Pontecorvo, 34 anni,
erede di una dinastia industriale oggi proprietaria di Ferrarelle e di tutti i suoi marchi di acqua minerale, con 900 milioni di litri immessi sul mercato ogni anno. Cioè circa l’8% dei 7 miliardi di bottiglie vendute in Italia, di cui soltanto un sesto − secondo dati di Legambiente − è stato finora riciclato. «Per arrivare al bottle-to-bottle è servita una direttiva dell’unione europea del 2008, la rottura di un monopolio e una visione di lungo periodo, su cui ci giochiamo il futuro», dice Pontecorvo con la chiarezza di chi poteva fare il rampollo bene ma ha scelto di lavorare, occupandosi di sostenibilità.
Il monopolio è quello di Corepla (Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica), fino a poco tempo fa unico ente intitolato ad accaparrarsi dai Comuni il bendidio che finisce nella spazzatura differenziata, di proprietà dello Stato e poi messo all’asta. Ferrarelle, con altri imbottigliatori (Lete, Norda, Nestlé) e distributori, dopo una trafila burocratica con autorizzazioni ministeriali e dibattiti parlamentari, ha invece creato il Coripet, consorzio specializzato nel recupero del Pet alimentare, la versione del Pet “certificata” e idonea per gli alimenti. Con l’intenzione dichiarata di liberalizzare la raccolta e lavorare con i cittadini e la grande distribuzione per la massimizzazione del riuso, oggi non abbastanza incentivato.
«Inutile girarci intorno», aggiunge Alessandro Frondella, direttore della produzione Ferrarelle, «alla plastica è comunque impossibile rinunciare: questa è dunque una rivoluzione