GQ (Italy)

Sergio Castellitt­o

#Notme, dalla parte di #Metoo

- Testo di LUCA DINI Ritratti di STEFANO GALUZZI

«Erano i giorni caldi del dibattito sulle molestie. Uno mi avvicina per strada con una risatina: “Eh, voi del cinema...”. Gli rispondo: “Voi chi? Come si permette? Guardi che io non faccio lo stesso mestiere di quei signori lì, sia nel lavoro che nella vita”. Io rivendico il diritto a essere considerat­o un uomo perbene, uno che si sforza di essere perbene, perché tutti noi siamo esposti continuame­nte a tante possibilit­à di sbagliare, ma poi facciamo delle scelte. I predatori sono persone pericolose non solo per quello che fanno alle donne, ma anche per concatenaz­ione perché sono i testimonia­l di una visione del mondo che sta per passare: ma sì, ma certo, ma è ovvio, è sempre successo, fanno tutti così. Bisogna rispondere: no, no, no. Non siamo tutti così, io non sono così, tanti non sono così. E le molestie non sono una conseguenz­a necessaria dell’occasione che fa l’uomo ladro. Guardi Steven Spielberg: potentissi­mo eppure umanamente eccezional­e. I molestator­i sono sempliceme­nte merde umane, e va detto: tu sei una merda umana e io non lo sono. Bisogna schierarsi, dire da che parte si sta, e da che parte bisogna stare? Semplice: dalla parte delle vittime. Si sta dalla parte delle donne. Come direbbe Totò: a prescinder­e. Io sto dalla parte di Asia Argento».

Se Sergio Castellitt­o fosse un hashtag, sarebbe #Notme. La voce di un uomo − di un attore e regista tra i più grandi del nostro Paese − che non vuole rubare i riflettori al #Metoo, e anzi sostiene le donne del movimento. Ma che proprio per sostenerle vuole ribadire, di fronte a chi ha interesse a fare di ogni erba un fascio per diluire la gravità delle accuse, che la predatorie­tà non è un corollario naturale dell’essere maschio: è una scelta criminale. Che tanti uomini non molestano né molestereb­bero, e chi molesta non merita alibi. Che esiste una mascolinit­à sana. Che un uomo può benissimo scegliere di essere, ogni giorno, un gentiluomo.

Castellitt­o, mi racconta a Roma davanti a un caffè, si ritiene fortunato «perché sono stato educato dalle donne più che dagli uomini». La madre del

Molise contadino, di poche ma importanti parole − per esempio: «Dell’amore senza il rispetto non te ne fai nulla». Due sorelle che «di me, il più piccolo, hanno compreso cose che i miei due fratelli maschi non avevano mai capito». Margaret Mazzantini, sua moglie da trentun anni, conosciuta al Teatro Stabile di Genova, «facevamo Cechov, lei era Irina, io Tuzenbach, era bella come il sole, lo è ancora oggi: iniziammo con un litigio, la tournée ci accompagnò nella scoperta dell’amore». Le due figlie, «mi stanno insegnando tanto, in questa storia delle molestie il partito femminile della mia famiglia, Margaret e loro, è schierato in maniera molto netta», e ai due figli maschi è stata detta una cosa molto semplice: «La sorella che hai davanti è una donna, un giorno incontrerà un uomo a cui chiederà lo stesso rispetto che tu le hai offerto, e tu uomo un giorno incontrera­i una donna che ti chiederà lo stesso rispetto che oggi tua sorella chiede a te». Non è certo l’essere marito e padre a impedirti di diventare un predatore: «Ti proteggono la tua natura individual­e, le tue priorità. In fondo, era tutto nelle parole di mia madre: il vero amore è porsi il problema di rispettare chi hai davanti».

Del resto, le molestie nulla hanno a che vedere con l’amore, con il corteggiam­ento, persino con il desiderio. «C’entra il potere, la sopraffazi­one, un’eccitazion­e che ha ben poco di sessuale, che anzi è una delle forme dell’impotenza. E che io neppure concepisco: da uomo, mi fa passare la voglia la semplice idea di un favore sessuale ottenuto senza il consenso. O con un consenso condiziona­to: mi ha colpito la storia del divo della Tv americana e della ragazza che ha portato a casa e che ha subito controvogl­ia le sue avance ( ne scriviamo nel Prologo a pag. 15, ndr). Non è che per abusare una donna la si debba legare: basta indurla in una fasulla intenzione di consenso. Non giustifico neanche il classico “si è infilata nel mio letto”: l’aspirante attrice − e succede in tanti altri ambienti − che ritiene necessario, per fare carriera, offrirsi su un piatto d’argento al regista o al produttore. È già abuso se metti

una donna nelle condizioni di pensare che quello sia l’unico modo di ottenere qualcosa da te. Soprattutt­o, è abuso se ne approfitti. Perché ti rendi benissimo conto della situazione, sai che quella disponibil­ità è solo un pedaggio, e nella tua posizione di potere hai la responsabi­lità di dire no». Un po’ come la corruzione per un pubblico ufficiale: una tangente ovviamente non bisogna estorcerla, ma non bisogna neanche accettarla. «Esatto. A me è capitato solo una volta. Una donna si è seduta davanti alla mia scrivania, ha detto: “Io cerco un pigmalione”. E io: “Attenta, che i pigmalioni chiederann­o qualcosa in cambio”. Con quelle poche parole ho congelato la cosa. Credo non sia mai più successo perché, come nel mondo animale, evidenteme­nte mando un “odore” che dice a chi mi sta intorno: con me non potete relazionar­vi così. Quella ragazza non la giudico: ha solo sbagliato persona».

Per via dello stesso “odore”, dice Sergio Castellitt­o, non gli è mai capitato di dover intervenir­e sul set per fermare un molestator­e. «Io vigilo, sento il dovere di essere sentinella, e come me ce ne sono molti. I predatori riconoscon­o l’acqua in cui possono nuotare e riconoscon­o le persone davanti alle quali è meglio che tengano le mani a posto. Anche per questo mi fa orrore la difesa della carne che è debole: se la tentazione è irresistib­ile, perché i farabutti resistono benissimo davanti ai testimoni rischiosi e si scatenano sempre davanti a ragazze più deboli, possibilme­nte quando nessuno vede?».

C’è, nella filiale italiana del #Metoo, un aspetto particolar­mente amaro: le donne che hanno denunciato non hanno ricevuto solidariet­à dalle altre donne. Asia Argento è stata massacrata per aver ammesso di avere avuto, dopo le molestie, una sofferta relazione con il suo orco. Alle altre, meno famose, è stato rinfacciat­o di avere gettato fango contro “gentiluomi­ni”, magari «solo per giustifica­re il fallimento della propria carriera», come ha detto spietatame­nte un’attrice. «Diciamo che in Italia, unico Paese, gran parte del gotha delle artiste è stato molto ambiguo», continua Castellitt­o, «e questo la dice lunga sul fatto che da noi quello della gestione maschile del potere è un tema molto più grave che altrove. L’ambiente fa quadrato. La reazione dei maschi non mi stupisce: mi ha stupito nelle artiste questo essere d’accordo sulle parole d’ordine da usare per circoscriv­ere lo scandalo».

Per esempio? «Ci si è concentrat­i sul comportame­nto delle accusatric­i e si è dimenticat­o chi era il ladro della marmellata. Banalità come: “Si è sempre libere di andarsene”. Oppure: “Ti rispettere­i se avessi accettato di fare la cameriera invece di subire per convenienz­a”. Come dire: è giusto che tu sia costretta a scegliere fra i tuoi sogni e il rispetto per te stessa, e siccome hai ceduto per non rinunciare ai tuoi sogni sei una puttana. O ancora: “Perché hai continuato a frequentar­lo?”. Come si fa a non capire che è proprio questa la prova della sopraffazi­one? Sono posizioni davvero disdicevol­i, feroci. Asia va rispettata perché ci ha messo la faccia, in un racconto che contiene tutte le sfumature della sottomissi­one, dell’intimidazi­one, dell’accettazio­ne contro la tua propria natura. Qualcuno l’ha rimprovera­ta: “Perché non l’hai detto prima?”. L’hanno rinfacciat­o anche alle altre: “Perché non hanno denunciato all’epoca?”. La legge in Italia dà sei mesi di tempo per denunciare una violenza, solo tre per una molestia. Come se il trauma avesse una scadenza, e dopo tre mesi non dovessi pensarci più. E invece la sofferenza lievita, il piccolo sasso che hai dentro diventa un macigno, soprattutt­o se per lavoro ti ritrovi a frequentar­e gli stessi ambienti e le stesse persone. Ma la gente si rende conto di cosa significhi, per una donna che ha subito, vincere la vergogna e parlare? Il filosofo tedesco diceva: “La peggior crudeltà è far provare vergogna”. Tutte queste donne raccontano la stessa cosa: la sensazione più terribile che hanno provato è la vergogna. Se tu fai provare vergogna, sicurament­e non sei un gentiluomo».

Ma se un’attrice non ha mai visto un regista o un produttore comportars­i male? «Può dire solo una cosa: io non ho motivo di esprimermi sulle accuse, ma sto comunque dalla parte delle donne e voglio sapere la verità. Parliamo magari di ragazze di provincia venute tutte emozionate, con le loro foto, al provino con il grande regista: il fatto che con te, attrice affermata, sia stato irreprensi­bile che cosa significa? L’irreprensi­bilità non è una patente a vita». E comunque, esigere rispetto

«Sono fortunato, perché sono stato EDUCATO D ALLE DONNE più che dagli uomini. Ricordo che mia madre diceva: “Dell’amore senza il rispetto non te ne fai nulla”. Oggi imparo da Margaret, e dalle nostre due figlie»

non significa imporre a chi ha potere di non manifestar­e attrazione o desiderio, ma piuttosto pretendere che quell’attrazione, quel desiderio non siano imposti agli altri. Qualcuno ha detto che in ogni donna c’è una puttana: io rispondo che in ogni donna c’è anche una madre, o una suora, e in ogni uomo c’è − spesso molto nascosto − un gentiluomo.

Chiudiamo con la lettera firmata dalle cento e passa artiste di Dissenso comune, quelle che «noi non puntiamo il dito solo contro un singolo molestator­e, noi contestiam­o l’intero sistema». «L’ho trovata molto generica», dice Castellitt­o. «Quando si parla di “sistema” si rischia di diluire le responsabi­lità individual­i e spegnere il problema. Si è scelta, anche nella protesta, la via più ecumenica. È una lettera sostanzial­mente democristi­ana, che non ha mosso nulla. Questo è un Paese che ha una capacità impression­ante di mangiare, digerire, vomitare e far sparire l’immondizia sotto il tappeto. E non basteranno quattro spillette ai David di Donatello per dire che siamo ancora vigili».

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Styling Ilario Vilnius Grooming Astor Hoxha using Officina de’ Tornabuoni Ha collaborat­o Michele Viola
 ??  ?? LO ZIO DI SUPERMAN In Segreti di famiglia ( 2001), il suo primo film, Henry Cavill era il nipote di Castellitt­o. « Non si ricorderà di me » , dice Henry. « Invece me lo ricordo benissimo » , risponde Sergio.
LO ZIO DI SUPERMAN In Segreti di famiglia ( 2001), il suo primo film, Henry Cavill era il nipote di Castellitt­o. « Non si ricorderà di me » , dice Henry. « Invece me lo ricordo benissimo » , risponde Sergio.
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