- FICTION
È vero che i cyborg non invecchiano, tuttavia pensare ad Arnold Schwarzenneger che a 71 anni suonati torna a vestire i panni di Terminator fa impressione. In uscita a novembre 2019, il sesto capitolo della saga non è un sequel ma un reboot, che a differenza del remake è il “riavvio” di una storia, in cui resta l’idea originale ma cambiano la trama e molti dei personaggi.
Oggi una parte consistente della produzione di Hollywood è fatta di reboot e remake: per il 2019 le storie riprodotte o rielaborate sono già più di trenta. Dove sono finite le idee? «In realtà non mancano», spiega Marco Spagnoli, regista e sceneggiatore. «Ma il coraggio non è mai stato una virtù di Hollywood: rifare un film è più economico e meno rischioso, perché si lavora su un’idea di cui è nota la garanzia di successo e si evita l’investimento in ricerca e sviluppo necessario per un progetto inedito». Del resto negli Usa, in virtù dei prestiti elargiti agli studios, banche e fondi di investimento diventano spesso, di fatto, titolari dei diritti di produzione.
Così quest’anno Tim Burton porterà in sala il remake di Dumbo (dal 29/3) e rivedremo anche Proposta indecente, mentre tra i reboot ci sono Charlie’s Angels (a novembre), Highlander (con Chad Stahelski al posto di Christopher Lambert) e Labyrinth, dove l’ingombrante assenza di David Bowie è stata risolta eliminando il suo personaggio. Matt Reeves lavora a una nuova serie di Batman (senza Ben Affleck), mentre l’ennesimo tentativo di remake di The Crow è fermo dopo i dissidi tra il regista Colin Hardy e il finanziatore del progetto.
C’è anche un aspetto culturale e transgenerazionale che giustifica il ritorno in sala dei soliti noti. «Molte storie fanno parte del proprio immaginario e della propria esperienza», dice Spagnoli. «Prendiamo Star Wars: chi oggi ha 40 anni è legato alla prima serie e torna al cinema per vedere quelle nuove con i figli». Proprio la disponibilità di nuove generazioni e quindi di nuovi pubblici è un altro motivo per un remake, che però deve avere alle spalle un lavoro editoriale solido e di qualità: « 2001: Odissea nello spazio è un film perfetto, è impossibile pensarne un remake; mentre la scena di King Kong che balla a Central Park con Naomi Watts nel remake di Peter Jackson dimostra come si può tradire una storia rendendola ridicola».
Netflix, Hulu, Amazon video e a breve Disney+: anche la concorrenza dell’home cinema in streaming influisce sulle scelte delle case di produzione: «La serialità è un sintomo del nostro tempo, e non sempre è un male. In questo mare di produzione è fisiologico lavorare su storie vecchie e riportarle verso il futuro».