L’evoluzione è digital, senza perdere contatto
Alessandro Marinella è il futuro del brand. Che del rapporto col cliente ha fatto un patrimonio
Quarta generazione. Alessandro Marinella, figlio unico, laurea in economia aziendale alla Federico II di Napoli, è la nuova linfa dell’azienda di famiglia. Agli esordi, con papà Maurizio ha avuto qualche ragionevole scossa di assestamento: «Per me è sempre stato un supereroe che la mattina usciva di casa per lavorare con una passione implacabile. Ci sono stati scontri di visioni, ma ora siamo insieme sul binario giusto. Possiamo fare un salto anche sul lato gestionale e produttivo». E.marinella è un ciclo continuo da 150 cravatte al giorno. Non è facile fermarsi a pensare come trovare l’equilibrio tra il sapere delle sartine che imbastiscono la seta e il dovere di stare su un mercato che porta gli accessori maschili prevalentemente sull’e-commerce. «Per papà il negozio è la sua vita, il contatto con il pubblico la strategia. Ma dove trovi al mondo un brand la cui proprietà risponde direttamente al telefono al cliente? Questa eredità ovviamente un po’ di ansia la mette». E.marinella è cresciuta del 20% negli ultimi due anni, ha un fatturato consolidato di 17 milioni di euro, quattro negozi in Italia e due in Giappone, ha acquisito il 10% della stamperia inglese che lavora sui tessuti materia prima, accedendo così a preziosi archivi vecchi di 104 anni. Viaggia forte in Asia e gli Usa sono il mercato che più mette in crisi la filosofia della casa. «La nostra doverosa espansione non può avvenire a discapito della qualità. E la necessità di aprirsi alle vendite online ovviamente fa perdere quel contatto diretto che è un capitale inestimabile. Per questo vorrei introdurre un modello di business digitale che preservi i negozi italiani come luoghi dove fare un’esperienza. Proprio il luogo, per chi come noi è diventato leader prima a livello territoriale, dove la relazione dal vivo è tutto, è paradossalmente anche freno. Basti pensare al nostro prezzo, 110 euro per una cravatta artigianale nella quale un uomo ha scelto tessuti, misure, cuciture, ogni dettaglio. In questo l’essere a Napoli, città furba, conta. Qui si vuole sempre il meglio al miglior prezzo. Fossimo altrove costeremmo di più». Cravatte E.marinella che da 10 centimetri si restringono sempre più verso gli 8, che dal collo dei padri troppo spesso passano a quello dei figli. «Vorrei cercare di ribaltare questa tradizione mostrando ai più giovani quanto sia indispensabile crearsi un proprio stile. Non è una questione di accessorio alla moda. Non esiste una griffe fashion che rinunci a interpretare la cravatta. Il che dimostra la sua costante attualità. Ma se puoi avere qualcosa di davvero tuo, perché accettare il compromesso della serialità? La cravatta va vissuta come una sfida positiva, come un’affermazione di indipendenza».