GQ (Italy)

Bello essere buoni

Frontman di una rock band che inizia a farsi notare, DYLAN MINNETTE è diventato una star in tv con la serie Tredici. Da cui c’è sempre da imparare

- Testo di GIANMARIA TAMMARO

In ascesa libera: dopo il debutto col singolo Pleaser un anno fa, con cui hanno raggiunto il secondo posto nella classifica Spotify Global Viral 50, il mese scorso i Wallows hanno pubblicato il loro primo Ep. Si intitola Spring e il giovane trio rock di Los Angeles lo sta giusto portando in tour negli Usa, mentre il frontman ritorna − attesissim­o − in tv: si tratta infatti di Dylan Minnette, 21 anni, protagonis­ta della serie- evento Tredici, di cui Netflix manderà in onda la seconda stagione a partire dal 18 maggio.

Riassunto delle puntate precedenti: Dylan Minnette interpreta Clay, un giovane innamorato di una ragazza (Hannah) che si suicida all’improvviso e dalla quale riceverà tredici nastri audio dopo la sua morte. Ogni nastro racconta una storia. Tutti insieme raccontano la verità di Hannah. Clay vuole capirla fino in fondo e, pur di riuscirci, è pronto a tutto.

«Mi è bastato leggere il copione per decidermi», racconta Minnette, che ha iniziato a recitare fin da bambino in film come Supercucci­oli sulla neve. «Perché quella di Tredici è una storia complessa e molto, molto matura». Come mai ha avuto così tanto successo? Parla di problemi reali che nessuno affronta. Spesso nemmeno chi si trova nella situazione di Hannah haqualcuno con cui confidarsi, e non capita quasi mai di vedere raccontate queste storie. C’è stata un’immedesima­zione profonda del pubblico. Il fatto è che passi così tanto tempo guardando una serie, assieme a questi personaggi, che in qualche modo finiscono per diventare parte delle tue giornate. È questa la differenza principale tra serie e cinema. La television­e deve avere anche uno scopo educativo? L’equilibrio fra l’intratteni­mento e il messaggio di fondo è fondamenta­le. Con Tredici, credo che abbiamo centrato l’obiettivo, e io ne sono orgoglioso. Interpreta­re Clay è stata anche una sfida? Non avevo mai dovuto interpreta­re un ruolo concentrat­o in tredici ore della vita di qualcun altro diventando i suoi occhi e le sue orecchie. Perché è questo, alla fine, che fa lui: con tutte le sue difficoltà, rappresent­a la prospettiv­a più ampia possibile su tutta la storia. Come si è preparato per questo ruolo? Ho provato molto assieme agli altri attori. Volevo essere sicuro di quello che avrei fatto sul set, ma senza doverci pensare troppo o lasciarmi condiziona­re dai pregiudizi. Non ho nemmeno letto il libro a cui è ispirata la serie, perché sapevo che il mio Clay era diverso da quello del romanzo e non volevo essere influenzat­o. Che differenze ci sono tra la prima e la seconda stagione? Nella seconda stagione Clay cerca giustizia disperatam­ente, ma incontra nuovi problemi e nuove rivelazion­i con cui dover convivere. Non ci sono più le registrazi­oni audio, ma qualcos’altro lo mette alla prova e, in un certo senso, lo guida. Anche stavolta ci sono persone che raccontano le proprie esperienze. La domanda che viene posta ora è: qual è la verità? e chi è che la sta dicendo? Come cambia Clay? Era già cresciuto durante la prima stagione, muovendosi tra passato e presente, passando dalla paura e dalla timidezza a una certa fiducia in sé stesso. Alla fine era molto arrabbiato, voleva a tutti i costi essere la voce di Hannah. Ecco, si riparte da qui: Clay proverà a andare avanti e a cercare la verità. E sarà disposto a sacrificar­e molto nel nome di un bene più alto. Cos’è che Tredici cerca di dire al suo pubblico? Di essere gentili con gli altri. Di essere pronti ad aiutare. Ad ascoltare. E questo a prescinder­e da quello che sta succedendo nelle nostre vite. L’importante, insomma, è cercare di essere brave persone.

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