Il business della provvidenza
Dalle ostie ai santini, il MERCATO D E L S A CRO fattura 30 milioni all’anno. Nonostante l’avanzata cinese e un Papa che invita al risparmio
Più o meno ogni mese, Don Peppino Lobascio della Chiesa Matrice di Corato (Bari) apre le porte della parrocchia e accoglie il suo rappresentante di ostie di fiducia, che gira la Puglia con la macchina piena del corpo di Cristo. Una chiesa di paese ben frequentata, mi spiega, arriva a consumare 80mila ostie al mese. «Una busta da 1.000 può costare cinque o sette euro. Ma per risparmiare quei due euro rischi di mettere in bocca il polistirolo ai parrocchiani», dice Don Peppino, che «per offrire un servizio completo» ordina anche le ostie per celiaci. Ha idee ben definite anche sul vino per la messa: «Preferisco il marsalato o il moscato, noi celebriamo anche alle sette di mattina, non possiamo bere un Nero di Troia». E mi mostra l’etichetta del suo preferito, il Communio prodotto da Dynamis, un vino bianco liquoroso siciliano approvato dall’ufficio Liturgico Diocesano di Mazara del Vallo. Il budget della sua parrocchia per oggetti sacri, ostie, vino, santini, calici, presepi e immagini sacre è di mille euro l’anno e in Italia le parrocchie come la sua sono 25.674.
La fede c’è oppure no, il mercato degli oggetti sacri ha invece contorni molto sfumati. La Camera di commercio di Milano calcola che, in Italia, i 716 negozi di arte sacra fatturino 30 milioni di euro all’anno. La maggior parte di loro si trova in Campania (128 imprese) e nel Lazio (102). A livello globale, secondo una ricerca commissionata da una delle fiere più grandi d’europa − il Sacroexpo di Kielce in Polonia − questo mercato arriva a muovere qualcosa come quattro miliardi di dollari all’anno.
«La verità è che non viene fatta una ricerca seria con dati aggregati e rappresentativi dagli Anni 90», dice Valentina Zattini, organizzatrice a Bologna di Devotio, una delle due grandi manifestazioni italiane di settore (l’altra è Koinè e si tiene a Vicenza). Poi, con tutte le cautele del caso, aggiunge che è facile misurare quanto comprano i fedeli nei negozi, «ma tanti rifornimenti delle chiese per l’ordinaria amministrazione liturgica passano in contanti direttamente dal cesto delle offerte ai monasteri che producono ostie o paramenti».
Dall’osservatorio di una fiera si vedono bene i trend e le mode, che, come in ogni altro mercato legato all’immagine, cambiano di stagione in stagione. «Giovanni Paolo II è un evergreen, mentre, da quando è diventato santo, Padre Pio ha subito uno stop, anche a causa dello scandalo per la nuova basilica, ed è tornato a una dimensione locale. Invece Santa Teresa va benissimo». Per quanto riguarda la liturgia, un oggetto di tendenza è la valigetta con tutto l’occorrente per la messa: una ventiquattr’ore professionale e dall’aria patinata che contiene un calice, un crocifisso di design, il vasetto degli oli, l’acqua santa, il vino, una teca con un centinaio di ostie, due ampolline di vetro, due candelieri. Prodotta da un paio di aziende italiane (Calandrini o Salvardi di Bologna) o dagli spagnoli di Molina, può costare anche 900 euro.
Sul mondo degli oggetti sacri, due grandi eventi si sono abbattuti nell’ultimo decennio: il primo è la Cina, il secondo è Papa Francesco. Le aziende hanno iniziato a delocalizzare la produzione negli Anni 90, statuette e rosari venivano disegnati qui e prodotti in Oriente. Poi le imprese cinesi hanno imparato il know how (gerarchie dei santi, rudimenti di liturgia) e, usando il volano del Giubileo del 2000, hanno iniziato a mettersi in proprio. L’epicentro dell’arte sacra è a Yiwu (famosa anche per il business delle decorazioni natalizie) e nella provincia orientale dello Zhejiang: qui partono i container (via mare, ma ora c’è anche la grande ferrovia
Yiwu - Londra) che all’arrivo scaricano non solo vestiti e borse, ma anche crocifissi e madonne. I cinesi sono avvantaggiati dall’economia di scala («fanno un milione di pezzi alla volta, numeri impossibili da reggere per le imprese italiane, e li esportano ovunque», spiega ancora Valentina Zattini) e dal fatto che il copyright sull’icona religiosa è facilmente aggirabile. Tutti possono stampare un’immagine di Padre Pio o di Sant’antonio: «È sufficiente non copiare nessun disegno esistente, un risultato che si raggiunge con modifiche minime». Altri epicentri di questo tipo di produzione sono Thailandia, Pakistan e India. Nessun Paese con una tradizione cattolica, fanno notare con diverse gradazioni di amarezza tutti gli interpellati.
«I produttori stranieri, però, incidono in Italia solo per il 7%, 8% del mercato. A causa della pochezza dei materiali low cost e delle forme, le loro madonnine di plastica possono andare al massimo per un santuario mariano», spiega Angelo Maria Alessio, organizzatore di Koinè, che delle due fiere italiane è la più storica (l’edizione 2019 sarà quella del trentennale). La Cina, inoltre, è un problema che i produttori hanno in comune con tutto il settore manifatturiero italiano, mentre un Papa pauperista che si ispira a San Francesco è una dinamica specifica, che ha colpito l’altra metà di questo mercato: la produzione che dalle aziende va diretta- mente alla liturgia. «La missione della chiesa di Papa Francesco è rivolta ai poveri e ai migranti», riprende Valentina Zattini. «La direttiva è ridurre consumi e spese superficiali, il mercato ha patito la situazione, anche i parroci che si trovano in situazioni economiche favorevoli preferiscono evitare spese eccessive per paura delle contestazioni dei parrocchiani». Insomma, una Chiesa che torna a guardare alla povertà come a un valore porta anche a un mercato più povero.
Un oggetto che racconta bene il conflitto tra risparmio e solennità all’interno della Chiesa cattolica è la casula, la veste indossata dal sacerdote durante la liturgia. I preti in questo scenario sono i buyer aziendali, cioè decidono in autonomia cosa comprare in base
«I produttori stranieri incidono solo per il 7%, 8%. A causa della pochezza dei materiali low cost e delle forme, le loro madonnine di plastica possono andare al massimo per un santuario mariano»