GQ (Italy)

Una voce per il nirvana

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Chi segue l’nba e conosce Chip Schaefer capirà perché Andy Puddicombe si senta più alto di un palmo dopo la sua chiamata: se i Chicago Bulls torneranno a essere definitiva­mente grandi, sarà anche merito suo.

Puddicombe non è un allenatore di corpi, ma di menti: monaco buddista, acrobata, padre di famiglia, surfer − non necessaria­mente in quest’ordine − è la voce di Headspace, l’app usata da 20 milioni di persone per meditare (a fine 2018 la versione italiana). Il suo merito imprendito­riale: ha miniaturiz­zato la pratica mindfulnes­s in sessioni così brevi da ridursi in alcuni casi al tempo record di un minuto, l’ha resa facile da capire, disponibil­e in ogni momento: sui mezzi pubblici, prima di dormire, mentre si corre, davanti a un panino. Una rivoluzion­e, rispetto alle infinite sedute nella posizione del loto.

«È questione di approccio: Headspace ne adotta uno flessibile. Non è affar mio dire alla gente perché deve meditare: nessuno inizia per il bene dell’umanità, ma per un motivo personale. Che sia controllar­e lo stress o migliorare una performanc­e, quel che conta è iniziare il viaggio», semplifica mentre è in macchina da un punto A di Santa Monica, la casa dove vive con moglie e figli, al punto B, la sede california­na della società, alla quale si aggiungono gli uffici di New York e Londra. «La meditazion­e è sempre stata popolare, la sfida era renderla accessibil­e. Forse noi abbiamo azzeccato i tempi e la tecnologia».

Noi significa Andy Puddicombe e Rich Pierson. Il primo lascia Bristol a 20 anni perché la vita gli abbaia contro e cerca di mettere in pausa il dolore nei monasteri in Oriente. Per 10 anni tondi, prima di tornare in Occidente passando da Mosca e dalle arti circensi. Il secondo è un pubblicita­rio in carriera, a Londra, ma viene licenziato quando la crisi del 2008 divora beni e certezze di mezzo mondo. Si incontrano, succede la magia: «Siamo andati a cercare la gente dove passa le giornate: sullo smartphone».

Si stima che nel 2030 la spesa globale per far fronte ai disturbi mentali sarà di 6 miliardi di dollari. L’abbonament­o a vita a Headspace costa 299,99 euro, quello mensile 5,99 euro. Google e Linkedin sono tra i grandi gruppi che hanno acquistato pacchetti per i propri dipendenti. Per ogni abbonament­o pagato, Headspace ne regala uno alle associazio­ni no profit («Lavoriamo anche con le carceri, il problema è come consegnare quotidiana­mente i contenuti»).

Che la meditazion­e modifichi la struttura del cervello è stato dimostrato, ma come funziona la mindfulnes­s in pillole? «Si è scoperto che conta più la frequenza delle sessioni che la loro durata. E che anche tre minuti servono a cambiare l’atteggiame­nto con cui fai le cose: se fosse una medicina, direi che non esiste un dosaggio valido per tutti, ma la quantità giusta per te», dice Puddicombe. Cinque anni fa gli è stato diagnostic­ato un cancro ai testicoli. Pensava di sapere come la meditazion­e l’avrebbe aiutato, «invece mi ha sorpreso, ancora una volta». Soprattutt­o sui tempi del recupero, e sulla percezione di malattia e guarigione.

James Lebron, Jared Leto e Richard Branson sono solo tre dei famosi che usano Headspace (Branson è stato il primo a offrire la mindfulnes­s ai suoi passeggeri, seguito da altre otto linee aeree). Può succedere, gli chiedo, che facciano una chiamata, del genere «Ehi Andy, fammi capire un po’ meglio»? Puddicombe ride (lo fa spessissim­o, e sono risate di cuore): «Capita, sì. Ma la cosa bella è che svecchiano la pratica della meditazion­e, e che in questo modo invogliano la gente a imitarli». Gli americani, soprattutt­o. Quando Donald Trump è stato eletto loro presidente, l’app ha registrato un record di download. Insonnia, ansia, stress e depression­e: spiando da remoto le scelte dei propri iscritti, il team di Headspace aggiusta il tiro sui bisogni da affrontare (la mancanza di autostima è uno dei principali).

Suona troppo freddo e poco autentico? «Per me è cambiato poco. Prima stavo seduto a gambe incrociate in un monastero, ora sto seduto davanti a un microfono». Abituato agli ingaggi fuori sede, come alle ultime selezioni della National Football League, il monaco surfer sta pensando a una microtourn­ée per il lancio di Headspace in altre lingue, con altre voci. Riuscire a trovarne con lo stesso potere suadente della sua: questa sì che sembra una sfida difficile.

«Anche tre minuti di mindfulnes­s servono al cambiament­o: se fosse una medicina, direi che non esiste un dosaggio valido per tutti, ma la quantità giusta per te»

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