L’oro blu dei Balcani Dottor orologio
I numeri dicono molto: 1.003 dighe esistenti, 118 in costruzione, 2.798 in fase di progettazione. Per produrre meno di 10 megawatt di energia. I Balcani, che con 35mila chilometri di fiumi sono il cuore blu dell’europa, sono nel mirino di sviluppatori e banche straniere. In ballo ci sono investimenti per 700 milioni di euro, che finanzieranno le prossime dighe (il dato è di Bankwatch), un terzo delle quali dovrebbe sorgere all’interno di aree protette. Blueheart è la campagna di Patagonia a sostegno delle comunità e delle ong di Bosnia ed Erzegovina, Albania e Macedonia: su blue heart.patagonia.com la petizione da firmare.
In materiali naturali, progettati per essere a basso impatto ambientale, realizzati a mano, con un packaging riciclabile al 100%: gli orologi Greentime by Zero montano quadranti realizzati con pietre dure semipreziose.
Occhio di tigre, malachite, lapislazzuli: a ciascuno la sua, scegliendo magari in base alle proprietà che le credenze tradizionali riconoscono alla pietra: l’occhio di tigre dà chiarezza mentale e fa emergere i desideri profondi, la malachite rende stabili gli indecisi e rafforza i sentimenti, il lapislazzulo regala saggezza e stimola la creatività. Nella foto, due modelli in legno di sandalo e quadrante in lapis: lo ZW084 (a sinistra, 238 €) e lo ZW083 (a destra, 148 €). Info e tutti altri modelli: zzero.com
Per le imprese, il design ecologico è un grosso rischio: da un lato, infatti, l’ecosostenibilità determina costi maggiori; dall’altro, non è ancora chiaro quanto il consumatore sia disponibile ad accettare questa voce nel prezzo finale d’acquisto. Per questo, quando si parla con Davide Malberti, classe 1963, Ad di Rimadesio, è evidente che la scelta di allineare la produzione industriale alle good practices dello spirito green è prima di tutto una scelta etica. «Se qualche anno fa la sensibilità ecologica comportava uno sforzo e un investimento troppo alti rispetto ai volumi di vendita, oggi i clienti riconoscono nel nostro brand questi valori. Anche se è impossibile quantificare in maniera precisa i benefici delle nostre politiche ambientali», spiega Malberti. Che al padre Francesco − fondatore della nota azienda di arredamento in Brianza, nel 1956 − riconosce il merito di avergli concesso da subito una buona dose di libertà all’interno dell’azienda, fin da quando entrò a farne parte poco più che ventenne, ma allo stesso tempo di averlo seguito da vicino nelle sfide più ardue.
Nel 2017, Rimadesio ha superato per la prima volta i 50 milioni di euro di fatturato (con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente), scrivendo un nuovo record della sua storia. Leader mondiale nella produzione di sistemi scorrevoli, di componibili per la suddivisione degli ambienti tecnologicamente evoluti e di arredi raffinati, il brand si è affacciato da subito al mondo dell’arredamento con una specializzazione precisa («Una piccola leadership, necessaria nella vita di ogni azienda per lasciare il segno e diventare importanti per i propri clienti»): la lavorazione del vetro e dell’alluminio. Materie prime che, per quanto riguarda il processo produttivo, sono di natura riciclabili al 100% – gli scarti di lavorazione possono essere riutilizzati, eliminando ogni spreco – e quindi a basso impatto ambientale.
Uno dei passi decisivi verso l’ecologia compiuti dall’azienda risale al 2006, con l’introduzione in fabbrica di un impianto progettato ad hoc per la verniciatura ecologica del vetro (le vernici Ecolorsystem utilizzate da Rimadesio sono rigorosamente all’acqua e prive di elementi nocivi alla salute dei dipendenti). Il nuovo impianto
installato nel 2017 è completamente automatizzato e dotato di un software di ultima generazione allineato agli standard della “smart factory” prevista dal progetto industria 4.0. «Oggi chi progetta, chi lavora nel nostro settore, deve essere sensibile al tema dell’ecologia», spiega Davide Malberti. «Ma mentre è relativamente facile trasmettere ai propri dipendenti la cultura eco-friendly, si incontrano ostacoli nel farla rispettare dalla propria rete di fornitori esterni. Abbiamo fatto fatica a educarli, per esempio, al fatto che intendevamo utilizzare esclusivamente vernici ecologiche».
Un’altra svolta è avvenuta nel 2007: grazie alla scelta del fratello di Davide, Luigi Malberti, direttore finanziario di Rimadesio, questa è stata la prima azienda a tappezzare i tetti del quartier generale, dello showroom e del sito produttivo a Giussano con pannelli fotovoltaici. Che negli anni hanno triplicato la loro capacità energetica, fino a superare la potenza complessiva di 1MWP.
Dallo scorso ottobre, per sfruttare meglio la propria generazione di elettricità, Rimadesio si è inoltre dotata del primo sistema a livello industriale, in Europa, di batterie al litio (con capacità complessiva pari a 237 kw), in grado di accumulare l’energia solare per renderla disponibile quando serve. Non solo: nella fase del massimo accumulo, l’impianto può vendere alla rete elettrica nazionale la sovracapacità in eccesso. E se l’illuminazione del reparto produttivo è stata ormai interamente sostituita da luci a Led di ultima generazione, anche il processo di imballaggio dei sistemi Rimadesio mantiene
un occhio di riguardo per l’ambiente: polistirolo e plastica sono stati eliminati, a favore di una confezione monocomponente in cartone riciclabile, utilizzato anche per i bordi di protezione dei mobili.
La sfida continua. Tra i prossimi obiettivi c’è l’eliminazione della plastica anche da alcuni componenti dei prodotti. Il traguardo si sposta inevitabilmente ogni giorno più in là, perché, come sostiene Malberti, «dietro un articolo esclusivo c’è sempre un grande lavoro, insieme alla capacità dell’azienda di sapersi trasformare per adeguarsi alle nuove richieste del mercato». Un tema, quello della trasformazione, che si riflette anche nello stile di vita dell’imprenditore: da un anno guida una BMW i3 a propulsione elettrica, con interni in materiali riciclati.
Versatilità e innovazione sono qualità che, del resto, contraddistinguono da sempre lo stile degli arredi Rimadesio, realizzati su misura in base alle specifiche esigenze del cliente. Frutto della creatività e della ricerca tecnica dell’architetto e designer Giuseppe Bavuso, che da anni firma le collezioni del brand, sistemi come l’iconico Zenit, con cui realizzare composizioni-libreria per la zona giorno o cabine armadio per la zona notte (e che ha appena festeggiato il suo ventesimo compleanno), mantengono il ruolo di bestseller.
Prossima frontiera? «La boiserie». Si tratta di Modulor, lanciato all’ultimo Salone del Mobile di Milano. Un sistema di rivestimenti per pareti con un’anima di alluminio, personalizzabile attraverso mensole e contenitori. La struttura può essere rivestita in vetro, in legno e, per la prima volta nella storia di Rimadesio, in gres e in tessuto.
Da giugno Jaguar I-pace sarà, Tesla a parte, la prima auto totalmente elettrica al mondo. Con due motori a emissioni zero da 400 cv complessivi e un’autonomia di 480 km, più che una vettura è un manifesto del futuro. O almeno così la immagina Ian Callum, design director della casa automobilistica e padre del primo giaguaro elettrico. I-pace è un esperimento? No, è una rivoluzione. Un giorno verrà paragonata alla E-type, che negli Anni 60 stravolse il mondo dell’auto. Perché rivoluzionaria? Perché è razionale in ogni aspetto. Le promesse del design vengono mantenute dalle prestazioni: da zero a cento in 4,8 secondi. In quanto tempo si ricarica? Con un wall box domestico l’80% si raggiunge in dieci ore. Con la ricarica rapida da 100 kw bastano quaranta minuti. Le stazioni di ricarica scarseggiano… A breve il servizio sarà disponibile nelle nostre concessionarie. Ma ora i governi devono collaborare: la Cina sarà pionieristica, noi occidentali dovremo copiare. Come sarà il futuro dell’automobile? L’elettricità è solo un tassello. Un’altra sfida sarà la guida autonoma, che ridurrà le auto in circolazione: uno stesso veicolo porterà il marito in ufficio, tornerà a casa per condurre al lavoro la moglie, tornerà di nuovo per accompagnare a scuola i figli.
Non fate leggere questa storia agli universitari con la valigia che in Italia dormono in pensionati con le luci al neon. A Copenhagen, già terra benedetta dalle bionde (birre e no), hanno trovato una soluzione di design al problema. Si chiama Urban Rigger. Tecnicamente stiamo parlando di sezioni di vecchi container di navi mercantili incastrate con logica da tetris. Ma siccome qui hanno imparato che non si butta via niente, ecco che lo studio Big/ Bjarke Ingels Group (già incaricato di riprogettare lo Smithsonian Institution di Washington) le ha trasformate in una casa dello studente galleggiante, completamente autosufficiente dal punto di vista energetico.
La storia nasce dall’utopia di Kim Loudrup, che qualche anno fa ha lanciato una start up per inventare un’alternativa urbanistica capace di risolvere l’emergenza (si fa per dire) dei circa 30 mila nuovi studenti che da un anno all’altro hanno deciso di venire a incrociare i libri da queste parti. Lo studio dell’architetto Bjarke Ingels ha fatto il resto usando la sponda dell’amministrazione di Copenhagen, città che entro il 2025 vuole essere la prima capitale europea carbon neutral. Ha progettato una piattaforma galleggiante che sostiene l’incastro di sei container (azzurri come il mare) piazzati su due piani e disposti a triangolo.
Pensi al prefabbricato e sbagli. Monolocali, massimo bilocali tra i 25 e i 30 metri quadri. Letto, tavolo, cucina e bagno inondati dalla luce, per via delle vetrate che affacciano sull’acqua a 360 gradi. Con balconcini privati per fare colazione coi gabbiani o buttare la canna da pesca per tirar su un pesciolino per cena. Al centro una corte comune con orto, rastrelliera per le bici, griglia per il barbecue e un trampolino. In cima, un rooftop, con sdraio per prendere il sole e tavolini per entrare in dimensione party, cosa essenziale visto il target del “condominio”.
Il cuore pulsante della struttura è nascosto sott’acqua: nel basement, oltre alla lavanderia per fare il bucato a gettone, c’è la palestra con pesi e tapis roulant. E poi le cantine, in cui ogni residente può mettere sotto chiave quello che non entra tra le mura di casa. Che poi sono lamiere di container termicamente isolate da un aerogel sviluppato dalla Nasa. Sotto ci sono soprattutto le macchine per il funzionamento green della