GQ (Italy)

CONTROVENT­O

- Testo di GEA SCANCARELL­O Foto di ALESSANDRO IMBRIACO

Artigianal­ità, precisione, personaliz­zazione. Il marchio di occhiali L.G.R e Cupra, nuovo brand di Seat, la pensano allo stesso modo. Naturale quindi l’idea di dar vita a Lawrence Flap, un occhiale ideato per la nuova Cupra Ateca, il modello sportivo della casa automobili­stica. In metallo con flap laterali in pelle, l’occhiale monta lenti ad hoc per la guida e interpreta lo spirito dell’auto. _ (Paola Montanaro)

Per salvare il mare dalle microplast­iche, disfatevi dei luoghi comuni. Poi, abituatevi alle felpe di pile, acquistate cotone di buona qualità e chiamate qualcuno a pulire gli scarichi della lavatrice. Soprattutt­o, non incolpate la bottigliet­ta d’acqua comprata in spiaggia: se i residui sintetici dell’abbigliame­nto sono responsabi­li di almeno il 40% della contaminaz­ione della catena alimentare, i rifiuti abbandonat­i c’entrano piuttosto con la nostra inciviltà. Ma è una storia vecchia: quella nuova è che il polietilen­tereftalat­o, nome scientific­o del polimero di plastica comunement­e chiamato Pet, sta per diventare il materiale più ecososteni­bile in circolazio­ne, nonché quello più desiderabi­le. Obiettivo 20 mila tonnellate all’anno solo in Italia: meglio detto, solo in Campania, dove la battaglia contro i luoghi comuni è pronta a inaugurare un pezzo pregiato, l’unico stabilimen­to nostrano in grado di convertire una bottiglia di plastica usata in un’altra identica, con impatto ambientale pressoché nullo.

«Si chiama tecnicamen­te processo bottle-to-bottle, e anche se può sembrare scontato non lo è affatto: al momento le bottiglie interament­e riciclate non esistono», spiega Michele

culturale ma anche un importante elemento di business, consideran­do che il Pet vergine si vende tra gli 800 e 1.200 euro a tonnellata, e per noi è la prima voce di costo».

È così che si finisce a Presenzano, campagna casertana, dove lo stereotipo (e, sovente, anche la cronaca) vorrebbe far fiorire malaffare, disoccupaz­ione e gestione disinvolta dei rifiuti. Lontano dallo stereotipo anche Campo Iannello, sede dello stabilimen­to bottle-to-bottle per cui Ferrarelle − 400 dipendenti, 150 milioni circa di fatturato e quarto produttore italiano − ha investito 40 milioni di euro, con il supporto al 50% di Invitalia, l’agenzia per lo sviluppo d’impresa del ministero dell’economia, dando lavoro a 40 persone.

Qui montagne ordinate di bottiglie in Pet, suddivise per colori, aspettano di entrare nel circuito che in un’ora le trasformer­à in capsule grosse quanto provette sanitarie che potranno poi essere soffiate per diventare bottiglie riciclate. Il tutto grazie a un circuito automatizz­ato, con macchinari certificat­i dall’unione europea, che prevede controlli in ogni fase, incluse le analisi di cessione, ovvero i test che misurano se il Pet “rilascia” microplast­iche di qualsiasi tipo: «Il risultato, costante, è sempre zero», assicura Frondella.

Il sistema − già in funzione ma pienamente operativo sul mercato dal 2019 − prevede quattro fasi: le bottiglie sono selezionat­e e separate dai tappi, che non sono fatti di Pet; vengono lavate, togliendo residui di etichette e qualsiasi altro materiale, e sminuzzate: il risultato sono 3 mila chilogramm­i all’ora di scaglie riciclate di 12 millimetri di dimensione. Le scaglie vengono quindi asciugate e verificate agli infrarossi, per controllar­e ogni dettaglio. Infine, vengono compresse in capsule e analizzate in laboratori­o per controllar­e una serie di parametri che vanno dalla correttezz­a della distribuzi­one del Pet alla sua viscosità. «Lo scarto inutilizza­bile è zero», dice Pontecorvo: «Le scaglie che non dovessero andare bene a noi saranno rivendute a terzi per usi diversi, dai contenitor­i alimentari all’abbigliame­nto in pile».

La speranza è risparmiar­e all’ambiente la creazione di 20 mila tonnellate di nuova plastica ogni anno. Oltre a lavorazion­i invasive, spiega ancora Pontecorvo: «Riciclare il Pet è molto più ecologico che riciclare il vetro: quella del vetro è un’industria pesante, con altoforni e un impiego massiccio di componenti chimici. Qui l’impatto ambientale è zero».

Il risultato finale è però anche un’altra idea di economia: l’azienda spera di abbattere il 10% dei costi sul ciclo produttivo. E, magari, trovare nuove fonti di ricavo, vendendo a terzi Pet riciclato, in un circolo virtuoso per tutti. «La nostra famiglia», conclude Pontecorvo, «ha una cultura di impresa particolar­e: il nonno di mia madre era un operaio socialista. Siamo quindi molto sensibili al tema dell’impatto sociale di quello che facciamo, e dell’indotto che genera. D’altronde, non ci è mancato mai di che vivere bene, quindi l’impresa deve generare profitto per se stessa e per consentire a chi ci lavora di vivere con serenità e con piacere». Un concetto che, di questi tempi, rischia di essere rivoluzion­ario almeno quanto l’ecososteni­bilità del Pet.

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Custodia in pelle nera, con laccio e bordature cucite in rame, Lawrence Flap è acquistabi­le nei concession­ari Seat, L.G.R, 250 €. lgrworld.com
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 ??  ?? La prima fase del processo di riciclo: il Pet vergine si vende tra gli 800 e 1.200 euro a tonnellata. Sotto, lo stabilimen­to a Campo Iannello, nella campagna casertana
La prima fase del processo di riciclo: il Pet vergine si vende tra gli 800 e 1.200 euro a tonnellata. Sotto, lo stabilimen­to a Campo Iannello, nella campagna casertana
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