GQ (Italy)

La fabbrica ad hoc

Ogni giorno alla Mirafiori di Torino 2.200 persone lavorano per assemblare 150 Maserati Levante, tutte diverse tra loro. La nuova strategia si chiama personaliz­zazione, f ino all’ultima cucitura. E lo stabilimen­to fa la differenza

- Test odi FERDINANDO CO TUGNO Foto di ALBERTO BERNA S CONI

«Possono averla di qualsiasi colore, purché sia nera», diceva Henry Ford della sua Model T, l’auto che motorizzò l’america. Per capire quanto è cambiato il senso del fare automobili in questi oltre cento anni, bisogna pensare a questo numero: 1.500 miliardi. Sono le possibili combinazio­ni di tutti gli elementi che compongono e personaliz­zano la Levante, il Suv che Maserati (parte del gruppo FCA) produce a Mirafiori, tra motorizzaz­ioni, versioni, colori, tessuti (compresi i rivestimen­ti firmati da Ermenegild­o Zegna) e tutte le altre componenti (in tutto 5.500). «È veramente raro che in un anno produciamo due esemplari perfettame­nte uguali di Levante. Il nostro cliente vuole scegliere anche la cucitura del tessuto, ha richieste su cose che un acquirente medio nemmeno vede», spiega Luigi Barbieri, il “plant manager” di Mirafiori, ingegnere con capacità da umanista di raccontare i processi produttivi. Lo stabilimen­to che dirige è il più anziano d’europa ancora in produzione, un monumento industrial­e, trentacinq­ue modelli sfornati in ottant’anni, un’epopea da ventotto milioni di vetture prodotte. Nel 1947, primo anno di attività industrial­e vera e propria, da Mirafiori uscivano le 500 A e le 1100, macchine italiane per gli italiani. Oggi invece rimane nei nostri confini solo il 4% delle Levante prodotte a Mirafiori. Le altre vanno in Cina (35%), Stati Uniti (21%), Unione Europea (21%): in tutto i Paesi di approdo sono oltre sessanta. Mentre visitiamo la fabbrica, c’è una delegazion­e di sessanta dealer da Cina, Giappone e Corea del Sud: guardano, appuntano e annusano tutto, sono gli ospiti d’onore. «Se dovessimo vivere solo di Italia saremmo morti da un pezzo», chiosa Barbieri. Produrre auto per il mercato globale significa conoscere e capire consumator­i lontanissi­mi tra loro per geografia, cultura e desideri. Concretame­nte, vuol dire anche che alla fine della linea di produzione qui a Mirafiori sanno in quale parte del mondo andrà la vettura e si comportano di conseguenz­a: ogni mercato ha la sua checklist differenzi­ata, da verificare al termine dei (già lunghissim­i) controlli standard. «Gli americani fanno un’attenzione maniacale alle vibrazioni e al rumore del motore, i giapponesi vedono ogni singolo puntino di vernice sulla carrozzeri­a». Inoltre in Giappone, Medio Oriente ed Europa il cliente vuole scegliere personalme­nte ogni dettaglio, costruirsi la macchina pezzo per pezzo. Cinesi e americani invece delegano questo compito al concession­ario. «Per loro il piacere sta nell’entrare, comprare la macchina e uscire». Negli ultimi anni questo stabilimen­to aveva prodotto la Fiat Punto e l’alfa Romeo Mito, passare alla Levante ha significat­o una piccola rivoluzion­e di struttura, metodo e pensiero. Per esempio è stato necessario adattare le linee produttive alle dimensioni del veicolo. Inoltre, si è passati da strutture prevalente­mente in

acciaio (che si salda) alla Levante che è in alluminio, quindi si salda e rivetta. Oppure la logistica: «Per una macchina con tutte queste componenti c’è bisogno di far arrivare i pezzi in tempo reale, non possiamo pensare di stoccare tutto in magazzino», spiega Barbieri. Il risultato: qui ogni giorno entrano ed escono 300 camion pieni di materiali. Di questi, il 74% è made in Italy, di non europeo ci sono solo le componenti del sound system americano Harman Kardon. Ma l’impatto maggiore su Mirafiori l’ha avuto l’infinita possibilit­à di personaliz­zare la Levante, che porta con sé una conseguenz­a fondamenta­le: l’impatto della manodopera. «Con la Levante c’è tanta tecnologia, ma poca automazion­e», è la sintesi di Barbieri: «L’automazion­e va bene quando fai macchine tutte uguali, ma non se le 150 vetture prodotte ogni giorno sono tutte diverse». È uno dei motivi per i quali è stata scelta la fabbrica di Mirafiori: «Lo stabilimen­to di Modena della Maserati non aveva le capacità produttive per la Levante ( 60mila unità solo il primo anno, ndr), quello di Grugliasco produce già la Ghibli e la Quattroruo­te. La scelta di Mirafiori è stata fatta per la geografia, perché è vicina a Modena, per la logistica e soprattutt­o per le competenze». Per una produzione del genere, con la manodopera così al centro del processo, servivano operai esperti: l’età media delle 2.200 persone che fanno la Levante è di 52 anni. Intorno a loro oggi è cambiata anche l’estetica della fabbrica, il blu e il grigio metalmecca­nico sono stati sostituiti da pavimenti e soffitti bianchi, il beep che avvisa il team leader di un intoppo non è più un vero beep ma una canzone personaliz­zata, con le scelte che coprono tutto l’arco costituzio­nale della musica, da ’O sole mio a Eminem. La cosa a volte può creare un certo caos sonoro, ma è adatta a una fabbrica dove le macchine si fanno quasi a mano.

«CON LA LEVANTE C’È TANTA TECNOLOGIA, MA POCA AUTOMAZION­E, PERCHÉ QUESTA VA BENE SOLO QUANDO FAI MACCHINE TUTTE UGUALI»

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