La resurrezione di Paestum
C’è un bar gelateria che fa angolo, a pochi passi dall’ingresso al museo del Parco archeologico di Paestum. Dall’inverno scorso, dopo 30 anni, per un mese rimane chiuso per ferie. Infatti, nella stagione magra di visitatori, gli unici clienti del locale erano sempre stati gli 86 dipendenti del museo, un caffè via l’altro per far passare il tempo e la fiacca. «Ora i dipendenti hanno troppo da fare e il titolare, che è diventato mio amico, può permettersi le vacanze grazie al grande flusso di visitatori durante le altre stagioni», dice il direttore Gabriel Zuchtriegel, 36 anni, tedesco, il più giovane tra gli stranieri ammessi dal 2015 a giocare nel campionato dei beni culturali italiani. Gabriel è il bomber, non solo per l’età: i biglietti staccati, con la sua gestione, sono passati in un anno da 300 mila a 440 mila.
Stiamo parlando di un sito che stava tornando al degrado in cui lo trovavano i viaggiatori del Grand Tour, in balia degli sterpi e delle capre. Per loro, per Goethe, faceva parte dell’esotismo mediterraneo che alimentava versi e struggenti nostalgie, ma per i templi dorici e per l’immagine del Sud era un disastro. Paestum negli ultimi anni era scivolata in serie B, praticamente scomparsa dalla mappa del turismo culturale di prestigio. Poi è arrivato questo gentile archeologo che sembra appena rientrato da un Erasmus, ma ha già alle spalle esperienze accademiche e studi sul campo nella Magna Grecia che gli hanno aperto le porte dell’olimpo delle pubblicazioni sull’antichità classica, la Cambridge University Press. «C’è un prima e un dopo il suo arrivo», dice un dirigente del museo: «Se Schliemann ha scoperto Troia, Gabriel ha riscoperto Paestum».
Si parla ormai di un “metodo Zuchtriegel”. Che consiste nel cogliere «le immense opportunità offerte dalle norme italiane». Sembra una provocazione, uno sfottò tedesco. Invece è una delle chiavi di volta che trasformano la visita al museo e ai templi di Paestum in un’esperienza mozzafiato.
I custodi, per esempio: siamo abituati a vederli seduti agli angoli della sala, lo sguardo perso nel vuoto in attesa che scatti l’ora di togliersi la divisa. Ebbene, qui avvicinano i visitatori, con discrezione si propongono di spiegare e, se vedono interesse, finisce che li accompagnano fin negli scantinati «per svelare il back stage di un museo». Diventano le migliori guide, «come prevede la normativa», dice Gabriel, «che è molto aperta, ma in Italia non viene applicata. Le mansioni del custode sono quelle di assistere la fruizione, accogliere e vigilare. Addirittura di partecipare con me alla progettazione di nuovi percorsi».
Gabriel, arrivato in punta di piedi, si è rivelato un panzer: «Per me i criteri di selezione sono la motivazione e la disponibilità di ciascuno a sviluppare il lato creativo, a qualsiasi livello. I peggiori danni li fa la mortificazione delle risorse umane. Come puoi pensare che uno si senta responsabilizzato se è costretto ad annoiarsi?». All’inizio, abituati alla filiera a piramide, si rivolgevano a lui anche per cambiare una lampadina. «Scusate, ma non mi hanno chiamato dalla Germania per questo», rispondeva.
In pochi mesi Paestum è diventato il primo parco archeologico del Mediterraneo ad abbattere le barriere architettoniche, tanto che la piana dei templi è vivibile come 2.500 anni fa. Nella cosiddetta Basilica entrano anche i disabili. Soprattutto, Paestum è ridiventata l’orgoglio di un territorio sempre più marginale: «Prima di attirare bavaresi o giapponesi ho voluto che la gente di qui sentisse questo luogo una cosa propria». Una carta degli Amici di Paestum offre ai residenti il privilegio di entrare nel parco «fosse anche solo per una passeggiata, per godersi il tramonto dagli scalini del tempio di Nettuno».
È un sito Unesco internazionale, certo, «ma non funziona se non partiamo dalla realtà locale, dalle mozzarelle, per dire». Gabriel si commuove nel citare gli sponsor locali, caseifici, pastifici e mobilifici. «Quei 160 mila euro di donazioni per i restauri raccolte nel Salernitano e nella Piana del Sele, che nel Nord Italia farebbero ridere, per me valgono più degli accordi che siglo con i cinesi o con le grandi fondazioni americane».
In pochi mesi Paestum è diventato il primo parco archeologico del Mediterraneo ad abbattere le barriere architettoniche. Nella “Basilica” entrano anche i disabili
ANDY PUDDICOMBE