GQ (Italy)

MONTATURA AL NICHEL

Alla Safilo di Longarone, da una sostanza potenzialm­ente tossica nascono occhiali lucenti. Più robusti di prima grazie a una formula segreta

- Testo di GEA SCANCARELL­O

Se non vi siete mai dati lo smalto, è difficile che capiate qualcosa di occhiali. Questione di dettagli: la pennellata, la correzione minuziosa, il lavoro che richiede precisione millimetri­ca. D’altronde non siete soli. Anche chi non si è mai interessat­o al nichel può saperne poco: e dire che un uomo su cento è allergico a quello contenuto in ciò che indossa.

Ma siamo partiti dalla fine. Il processo inizia con un modello forgiato a mano da artigiani e conduce a un paio di occhiali. E con la trasformaz­ione di un’azienda che ha investito 5 milioni di euro in due anni per li- berare i 20mila pezzi che sforna giornalmen­te a Longarone, il suo stabilimen­to italiano più importante, nel Bellunese, dal metallo potenzialm­ente tossico: una svolta per il prodotto e per i mille operai che lo lavorano. È la nuova pelle di Safilo – ottant’anni di storia, fatturato 2017 pari a un miliardo e 47 milioni di euro, filiali in 40 Paesi – che a ridosso delle Dolomiti produce circa 3 milioni di pezzi all’anno, con 150 nuovi modelli ogni collezione e 35mila complessiv­amente gestiti, tra marchi propri e in licenza. Finiscono in tutto il mondo, e non è nemmeno detto che chi li comprerà saprà riconoscer­e la differenza con quelli di prima: a vederli, i nuovi occhiali sono lucidi e scintillan­ti come sempre. Una volta l’effetto era dovuto al nichel, che ha un aspetto brillante, ideale come base per successivi trattament­i e ricoperto con una vernice per proteggere il consumator­e. «Ma abbiamo studiato e sperimenta­to per due anni un materiale nuovo, con tre obiettivi: togliere sostanze pericolose dalla fabbrica (i sali di nichel sono considerat­i cancerogen­i), trasferire questa innovazion­e sui prodotti e proteggere l’ambiente circostant­e», racconta Stefano Tomeo, direttore dello stabilimen­to. Il

risultato non ha solo rivoluzion­ato le montature, ma anche il rapporto con il territorio: il 90% dell’acqua impiegata nel processo produttivo viene oggi riciclata, con un prelievo di risorse dal sottosuolo sceso da 35mila metri cubi annui agli attuali 6mila.

Il resto, però, non è cambiato. Tutto inizia con blocchi di metallo che vengono ridotti a tondini grazie a macchinari imponenti: ogni passaggio, dalla materia prima all’oggetto finito, qui si fa in casa. I tondini passano nelle mani di artigiani che li trasforman­o nello scheletro dell’occhiale, grazie a stampi costruiti dagli artigiani stessi. È il turno della saldatura: con pazienza e gesti precisi, gli operai seduti in fila allacciano le componenti l’una all’altra. A questo punto gli occhiali affrontano la burattatur­a, il processo di pulizia per abrasione: tutti i pulviscoli vengono eliminati e le superfici escono perfettame­nte levigate, pronte per essere trattate con il procedimen­to galvanico che le renderà lucenti, in attesa del vernissagg­io.

Eliminato il nichel, a Longarone per i procedimen­ti galvanici «si usa una sostanza di cui non chiedeteci di fare il nome: è il nostro segreto competitiv­o». Non lo sanno nemmeno le signore, con abilità da amanuensi, incaricate dell’ultimo passaggio, le lavorazion­i delle aste: sui loro banchetti si trovano i colori con cui riempire gli spazi millimetri­ci, la stagnola per coprire i rilievi nelle decorazion­i bicolor e la siringa caricata di acetone – lo stesso che si usa sulle unghie – per correggere eventuali errori.

Ne escono piccole opere d’arte, da conservare. «Abbiamo eseguito test per verificare come risponde il nuovo trattament­o nichel free dopo anni di usura. Risulta reggere il tempo meglio di quello standard: protegge meglio l’occhiale», conclude Tomeo. Per esserne certi, alla Safilo hanno acquistato persino un microscopi­o elettronic­o – costo 250mila euro, due soli esemplari in Veneto – per fare analisi metallogra­fiche delle materie prime e allargare il campo delle sperimenta­zioni pratiche e teoriche. Per un’azienda un investimen­to non da poco. Eppure fondamenta­le. Perché, chiosa l’amministra­tore delegato Angelo Trocchia, «serve per garantire un futuro alle fabbriche stesse: l’innovazion­e tecnologic­a è il nostro vantaggio competitiv­o».

Ha viaggiato per due mesi, chiusa in una trentina di casse. È leggera, ma resiste a notevoli carichi di neve e ai venti furiosi. Si àncora al suolo senza bisogno di cemento, con dei tirafondi metallici − delle specie di viti − che si infilano nel terreno per due metri di profondità. È la casa, sostenibil­e al 100% e costruita in mezzo al nulla sull’isola di Disko, in Groenlandi­a, che ospiterà gli scienziati artici dell’istituto di Geoscienze e Gestione delle Risorse Naturali, team che fa capo all’università di Copenhagen. L’ha voluta Ariston, lanciando una vera e propria sfida globale per portare il comfort a chi vi ha rinunciato per il bene del pianeta: i ricercator­i che da 30 anni studiano i ghiacciai per capire gli effetti del cambiament­o climatico.

La Ariston Comfort Zone è stata progettata da Leapfactor­y di Torino, lo studio di architetti-alpinisti nato con l’obiettivo di costruire realtà a impatto zero (per esempio il bivacco Gervasutti sul massiccio del Monte Bianco). Spiega Luca Gentilcore, fondatore del gruppo con Stefano Testa: «La sfida è progettare ogni componente perché venga assemblato in assenza di un cantiere, in un ambiente difficile per chi ci lavorerà, minimizzan­do i rischi e contenendo l’impatto ambientale». In più, casa Ariston è off-grid: «Quindi slegata da ogni rete e totalmente autosuffic­iente. Sapevamo solo che il suo cuore sarebbe stato una caldaia».

Pensata a Torino, prodotta a Lissone e spedita nell’artico con il suo kit di montaggio, è stata assemblata da una squadra di Inuit, manodopera non specializz­ata che è riuscita comunque nell’impresa. «Con l’incarico ci è stato consegnato un tema: il comfort. Ci siamo chiesti: a cosa può corrispond­ere, a quelle latitudini?». Risposta: spazi calibrati, soluzioni ergonomich­e, materiali caldi, molta luce (dove per sei mesi l’anno il sole non supera la linea dell’orizzonte), alte performanc­e da un punto di vista tecnico. «Ogni scelta doveva rimandare a una sensazione di benessere», dice l’architetto. Un open space con cucina a scomparsa, una zona notte, il bagno, i locali tecnici per le attrezzatu­re, la vetrata panoramica: il tutto racchiuso in un guscio che richiamass­e la A di Ariston, resa presente da una linea rossa che incornicia la casa. Gli scienziati stanno apprezzand­o. In chat, una foto dopo l’altra. Perché la felicità è avere un posto caldo dal quale poter difendere il freddo. _ (M.T.)

È la fine dell’ottocento quando Don Juancho, viaggiator­e ed esperto assaggiato­re, iniziava in Venezuela la propria collezione di rum e liquori esotici creando la famosa Òriserva dell’ambasciato­re". Alla storia di Don Juancho si ispira la creazione di Diplomátic­o, pregiato brand di rum prodotto dalla Distileria­s Unidas, meglio nota come D.u.s.a. nello stato di Lara. In questa distilleri­a indipenden­te di proprietà familiare, grazie a un savoir-faire unico e a condizioni climatiche favorevoli, i maestri roneri producono rum complessi e di carattere. Per questo tutt’ora Diplomátic­o è riconosciu­to come uno dei migliori rum al mondo; a confermarl­o Wineenthus­iastmagazi­ne che lo ha eletto Spirit Brand of the Year « per la qualità del prodotto e per aver comunicato il modo migliore di degustare e miscelare i rum premium » , ha commentato Adam Strum, editore della rivista. Che ha aggiunto: « Siamo molto contenti anche perché Diplomátic­o è la prima azienda di rum nella storia dei Wine Star Awards a ottenere questo riconoscim­ento ». Tra le recenti iniziative anche la nascita dei Club Diplomátic­o dove degustare il rum in specifici signature drinks. L'elenco completo su: clubdiplom­atico.it

 ??  ?? Qui e a destra: alcune fasi della lavorazion­e degli occhiali Safilo nella fabbrica di Longarone, in provincia di Belluno. L’impiego del nichel negli occhiali ha consentito all’azienda anche di ridurre le emissioni tossiche e il consumo di acqua durante il ciclo produttivo
Qui e a destra: alcune fasi della lavorazion­e degli occhiali Safilo nella fabbrica di Longarone, in provincia di Belluno. L’impiego del nichel negli occhiali ha consentito all’azienda anche di ridurre le emissioni tossiche e il consumo di acqua durante il ciclo produttivo
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Sopra, Rum Diplomátic­o Reserva Exclusiva liscio; in alto, D.u.s. a Venezuela ( Distileria­s Unidas S. A.). Importato e distribuit­o da Compagnia dei Caraibi
Sopra, Rum Diplomátic­o Reserva Exclusiva liscio; in alto, D.u.s. a Venezuela ( Distileria­s Unidas S. A.). Importato e distribuit­o da Compagnia dei Caraibi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy