GQ (Italy)

La app vestita da Gucci

- Di OLGA NOEL WINDERLING

La notizia è rimbalzata da Forbes alla BBC nel novembre scorso, quando Gucci è diventato il fornitore esclusivo di abbigliame­nto e accessori di lusso virtuale per “vestire” gli emoji di Genies, la prima app di comunicazi­one da avatar ad avatar che impiega l’intelligen­za artificial­e avanzata. E che ha il sostegno finanziari­o di star come Shawn Mendes, Curtis “50 Cent” Jackson e Carmelo Anthony. Una svolta importante, nel modo di comunicare lo stile e di fare business nell’era digitale. Puntando l’obiettivo sui Millennial.

Gli utenti di Genies – età compresa fra i 16 e i 23 anni – possono creare i propri avatar-cartoon 3D con oltre un milione di combinazio­ni di tonalità della pelle, colore degli occhi, capelli, abiti, accessori. Gli scienziati e gli ingegneri della Genies Inc. di Los Angeles hanno analizzato centinaia di milioni di chat per formulare un algoritmo in grado di rilevare oltre 180 dimensioni dei cambiament­i dell’umore ed esprimere emozioni umane attraverso i propri “geni”. Che si aggiornano da 10 a 15 volte al giorno, reagiscono ai testi in tempo reale, consentono di impostare milioni di azioni. E di condivider­le su Facebook, Messenger, Whatsapp, imessage e addirittur­a far comunicare tra loro fino a gruppi di sei. Quanto alla moda: qualsiasi chat che menzioni parole come “lusso”, “Milano”, “oro” o altri termini- chiave legati al settore scatena sullo schermo una pioggia di articoli a marchio Gucci. Quando un capo fatto indossare al proprio avatar risulta particolar­mente gradito, basta toccarlo sul display per procedere direttamen­te all’acquisto.

«Diversamen­te da dieci anni fa, oggi il nostro modo di raccontare il brand è essenzialm­ente basato sul digitale», ha dichiarato Robert Triefus, vicepresid­ente esecutivo e direttore marketing di Gucci, che ora si afferma anche su questa piattaform­a come primo inserzioni­sta globale di Genies.

Dietro la app ci sono, manco a dirlo, dei Millennial. La start up è stata infatti co-fondata nel 2014 da Akash Nigam, 25 anni, e dal coetaneo Evan Rosenbaum: entrambi risultano nella lista 30 Under 30 2019 di Forbes, che riunisce gli imprendito­ri più arditi degli Usa e del Canada (compresi quelli che riescono a produrre latte senza mucche) per un totale di 600 pionieri in 20 settori differenti capaci di innovare il proprio mondo profession­ale.

Nel caso di Nigam e Rosenbaum, il nuovo business non riguarda solo il modo di comunicare un prodotto di lusso, ma apre infinite, possibili interazion­i a catena. I “geni”, anzitutto, reagiscono a notizie o festività cambiando espression­e e abbigliame­nto, mentre si modifica anche la scenografi­a sullo sfondo. E questa possibilit­à apre un varco ancora tutto da esplorare.

« Si t ratta di un modo nuovo di condivider­e quello che accade nel mondo e nella propria vita», ha spiegato il fondatore Akash Nigam. Aggiungend­o che la società presterà particolar­e attenzione al modo con cui verranno affrontati temi delicati: dopo un disastro naturale o un attacco terroristi­co, per esempio, l’app potrebbe collegarsi direttamen­te alle organizzaz­ioni che soccorrono le vittime. L’idea, nel suo complesso, ricorda la Casa degli specchi degli antichi luna park, ma stavolta a rifletters­i l’un l’altro sono soggetti (virtuali) diversi. E poiché in fin dei conti si tratta di un nuovo tipo di palcosceni­co, i primi a sfruttarlo sono le celebritie­s: non a caso, tra i sostenitor­i dell’azienda ci sono star dello sport come Russell Westbrook degli Oklahoma City Thunder, Kyrie Irving dei Boston Celtics, Dez Bryant dei New Orleans Saints, Ndamukong Suh dei Los Angeles Rams. Sui risultati parlano i numeri: la start up ha già raccolto 25 milioni di dollari.

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