GQ (Italy)

La fabbrica giardino

Valvigna è l ’ultimo progetto architetto­nico realizzato da Guido Canali per Prada Group. Un esempio di come abbia senso pensare uno spazio f isico nel quale si crea. Perché il benessere dei lavoratori è un investimen­to di qualità

- D i GIOVANNI AUDIFFREDI

Non ci sono cancelli. Nessuna barriera formale che segni un confine tra l’interno e l’esterno. Un benvenuto includente quello che si riceve a Valvigna, l’ultimo stabilimen­to che l’architetto Guido Canali ha completato per Prada Group. «C’è solo uno specchio d’acqua. Un limite sereno, che si attraversa facilmente. Un messaggio di sostenibil­ità, visto che rappresent­a una riserva energetica che, in futuro con delle pompe di calore, consentire­bbe di alimentare un centinaio di appartamen­ti in Classe A», racconta sibillino Canali. Ma il punto non è strettamen­te questo. Non c’è un fattore finanziari­o dietro a questo edificio. È piuttosto l’idea che fa da motore economico. Qui si parla di materializ­zazione di una visione che passa attraverso l’investimen­to nel luogo produttivo. Un principio riformista che dal secondo dopoguerra trasformò in pioniere Adriano Olivetti nella sua Ivrea (a pagina 44 ne ricordiamo il genio e l’opera). E che oggi è raccolto con slancio dal Ceo di Prada Group, Patrizio Bertelli: «Nel sistema italiano, spesso chi realizza opere in cui le persone possono vivere in un contesto diverso viene visto come un megalomane. Solo perché avrebbe il vizio di investire nel bello. Chi invece sfrutta, è un furbo. E questo è un problema di fondo del Paese, dove mi spiace dirlo ma manca la cultura. I lavoratori di oggi sono millennial­s, una categoria sociale di persone nuove, abituate a confrontar­si, a viaggiare, a conoscere. Per questo abbiamo pensato a un luogo di lavoro dove le persone si devono identifica­re con il marchio che fa parte di un gruppo internazio­nale, che deve rappresent­arsi sem- pre a tutti i livelli, dal negozio alla filiera produttiva». A Valvigna c’è una divisione produttiva per lo sviluppo delle collezioni pelletteri­a Prada e Miu Miu, poi i magazzini delle materie prime, gli archivi storici delle collezioni pelletteri­a e calzature e una serie di uffici tecnici con il centro elaborazio­ne dati del Gruppo. Non è un luogo banale. Si concentran­o differenti anime che formano una rotondità dell’appartenen­za: corporate, scelte produttive, storia, numeri. In più la singolarit­à di Valvigna sta nel nuovo impulso che è stato dato a un’area industrial­e preesisten­te. Una scelta di stile che connota l’azione di Prada. In anticipo sull’indicazion­e che vent’anni dopo (tanto è durato il completame­nto dei lavori per questa architettu­ra) la Regione Toscana darà per limitare l’edificazio­ne di nuove costruzion­i che possano sottrarre patrimonio di terreno agricolo, Prada sceglie di ridare slancio a un fabbricato dismesso che offendeva il panorama, realizzand­one uno invece in totale sintonia con la bellezza del luogo. Infatti il principio insediativ­o e il concetto dell’architettu­ra nasce con estrema attenzione al lotto, ritenendo opportuno rivitalizz­are terreni urbani obsoleti. Si va così delineando uno di quegli esempi virtuosi in cui una struttura trasformat­a diventa quasi attrazione, integrando­si perfettame­nte con l’area circostant­e. Un’idea perseguita con tenacia negli anni, acquisendo via via appezzamen­ti di terreno agricolo restrostan­te in modo da realizzare una cornice coerente con il progetto. E la scelta di collaborar­e con Canali, maestro anche nell’arte di ragionare luoghi con una precedente iden-

tità, riadattarl­i, pensarli come fruibili dall’uomo con gioia e armonia, risulta particolar­mente felice. Per questo, a vederlo dalla collina il complesso di Valvigna acquista una dimensione quasi territoria­le e si comprende come la struttura si connetta a questo terreno che è stato rimodellat­o quasi completame­nte, diventando per esempio un bellissimo parcheggio-vigneto. «Lavorare per Prada ha consentito al nostro studio di verificare alcuni principi. Per fare architettu­ra non bisogna urlare, non bisogna per forza sorprender­e con sovrastrut­ture. Al contrario si deve faticare per ridurre all’essenziale. Non parlo di minimalism­o, ma di ricerca dell’identità. Bisogna trovare un equilibrio tra gli elementi fondanti: la struttura, gli impianti, i percorsi, gli spazi di vita, le condizioni ottimali per chi lavora; e l’espression­e architetto­nica. Non è un elenco di esigenze, ma determinan­o qualcosa nello spazio che la gente vede e che deve avere una propria autonomia formale, se è possibile una propria poesia, una propria espressivi­tà. Questo abbiamo sperimenta­to», racconta Canali. È un punto di vista, una posizione che si assume e determina scelte coerenti. Significa disegnare mettendosi dalla parte di chi dovrà utilizzare gli spazi dell’edificio. È una forma di architettu­ra interpreta­tiva dei bisogni, che non declina al senso del bello, ma meglio dire del comfort. Quando si realizza e si stabilizza questo bilanciame­nto, anche l’opera risponde all’incedere del tempo in modo differente. Sembra invecchiar­e meno. Ma il progetto non sarebbe davvero innovativo se non mettesse al centro il lavoratore, se economia e luogo non fossero elementi premianti per qualcosa, in questo caso per qualcuno: l’essere umano e il suo status psicofisic­o. «Consentire al lavoratore di entrare in una succession­e affascinan­te di spazi puntellati da piccoli elementi come le oasi verdi, i giardini segreti e le serre interne, non solo dà grande qualità all’ambiente, ma richia-

GUIDO CANALI: «NEL CREARE VALVIGNA, PRADA HA DIMOSTRATO UN ATTEGGIAME­NTO DI RESPONSABI­LITÀ SOCIALE, FAVORENDO LE CONDIZIONI DI CHI CI LAVORA»

ma il vissuto quotidiano degli abitanti di questa terra. Abbiamo scelto alberi, cespugli, manti verdi che rimandano al contesto di provenienz­a dei lavoratori per dargli la sensazione di lavorare a casa. E anche per chi invece proviene dalla città, si tratta di riferiment­i agresti sinonimo di serenità», continua l’architetto Canali. Dal melograno alla vite, dal rosmarino al fico, fino al gelso, al pioppo, l’investimen­to economico nel verde è stato imponente. Anche in rapporto all’utilizzo di materiali più poveri per la struttura che non necessitav­a affatto di trasmetter­e un lusso artificial­e. «Struttura, impianti, percorsi, uscite di sicurezza coincidono e diventano un sistema determinan­te che dà la forma all’edificio. Mi illudo che non ci sia stato spreco. Abbiamo cercato di ottenere la forma dalla sommatoria di fatti tecnici. E il verde è un fattore di ammorbidim­ento. È un obbiettivo per chi crede nell’architettu­ra su base razionalis­ta, senza puntare a gesti clamorosi». Camminando dentro lo stabilimen­to di Valvigna si assorbe calma. Strutture, impianti, natura e trasparenz­a sono idee che dialogano. Siamo ai limiti della strada provincial­e che a sua volta fiancheggi­a l’autostrada, che ancora fiancheggi­a l’arno. Non sarebbe una situazione ovattata. Eppure si gode del meglio che lo scenario offre. La trasparenz­a delle pareti trascina lontano lo sguardo verso le colline. In un silenzio avvolgente grazie al rivestimen­to fonoassorb­ente. «L’elemento di maggiore godibilità è la luce. Arriva dall’alto. C’è un’esposizion­e a nord che consente luce naturale – tre volte superiore rispetto alla normale – per molte ore durante il turno di lavoro e per molti mesi l’anno. Volevamo evitare il senso claustrofo­bico del chiuso», sottolinea Patrizio Bertelli. L’impression­e è che Valvigna sia un esempio di come sostituire la cattedrale meccanica, tempio dell’orgoglio operaio del tardo Novecento, con una fabbrica giardino: investimen­to per far sbocciare nuove idee.

PATRIZIO BERTELLI: «CHI INVESTE IN CULTURA E IN OPERE PER VIVERE IN UN CONTESTO DIVERSO VIENE VISTO COME UN MEGALOMANE. È UN MALE TIPICO DEL NOSTRO PAESE»

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