Modello unico
Ha bucato la Champions con il Bayern, ma JAMES RODRÍGUEZ, star della Colombia, ha vinto la partita dei social con 85 milioni di followers
«Il nuovo Beckham? Per carità. Io sono James, James Rodríguez. Non mi piacciono i paragoni, e non voglio essere accostato ad altri calciatori». Il numero dieci della Colombia preferisce considerarsi «un modello unico». E i bambini sudamericani sono d’accordo: a chi chiede loro chi vorrebbero essere da grandi, e come vorrebbero vestirsi, rispondono tutti con un nome di cinque lettere: James.
Se c’è un’icona di stile al Mondiale 2018, è sicuramente la stella 27enne del Bayern Monaco. La sua vita è quasi tutta in Rete, perché è lui stesso a raccontarla. Su Internet appare a torace scoperto, col tatuaggio di uno scettro a vista (sull’avambraccio destro c’è il nome di Salomé, la figlia avuta da Daniela Ospina, modella e giocatrice di volley, da cui si è separato pochi mesi fa), oppure vestito con abiti che sceglie di persona o che gli forniscono i brand ai quali è legato. Uno di questi è Marc Jacobs, di cui è ambassador per l’eyewear: in Sudamerica i fan indossano i suoi occhiali per somigliargli il più possibile. Si tagliano e acconciano i capelli a seconda di come li ha pettinati lui nelle fotografie che posta. La Playstation, sua passione, gli ha dedicato un gioco. Siamo in piena James-mania. Non le piacerà essere accostato allo Spice Boy degli Anni 2000, però il fanatismo che lei suscita, soprattutto in America Latina, è addirittura superiore a quello che permise a Beckham di conquistare le copertine dei giornali che allora sancivano la fama planetaria. Ora infatti, insieme al campo di calcio, è la Rete ad averla promossa a star. «In questo momento ho 17 milioni di follower su Twitter, 36 su Instagram e 32 di fan su Facebook: in totale, 85 milioni. Sono numeri più che buoni. Mi sembra giusto raccontare attraverso i selfie e le fotografie quello che sono e quello che faccio». Occhiali, scarpe, giacche, T- shirt... Conosciamo tutto del suo modo di vestire: quali sono i capi e gli accessori che cura particolarmente, prima di guardarsi davanti allo specchio di casa o mettersi di fronte alla telecamera dello smartphone? «Io sono fanatico di occhiali da sole, mi piacciono le montature, le lenti dalle varie colorazioni. E poi impazzisco per le scarpe. Il mio stile è casual, non disdegno comunque gli abiti eleganti. Un capo che non amo sono le giacche, anche perché vengo da un Paese dove c’è un clima spettacolare». Ora vive in Germania: come si trova un colombiano tra le nevi della Baviera? « Sto benissimo, anche perché abbiamo vinto la Bundesliga con cinque giornate di anticipo e l’anno prossimo saremo più forti. Vincere tutto è il modo migliore per sentirsi bene in un luogo. Al freddo si trova una soluzione, ci sono i vestiti apposta. Conta anche l’umore. E io sono una persona positiva». Un giorno potrebbe fare lo stilista, disegnare una collezione tutta sua. «Penso proprio di sì, magari quando smetterò di giocare a pallone. Ho già qualche idea». Suo padre era un calciatore professionista. Lei è cresciuto con sua madre giocando a pallone per strada. È la conferma che i fuoriclasse nascono solo “por la calle”, come dicono a Madrid, dove è arrivato dopo che il Real ha sborsato 80 milioni di euro? «Io ho sempre desiderato diventare calciatore, avevo in testa sempre e solo quello e grazie a Dio ci sono riuscito. Quando uscivo da scuola, quasi sempre nel pomeriggio, non andavo a casa: mi fermavo a giocare con gli amici al campetto e per strada, facevamo le porte con le magliette e gli zaini. Tiravamo in porta sino alle nove della sera, a volte anche più tardi, tornavo solo quando qualcuno della mia famiglia veniva a cercarmi. Anche quando ero da solo avevo sempre un pallone tra i piedi. In Sud America i bambini adorano ancora la palla». Ha giocato in Colombia, Argentina, Portogallo, Francia, Spagna e, adesso, in Germania. A questo punto le manca soltanto l’italia. «Chissà, un giorno potrei anche venire da voi, ma per adesso sto bene a Monaco. Abbiamo appena vinto il campionato. E con i miei compagni vorrei conquistare quella che sarebbe la mia terza Champions League». Prima però ci sono questi Mondiali in Russia ai quali la Colombia è accreditata tra le possibili vincitrici. E Rodríguez, dopo la scarpa d’oro ottenuta in qualità di capocannoniere della Coppa in Brasile, è indicato tra gli attaccanti più forti della competizione. «Sinceramente confido molto nelle qualità della mia nazionale. In generale, possediamo le capacità tecniche per sognare di fare cose davvero grandiose. Penso che sì, possiamo anche vincere il titolo: abbiamo fame di trionfi e con umiltà possiamo farcela ad arrivare sino in fondo. È il mio sogno, e anche quello di tutti i miei connazionali». È pronto a subire falli a raffica? I difensori la prenderanno di mira parecchio, considerando le sue qualità nel dribbling. «Ci sono abituato, quindi non mi preoccupo e non temo nessun marcatore. Li rispetto». Certo, senza difensori italiani stavolta per gli attaccanti delle altre nazioni è tutto un po’ più facile. Ma a lei non dispiace almeno un po’ di non poter segnare contro Buffon? «Sì, è vero. Gianluigi avrebbe dovuto essere presente, è un simbolo del calcio e la sua assenza rappresenta una delle cattive notizie di questo Mondiale. In un campionato così importante dovrebbero concedere una wild card speciale perché non manchino i migliori calciatori della Terra.