GQ (Italy)

ORDINE DÕARRIVO

Pedalare verso la meta, anche accontenta­ndosi di stare dietro: lo scrittore JOE MUNGO REED rende omaggio ai ciclisti e a chiunque tagli il traguardo con i suoi tempi

- Testo di MICHELE NERI Foto d i JO HANLEY

C’è tutto ciò che ti aspetti da una delle competizio­ni ciclistich­e più dure al mondo, il Tour de France. Sei preparato ai fan che offrono acqua infetta ai corridori. Al fatto che i profession­isti non riescano più a correre perché i tendini del garretto sono bloccati all’estensione richiesta dalla pedalata, alla noia negli atri angusti degli hotel, agli ormoni che provocano dolori alla mascella. Non avevi però pensato che anche ai gregari, a chi non è destinato alla vittoria ma a restare un mediocre, una vita così potesse piacere. È su questo imprevisto splendidam­ente raccontato che Joe Mungo Reed, trentatree­nne inglese, ha costruito Magnifici perdenti: il suo primo romanzo, lodato da un autore raffinato quale George Saunders, come dai siti sportivi. Attraverso Solomon, uomo del gruppo che gareggia perché il leader percorra le 21 tappe nel minor tempo possibile, per ripararlo dal vento o dargli la bici se buca, entriamo in un mondo descritto come in un reportage e con l’accelerazi­one cardiaca di una volata. È il backstage del ciclismo ai massimi livelli, raggiunti attraverso «un’assistenza farmaceuti­ca non regolament­are». Sono poi le emozioni di un uomo del plotone: Solomon, disposto a tutto, anche a mettere di mezzo la moglie, quando i rifornimen­ti chimici si bloccano. Perché raccontare la nobiltà di chi è felice nella massa? Perché siamo pieni di saggi sulle star del ciclismo, ma senza chi arriva ultimo, i primi non esisterebb­ero. Guardavo Tour e Giro e mi chiedevo che cosa provasse chi si piazza 150esimo. Se vuoi capire lo sport, devi trovare un modo lucido per descrivere questi sacrifici fisici e morali. Nessuno si presta bene quanto un gregario. Perché ha inserito il doping? Mi interessav­a l’intero sistema, oscurità incluse. Può essere frustrante, perché un romanzo ha bisogno di un eroe e qui non c’è. Sapevo di rischiare, come autore, perché il protagonis­ta accetta di drogarsi; volevo andare oltre la morale facile. Ci scandalizz­iamo per uno che si droga per correre: perdiamo di vista la fotografia più grande, per esempio da dove arrivino i soldi degli sponsor. Si dice: che mostro quel ciclista. Ma ci si dimentica quale pressione subisca, la situazione finanziari­a, l’assenza di alternativ­e. È complicato restare morali in cose grandi e cattive, dove girano soldi. Perché, nonostante gli scandali, lo sport produce legami ancora forti tra pubblico e atleti? Perché pensiamo di conoscere gli atleti, di capire la loro personalit­à. Sentiamo di avvicinarc­i a qualcosa di autentico, quando il mondo è ormai dubbio, schermato, artificial­e. Somiglia un po’ tutto al wrestling. Il libro racconta un dramma personale. Cosa le sta a cuore? La paranoia di chi nella vita fa un’unica cosa. E poi, quando le gare finiscono? Devi imparare a cambiare percezione. La precarietà è nello sport e in noi. Volevo sfatare il mito degli sportivi alla Superman, capaci di cose speciali. È l’opposto: a fine corsa, perdono anche le loro altre capacità.

 ??  ?? Magnifici perdenti, di Joe Mungo Reed, Bollati Boringhier­i, traduzione di Daniela Guglielmin­o, pagg. 253, 17,50 €
Magnifici perdenti, di Joe Mungo Reed, Bollati Boringhier­i, traduzione di Daniela Guglielmin­o, pagg. 253, 17,50 €

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