minuti abbondanti: tanto si ottiene, sommando tutte le gare di una stagione. «Gareggi per un minuto o poco più a manche, ma ti alleni ogni giorno, fino a cinque ore, spesso con doppie sedute quotidiane», spiega lui, attaccando con la cyclette. «Ho imparato ad amare la palestra da ragazzo quando, vinti i Mondiali juniores, ho deciso che potevo fare “qualcosa” del mio hobby sulla neve». C’è la passione, «che ti porta a cominciare da bambino quasi per gioco». Poi arriva la consapevol­ezza, «che ti fa inseguire la latitudine costante della neve».

D’inverno è sulle Alpi, in gara. D’estate in Sudamerica, ad allenarsi sulle Ande. «Eppure la gente pensa che io sia un “lavoratore stagionale”», riprende Pinturault. «Mi vedono in azione solo pochi mesi l’anno, e molti mi domandano che lavoro faccia davvero». Succede anche in Francia, per esempio quando (raramente) cede alle lusinghe della Costa Azzurra, a casa della fidanzata storica Romane Faraut, che da poco è diventata sua moglie. Pinturault ci scherza su. «Capita che mi fermino per strada e mi dicano: “Ti vedo in television­e, ma che cosa fai esattament­e?”». Difficile spiegare che giri il mondo per essere il più veloce in pista.

Blasone, popolarità, copertine? Non esattament­e. Certo, la sua seconda casa è Courchevel, dove ogni inverno si danno appuntamen­to i bon vivant della neve fra fondue e moules-frites. Non lui: lasciati trofei e medaglie in bella vista nell’hotel di famiglia − il cinque stelle Annapurna − torna al suo lago in Savoia, quello dove è nato e che un po’ gli ricorda la calma dei fiordi norvegesi da cui viene la madre.

Lui, ad Annecy, è un savoyard doc in sintonia con la natura. «Amo gli sport outdoor: sci nautico, wakeboard e il SUP, ma solo con gli amici, altrimenti che noia!», racconta. Poi ci sono la montagna e la bici: «Il col de Leschaux è perfetto col suo 4% costante, un giusto compromess­o tra progressio­ne e intensità». Ma quando si tratta di affrontare curve tirate anche a 100 all’ora, come di scapicolla­rsi tra porte rosse e blu in una danza di forze centrifugh­e più ritmata di un reggae, non si può improvvisa­re. In primavera, per esempio, è il momento di pensare al guardaroba: non solo vestiti, per i quali il campione francese ha puntato sul made in Italy di Colmar. Pinturault trascorre settimane a testare sci, almeno 20 per disciplina.

«C’è molta differenza nel grip, nella tenuta: l’obiettivo è ridurre il numero di pezzi, per arrivare alle gare avendo sempre un’alternativ­a, scegliendo però fra poche paia». Il test

degli scarponi è ancora più complesso: «Spesso mi sento bloccato, non riesco a piegarmi in avanti». A quel punto entra in gioco Arnaud Auer di Head:«a lui il compito di trovare la soluzione», allarga le braccia Pinturault.

All’allenament­o sulla neve pensa, invece, il suo coach federale Fabien Murier. Dei muscoli si occupa Martin Hager, dell’athletes special project di Red Bull, che lo segue nella palestra di Saint-jorioz: non più di due ore a seduta per non “ingolfare” corpo e spirito, soprattutt­o ora che la stagione è scattata con le prime gare sul ghiacciaio di Sölden.

Per l’abilità e la destrezza Pinturault usa elastici, fitball da Pilates e altre gym ball da 3 o 6 chili. Ai circuiti elaborati preferisce poche sequenze mirate, agitando il bilanciere, nei balzi, come un monaco Shaolin. «Faccio pure yoga», dice, allungando­si a ponte. Il cuore dell’allenament­o arriva però con la gabbia multifunzi­one: quando la giornata è leggera, “Pintu” solleva fino a 120 chili. Poi arrivano le cinque sequenze di squat: altri 180 chili per incendiare quadricipi­ti e femorali. Pull up e flessioni completano la seduta: Alexis sorride, finisce i suoi due litri d’acqua e sembra pure poco affaticato.

Lui si definisce «esplosivo e audace sugli sci», ma sa che le gare non vanno buttate al vento cercando di strafare. «Ogni anno i tuoi limiti si alzano. Ti ci devi avvicinare ogni volta, ma l’ideale è sciare sempre al 95100% delle possibilit­à, mai oltre, in modo da poter gestire gli errori». Per questo, se il rischio accende il gas, la paura serve a frenare: «Guai se ti paralizza, però». Al cancellett­o di partenza, soprattutt­o: «Se ti metti a pensare, rallenti e sei finito».

La pista si studia prima, durante una discesa lenta che gli atleti chiamano “ispezione”. Ci sono percorsi con cui il feeling è immediato, altri − come quello svizzero Adelboden − insidiosi: «Mi sorprende sempre». Nel 2015, in Colorado, Pinturault fece un balzo micidiale, con tanto di commozione cerebrale. «Ripresi subito a sciare, ma non riuscivo a concentrar­mi». Cadendo, s’impara: a ogni infortunio è la mente che comanda, «solo così si torna più forti di prima».

Per questo, dopo lo scorso anno, arrivato ai vertici della classifica mondiale, si è regalato un’équipe personale, calibrata sulle sue esigenze: «Un bene per me e la squadra». La base sarà Altenmarkt, in Austria, mai troppo lontano dai vari campi di gara.

A febbraio ci sono le Olimpiadi in Corea del Sud e Alexis ha un solo obiettivo: «L’oro». Un minuto o poco più per provarci. «E allora, forse sì, per strada mi riconoscer­anno».

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