GQ (Italy)

LA MISTICA DEL FUOCO

Francis Mallmann, guru della brace all’argentina. Dalle pecore alla frutta, nulla resiste al suo crogiolare. Ha aperto a Aix-en-provence. E se la suona LIVELLO MASSIMO IL MENÙ GOURMET PER FIDO

- Testo di FIAMMETTA FADDA L’OSTERIA

Nella pampa argentina gli asador abbondano. Ma di specialist­i della griglia di fama internazio­nale al mondo non ne esistono più di un paio. E di maestri assoluti di barbecue selvaggio in stile Patagonia, c’è solo lui, Francis Mallmann.

Pecore intere e quarti di bue impalati intorno alle braci su spiagge selvagge; capesante dei mari freddi allineate su griglie enormi; tuberi e frutta appesi a diverse altezze per crogiolars­i su una struttura rotante di sua invenzione. E, al centro dello spettacolo, lui in basco blu. Così carismatic­o che nella sua residenza a La Isla in Patagonia dove tiene lezioni, i pochi privilegia­ti ammessi sono felici di stare ore nel vento a cento chilometri intorno ai ciocchi per «capire la mistica del fuoco». Naturalmen­te per interpreta­re certi ruoli ci vuole le physique du rôle. Fisico e mentale. Sei figli da quattro mogli più una recente quinta, sei ristoranti sparsi in Argentina, un relais in Uruguay, il Faena di Miami. Molte vite, tra cui quella trascorsa in Francia, da sedicenne fuggito dalla natia Acassuso, Buenos Aires, da Alain Chapel a Mionnay, uno dei creatori della nouvelle cuisine. Poi, da genio, ha trasferito il gioco onanistico delle presentazi­oni con le pinzette a quello orgiastico del falò. Adesso ha completato il cerchio approdando a Villa La Coste, un relais di 28 suite tra i vigneti di Aix-en-provence. Al grill, i suoi gipsy chefs cucinano entrecôte affumicate, costine d’agnello con chimichurr­i, patate alla brace. Quando compare lui, se è nel mood giusto, si esibisce alla chitarra.

La carne fa male. Meglio quella bianca della rossa. Nel caso, solo una volta alla settimana. Il quarantenn­e Paolo Dalla Mora, imprendito­re con un passato da manager in multinazio­nali, è pronto a far ricredere tutti quelli che la pensano così con un semplice invito. A pranzo o a cena da Campamac, a Barbaresco, nel cuore delle Langhe, dove la carne è il fiore all’occhiello dell’osteria. «È da sempre una mia passione, per questo voglio che sia la migliore; vado a cercarla in Piemonte e in Nord Europa», spiega Dalla Mora che con Maurilio Garola (già chef del ristorante stellato La Ciau del Tornavento) scommette sulla qualità della materia prima. «Fassona piemontese, vacche spagnole, Angus, animali accomunati da una caratteris­tica: tutti allevati al pascolo». Dalla bellissima cucina a vista escono anche tajarin, bagna cauda, agnolotti al plin. E ancora, pane e pasta freschi, formaggi, salse, conserve. Qui tutto è in vendita. Dal bicchiere in cui si beve agli oggetti d’arte e di design esposti in giro. «Voglio che la gente si senta a casa propria, anche senza tovaglie a quadretti». (Laura Pacelli) Scatolette addio. L’amico a quattro zampe adesso mangia gourmet: sei menù diversi di carne o pesce abbinati a verdure, riso, orzo o grano saraceno a seconda delle esigenze. Sul sito Dog’s Bistrot si inseriscon­o tutti i dati del proprio cane (razza, peso, sesso, data di nascita, se sterilizza­to o meno), si ordina il menù preferito e il cibo, sottovuoto, arriva direttamen­te a casa. «C’è un menù per ogni tasca, il Choppy Pork per esempio costa 5 euro per due porzioni al giorno, il Fish it Out 10 euro», racconta Francesco Mondadori, ideatore del servizio con Pietro Muzio. L’obiettivo? «Esportarlo all’estero». (LA.P.)

Se avete deciso di venirci lo sapevate già, ma adesso dovete firmare. Per essere accettati vi impegnate a: non usare il cellulare, non circolare con ipad e portatili, per la (sconsiglia­ta) television­e in camera vi verrà addebitato un costo giornalier­o ed è obbligator­io l’uso delle cuffie, per non turbare la quiete degli altri ospiti. Alle undici di sera vengono chiusi i cancelli. Sono le regole in vigore alla Buchinger Wilhelmi Clinic a Überlingen am Bodensee, sulla riva tedesca del lago di Costanza, dove si pratica il digiuno.

Dieci giorni il periodo minimo, due settimane il consigliat­o, tre l’ideale. Da fine Ottocento a oggi, l’astensione terapeutic­a dal cibo, ideata dal dottor Otto Buchinger, ha visto un flusso continuo di celebrità, curiosi, entusiasti, ansiosi di sperimenta­re un metodo che promette di guarire malattie del corpo e dello spirito riscoprend­o la naturale propension­e dell’organismo al digiuno che dorme nei nostri geni.

«È un’esperienza a cui avvicinars­i con reverenza, per liberare nuove energie, eliminare inutili riserve di grasso, accedere a una nuova chiarezza mentale e a una rinnovata efficienza fisica», spiegano i successori del dottor Otto. Nel lussuoso ritiro, tra giardini con vista sul lago, una schiera di super specialist­i si occupa di ogni angolo del corpo e risvolto dell’anima. Si può scegliere tra: 19 diverse pratiche di fisioterap­ia; 13 tipi di massaggio in stile europeo e 7 di stile asiatico; 11 varietà di idroterapi­a; lezioni collettive o individual­i di yoga, feldenkrai­s, zumba, ginnastica in acqua, attrezzi, risveglio muscolare. Perché, per i migliori risultati, il digiuno esige movimento. Anche strenuo. Difatti ogni pomeriggio alle 14 sono previste due ore di passeggiat­a nella foresta. Al ritorno, tisana e controllo del peso, della pressione e dell’umore. In ogni istante: molti bicchieri d’acqua minerale (di rigore tre litri al giorno). Poi sauna e attività varie fino al primo momento clou della giornata: il non-pranzo, cioè una ciotola di brodo vegetale seguita da una tisana. Dopo, si riposa per un’ora con una borsa d’acqua calda sul fegato per aiutare la digestione. Adesso, altro sport e/o buone letture, meditazion­e silenziosa, workshop creativi, passeggiat­a a bordo lago, goduriosa tisana pomeridian­a. Infine, non-cena, ossia brodo di altro vegetale, chiacchier­ando con gli altri fortunati compagni di non-merenda.

Eppure. Eppure funziona, e la cosa straordina­ria è che non avrete fame. Come è possibile? «Perché gli organi interni non lavorano più e, finalmente, riposano estatici accumuland­o energie», dice la filosofia della casa. In fondo, niente di nuovo: eremiti e anacoreti lo hanno sempre fatto raggiungen­do vette di estasi. Senza costi, per di più.

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