MOLTA GRINTA E NUOVI TRICK RADAR IN PISTA
L’altoatesino Markus Eder si prepara al Freeride World Tour con una gran voglia di vincere Gli abiti e gli accessori connessi al sistema Recco Sar delle squadre di soccorso sono un’ottima scelta per chi ama avventurarsi nella neve fresca
La neve migliore è preziosa: «Spesso devi andarla a cercare, sacrificando le comodità». È la lezione che ha imparato Markus Eder, classe 1990, nato come atleta freestyle – Olimpiade di Soci nello slopestyle – ma freerider per indole. Un ragazzo fortunato, che continua a girare il mondo per cercare la neve «che può regalare la discesa perfetta». Giappone, Canada, Alaska, Caucaso: sono tante le montagne che Markus ha conquistato e numerosi gli action movie di cui il giovane altoatesino è protagonista. Lo incontriamo in vista dell’imminente Freeride World Tour (20 gennaio-8 aprile), il prestigioso circuito internazionale di sci e snowboard che vedrà Markus gareggiare con i big.
Come affronterà la gara? «L’obiettivo è quello di essere il più competitivo possibile. Quest’anno gareggerà anche Tanner Hall, una leggenda del freeride. Immagino che si starà allenando come un matto per vincere, e di conseguenza il livello sarà altissimo. Non vedo l’ora di far vedere qualche nuovo trick e di tornare ad Andorra, la mia tappa preferita. Oltre all’atmosfera magnifica, le discese a Vallnord sono il massimo del divertimento».
Com’è l’allenamento di un freerider? «Durante l’estate cerco di combinare i miei hobby con l’allenamento: l’arrampicata, lo skate, la bici, il surf e le camminate in montagna. Poi, però, con l’avvicinarsi dell’inverno la palestra, di cui non sono un grande fan, diventa un obbligo. Faccio potenziamento e tappeti elastici, indispensabili per l’impostazione dei salti e la preparazione dei trick».
Parliamo di precauzioni in fuori pista. «Anzitutto l’ equipaggiamento. È importante avere sci leggeri e gli scarponi giusti, con la suola Vibram per avere il massimo grip quando non si possono usare le pelli. E poi non esco mai senza Arva, pala, sonda, zaino con airbag e naturalmente maschera e casco Smith. Poi, certo, l’attitudine è tutto, ma sapere usare i dispositivi di sicurezza è fondamentale. Per questo consiglio di seguire un corso per il salvataggio in valanga. È importante saper valutare sempre il terreno di discesa, informarsi e chiedere il parere di qualcuno che ha più esperienza». Il viaggio che l’ha colpita di più? «Per girare il film Ushba siamo stati in Georgia ed è stata una delle esperienze più belle e intense, a cominciare dal fatto che per arrivare sulla cima dell’ushba, a 4.700 metri, ho dovuto affrontare una scalata alpinistica molto impegnativa. All’inizio il regista e alpinista Guido Perrini non voleva portarmi, vista la mia scarsa esperienza nell’alpinismo. Ma alla fine ha accettato, e per prepararmi abbiamo scalato il Cervino insieme. Mi ha colpito molto l’idea di essere il primo a scendere da una montagna con la neve perfetta, condizioni paragonabili solo all’alaska. Certo, anche il Canada è speciale, ma rimango sempre estasiato dalle nostre Alpi, dove ci sono dei posti pazzeschi».
Un “bip” intermittente, che sale d’intensità fino a diventare un fischio. È il segnale che in quell’area c’è una persona da aiutare, ed è lì che bisogna concentrare le ricerche. Succede in montagna quando l’elisoccorso utilizza il sistema Recco Sar, un radar che permette di localizzare rapidamente le persone disperse. Gli elicotteri dotati di questo dispositivo in Italia sono attualmente sette, ma questo inverno potrebbero aumentare di numero e rendere i soccorsi più efficaci, anche in caso di valanghe. Nel 2017, infatti, in tutto il Paese sono stati eseguiti 900 interventi di salvataggio in elicottero, il 21% dei quali in soccorso di sciatori e sci alpinisti. Perché non lo si ricorda mai abbastanza: trovarsi sotto una valanga rimane un pericolo concreto, soprattutto per chi pratica il fuoripista. Per questo è fondamentale dotarsi di dispositivi di sicurezza efficaci, l’arva e il riflettore Recco, la piastrina integrata nei capi di abbigliamento, un sensore senza batterie che dialoga con il radar degli elicotteri e con i rilevatori portatili di cui sono dotate le squadre di soccorso. Lo sviluppo della tecnologia Recco va di pari passo con la diffusione dei riflettori, che non vengono più incorporati solo nelle giacche, ma anche in caschi, cinture e persino negli scarponi da sci alpinismo (come il top di gamma F1 di Scarpa, dotato tra l’altro del sistema di chiusura di precisione Boa e di suola Vibram Arctic Grip). Perché la sicurezza non è mai abbastanza.