GQ (Italy)

IL GUSTO SI FA SERIAL

Testo di GIANMARIA TAMMARO Illustrazi­one di ELSA JENNA

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Qualche mese fa, alla sfilata di Louis Vuitton a Parigi, una delle modelle indossava una maglietta − perdonatec­i la semplifica­zione − con sopra il poster di Stranger Things, la serie cult creata dai fratelli Duffer per Netflix. La gente, a vederla, è impazzita. Trovavi foto e video condivisi ovunque. Giornali, blog, bacheche personali. «Gli effetti delle serie tv sulla moda», ha scritto qualcuno. E in effetti è proprio quello che è successo: la television­e − la nuova, attenzione, television­e − ha finito per influenzar­e anche altri trend.

Le persone, oggi, si vestono seguendo un certo gusto, un gusto che − si scopre − non è nemmeno così lontano da quello che ci propina il piccolo schermo. Sono simboli, sono icone; sono sintesi perfette, funzionali, del mondo in cui viviamo.

A Napoli, per dirne una, si porta il taglio di capelli à la Gomorra: rasati ai lati, più lunghi sulla fronte. O anche un determinat­o modo di vestire: pantaloni, quasi sempre jeans, attillati, giubbetti di pelle, camicia larga con un colletto quasi coreano.

Nel Regno Unito c’è Peaky Blinders, la serie tv creata da Steven Knight su una banda di zingari − gipsy, li chiamano loro − che ha conquistat­o e dominato le strade di Birmingham tra le due guerre mondiali. E anche lì è nata una moda: di acconciatu­re (molto simili a quelle gomorriane, va detto) e di stile, con cappottoni lunghi, pesanti, e coppole.

Il discorso, insomma, è molto più ampio. Non riguarda i confini territoria­li o una cultura specifica, ma evidenzia piuttosto come due trend, due mode, finiscano per scontrarsi, incontrars­i e addirittur­a per coincidere. Riguarda il modo in cui la sartoria, l’alta, altissima sartoria, abbia finito per prestare orecchio − e occhio − al boom televisivo; e come la serialità abbia finito per diventare specchio della società in cui viviamo. Leggendo, più che anticipand­o, le nuove tendenze.

Poco c’entrano le ricostruzi­oni storiche, come quella che arriverà a breve su Gianni Versace; e poco, pure, c’entrano le fiction italiane che raccontano dei primi, grandi centri commercial­i per signore dell’alta borghesia. Quello che stiamo provando ad analizzare è un movimento sotterrane­o di lunga durata, che si è rivelato quasi in corsa, all’improvviso, dandoci un’altra chiave di lettura della crescente produzione seriale. Potrebbe suonare forzato come ragionamen­to. Ma riflettiam­oci: quella che vediamo in television­e − su Netflix, su Prime Video, su Sky − è, spesso, la nostra vita. Il trending hipster di questi anni è stato brillantem­ente rappresent­ato (e preso in giro, e demolito) da Master of None di Aziz Ansari. Anche l’esplosione della rinnovata passione per gli anni Ottanta è figlia della stessa sovrapposi­zione di immagini e di gusti. Finalmente − questa è la spiegazion­e che se ne ricava parlando con i diretti interessat­i − una nuova generazion­e di artisti è entrata nella stanza dei bottoni, ed è quella generazion­e, cresciuta a videogioch­i, fumetti e libri di Stephen King, che ora detta le regole. In television­e come nella moda. Di esempi ce ne sono tantissimi; ma c’è anche un’altra tendenza, molto più interessan­te: le serie tv che diventano moda. Come nel caso che citavamo all’inizio, quello della sfilata di Louis Vuitton. Le serie tv si indossano. Spopolano soprattutt­o i cartoon per adulti, come Bojack Horseman e Rick and Morty. Ma c’è anche Stranger Things, appunto, c’è Breaking Bad − una delle prime, forse, a essere diventata “moda” − e ci sono anche i grandi classici come I Soprano. Le serie tv rappresent­ano una contrazion­e culturale; rappresent­ano non solo quello che siamo diventati (e di questo abbiamo già parlato), ma quello che siamo stati e che, forse, diventerem­o. Prendete Black Mirror, serie su più futuri prossimi e possibili; prendete anche Electric Dreams di Channel 4, dal 12 gennaio su Prime Video, ispirata ai romanzi di Philip Dick. Certe cose, come la cultura pop, finiscono sempre per influenzar­e e per essere influenzat­e. Le tendenze sono come vasi comunicant­i: di un argomento, spesso, si finisce per parlare altrove; e quella che prima era solo un’immagine, una finzione, prende forma e consistenz­a e diventa, come in questo caso, moda.

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