GQ (Italy)

Tutto l’universo racchiuso in un’idea Ed Sanders Nicole Krauss

Il diavolo alla porta L’identità perduta

- A cura di MICHELE NERI Questionar­io

L’estate di sangue della California, nel 1969, in cui Charles Manson e i suoi seguaci uccisero Sharon Tate e altre sei persone, è ricostruit­a con un meticoloso e avvincente lavoro d’indagine da un protagonis­ta della Beat Generation. Il libro è il punto di partenza per il prossimo film di Tarantino, con Leonardo Dicaprio e Brad Pitt. Cosa succede se siamo colti dal dubbio improvviso che la realtà sia soltanto il risultato di un nostro atto creativo, di una scelta tra frammenti diversi e componibil­i, in tanti universi plausibili? Per provare a rispondere a questo enigma esistenzia­le, un romanzo d’irresistib­ile intelligen­za indaga sui misteri di un doppio destino.

Il tentativo dei fisici teorici di arrivare a un’unica teoria che descriva la natura in qualsiasi luogo e tempo è come un corteggiam­ento prima ricambiato e poi sempre respinto. Quando si crede d’intraveder­e il nocciolo della questione, c’è un livello più profondo che si affaccia in tutta la sua necessità. Destreggia­ndosi tra quanti e multiversi, in Teorie del tutto (Bollati Boringhier­i, pagg. 131, 19 €) il fisico inglese Frank Close ci conduce alla domanda finale: cosa c’è di più profondo dello spazio e del tempo? _ (Michele Neri)

I L QUEST I O N A R I O D I PROUST* La vita è sempre stata così dura con te?

« Prima del disastro, la mia era una bella vita». Di cosa era fatta?

«Il mio quartiere, il mio mondo di cincillà scorticati, di judoka ultracatto­lici, di ragazze che cadevano da sei metri d’altezza, di un cane lupo che faceva combattime­nti di cani e ascoltare “She loves you, ye, ye, ye”». E poi?

«La morte irruppe nella mia vita e la devastò». Quando?

«Una sera. Faceva caldo. Mi alzai sudando. Tutta la famiglia era in casa. Mia nonna, seduta sul divanetto, stava guardando un quiz alla television­e. Mia madre, in cucina, preparava la cena. Mio padre, seduto in sala da pranzo. Accoccolat­o, mio fratello Carlos, di sei anni più grande di me, accarezzav­a King, il nostro cane... È stata l’ultima volta che li ho visti insieme. Nel corso dei successivi quattro anni sarebbero morti tutti». In che modo?

«Un fratello annegato in un serbatoio, i genitori che volano verso un precipizio, una nonna che se ne andava in silenzio, degli assassini liberi». Parlami di tuo fratello.

«Muore annegato dopo esser sopravviss­uto ventun ore sott’acqua. La sua morte veniva riassunta in un’unica parola: incidente. Non fece i conti con il marciume e l’impunità cronica del sistema giudiziari­o messicano, con il complotto fra gli assassini e coloro che dovevano punirli». Come hai reagito?

«Dissi a mio padre che io non potevo assolvere i miei nemici, non restava altra scelta che la vendetta». E i tuoi genitori?

« Morirono tre anni dopo di lui. Per quanto ci provarono, mia madre e mio padre non riuscirono a superare la morte di Carlos». Come pensavi di uccidere l’assassino di tuo fratello?

«Dovevo sgattaiola­re fino a casa sua senza che nessuno se ne accorgesse. Entrare dalla terrazza, trafiggerl­o a coltellate e fuggire per i tetti senza lasciare tracce». E a quel punto arrivò Chelo.

«Non avevo motivo di innamorarm­i, però mi innamorai. Consuelo, la mia consolazio­ne, la mia Consuelo, il mio suolo, il mio cielo, il mio paese, la mia patria. Quanta patria può essere una donna per un uomo. Quanta patria era Chelo per me». Oltre a lei, ti sei portato a casa un lupo vero.

«Colmillo». Che cosa cercavi di capire da un lupo?

«Quale animale si vendica? Quale perdona? Con quale animale devo identifica­rmi?». E cosa hai scoperto?

«Sarò il Selvaggio. Se devo vendicarmi, mi vendicherò. Se devo perdonare, perdonerò. Se devo amare, amerò... Mi è chiaro che sarà la vita – non la morte – a guidare le mie decisioni». Un altro modo per dirlo?

«Potrai tirare fuori la tigre dalla foresta, ma non potrai tirare fuori la foresta dalla tigre».

Pochi sanno evocare meglio del messicano Guillermo Arriaga la luce che rischiara la frontiera tra vita e morte, umano e animale, sangue e amore. Dopo aver sceneggiat­o la trilogia del regista Alejandro González Iñárritu − Amores Perros, 21 grammi e Babel − ha scritto una storia di grande bellezza. È il 1969, e mentre a Città del Messico compaiono i primi moti giovanili, la famiglia dell’adolescent­e Juan Guillermo è vittima di una serie di tragedie. Il ragazzo sopravvive, sopraffatt­o tra il desiderio di vendetta, la vergogna del sopravviss­uto, i fantasmi del passato e la fierezza degli animali di cui si circonda. Per salvarsi dovrà diventare Il selvaggio, titolo di un romanzo che, per restare nel clima dei tre film, può cambiare il ritmo del cuore.

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