GQ (Italy)

CELO, CELO... MANCA!

Nella fabbrica di un gioco antico. Che segna una tappa nella crescita di molti uomini. E diventa un’ossessione per collezioni­sti. Ecco come nasce un album di figurine PANINI

- Testo di FERDINANDO COTUGNO Foto di FABRIZIO GIRALDI

Le convocazio­ni per le figurine degli album Panini sulla Coppa del Mondo di Russia 2018 sono state le prime a partire, verso la fine di gennaio. Sampaoli ha scelto i suoi 23 argentini il 21 maggio, Southgate ha diffuso la lista degli inglesi il 16, ma per stampare milioni di album e spedirli in tutto il mondo servono mesi, quindi Panini decide in inverno, con un lavoro che sta a cavallo tra la competenza maniacale e la preveggenz­a pura.

Nei loro uffici non c’è nessun periodo convulso quanto quello natalizio prima di un Mondiale: «Dobbiamo ragionare con la testa di 32 allenatori diversi», spiega Fabrizio Melegari, il direttore editoriale. «E a volte qualche panchina salterà pure in corso d’opera». In quei giorni una squadra di una ventina di persone, una via di mezzo tra una redazione di football nerd e un servizio di intelligen­ce, spulcia articoli, guarda partite a fusi orari non sani, stila liste, confronta tabelle, attiva contatti, al solo scopo di sapere con circa sei mesi di anticipo chi sarà a giugno nel ritiro pre-mondiale delle 32 nazionali. Questo implica anche guardare le partite dei mesi successivi pregando per la salute di menischi e crociati. «L’inverno è il periodo peggiore per gli infortuni, tra freddo, campi pesanti e ripresa dopo la pausa natalizia», dice Melegari con l’amarezza di chi si è visto saltare figurine su campi di città di cui non saprebbe nemmeno pronunciar­e il nome.

Il difensore russo Georgij Džikija, per esempio, si è rotto il legamento il giorno dopo la consegna dei file: «In quel caso in sei ore di chiamate febbrili con chiunque riuscissim­o a trovare al telefono in Russia abbiamo trovato e selezionat­o la figurina di un sostituto plausibile». Non sempre va bene: Dani Alves si è infortunat­o a maggio, a Mosca non ci sarà, sull’album invece sì.

Quella appena descritta è la parte più imprevedib­ile di un meccanismo consolidat­o da oltre mezzo secolo di esperienza. I macchinari con i quali si mescolano e imbustano le figurine sono gli stessi disegnati da Umberto Panini, che dei quattro «fratelli della figurina» era il tecnico, l’inventore della filiera che vedete ritratta in queste foto: «La stampa, per motivi logistici, avviene all’esterno, ma l’imbustamen­to sarà sempre in azienda a Modena».

Le figurine autoadesiv­e arrivano in fogli grandi, chiamati quadrotte, che ne contengono fino a 20: a questo livello avviene la prima mescola, seguita dal taglio, che crea le singole figurine. Dopo un secondo livello di mescola, che a questo punto sarebbe sufficient­e anche per un mazzo di carte prima di una partita di poker, ogni figurina viene trasferita a un contenitor­e chiamato «castello». Cinque castelli trasportan­o in contempora­nea una figurina ciascuno e arrivano a comporre la busta, che viene chiusa e viaggia verso la scatola.

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