La grande rivalsa degli uomini sirena
Falliti. Con madri malate che non li riconoscono, mogli che non li rispettano, figli che li ignorano. Senza più un lavoro, o attaccati a sogni con evidenti tracce di muffa. Sono i sette maschi − il meglio del parterre attoriale francese − che Gilles Lellouche fa rinascere in Le grand bain, appena presentato fuori concorso al Festival di Cannes e in sala in autunno.
La storia: sette uomini ammaccati dalla vita, i corpi per nulla atletici, trovano un punto di svolta entrando in una squadra di nuoto sincronizzato (disciplina riservata alle donne fino ai Mondiali di Kazan, nel 2015). Potrebbero essere − e lo sono in effetti − piuttosto ridicoli. Ma a muovere Mathieu Amalric, Jean-hugues Anglade, Guillaume Canet, Philippe Katerine, Félix Moati, Benoît Poelvoorde e Balasingham Thamilchelvan (che prima del film non sapeva nemmeno nuotare) è un desiderio folle. Di rivalsa. Evviva, perché vincono davvero.
«Ci sono voluti cinque anni per realizzare il film. Ero bloccato dai miei impegni come attore», spiega Gilles Lellouche (tra i suoi ultimi film, C’est la vie: prendila come viene). «Volevo raccontare cos’è la depressione, cosa significa arrivare a una certa età, diciamo 50 anni, e soprattutto con quali obiettivi davanti a sé». Una decina di anni fa, racconta, ha interpretato un alcolizzato ( Un singe sur le dos di Jacques Maillot). Per farlo, ha partecipato alle riunioni degli alcolisti anonimi: «Sono rimasto sorpreso dalle emozioni che giravano nel gruppo, dalla sincerità dei suoi partecipanti. Da come tutti accettavano di esporsi con la propria debolezza». Da lì, le fragilità dei protagonisti di Le grand bain.
Lellouche non cerca l’attenzione dello spettatore perché rida di un gruppo di perdenti. La scelta dello sport, il nuoto sincronizzato, sembra piuttosto uno strumento perfetto per raccontare il tipo di uomo dell’era post-weinstein. Quello che muove la storia è un altro motore: il desiderio di ritrovare se stessi e il filo della propria esistenza, un desiderio che si realizza grazie all’aiuto del gruppo e alla forza dell’amicizia. Per riuscirci, il regista ha coinvolto gli attori sei mesi prima delle riprese. Si riunivano tre volte a settimana, in piscina. Quello che avevano dentro merita decisamente un applauso. _ (Cristiana Allievi)