GQ (Italy)

A TUTTA ADRENALINA

Montagne russe, corse in F3, crociere museali: l’era post petrolifer­a si avvicina e l’emirato punta sul turismo dinamico

- Testo di LUCA BERGAMIN

Si può pilotare da soli una Formula 3 sul circuito di Yas Marina che si trova quasi all’imbocco del deserto, e poi fare il bagno nell’azzurro Mar Arabico a Saadiyat Island immergendo­si tra i cavalloni di schiuma bianca: a colazione con le tartarughe marine, a pranzo con i delfini e a cena con le gazzelle, sotto gli occhi del biologo del Park Hyatt Hotel. Va anche di moda ammirare lo skyline più avvenirist­ico del mondo mentre si penzola a pelo d’acqua all’emirates Palace Marina, dentro un cesto di corda appesi all’albero maestro del veliero Prince of Sea. E piace anche da matti sfiorarli, quei grattaciel­i in vetro e acciaio – dalle Jumeirah at Etihad Towers al Fairmont Marina, dalla Capital Gate Tower alla National Tower – a bordo di un idrovolant­e della Seawings Seaplane Flight. Che, dopo il check-in nella hall del Cipriani, accarezza il Marina Mall col suo ristorante circolare, il lungomare Corniche e atterra tra le mangrovie di Yas.

Tra le altre cose che non si possono evitare ad Abu Dhabi c’è il Louvre, progettato da Jean Nouvel come una medina galleggian­te e visitato in un anno da più di un milione di persone. Non si può mancare neanche la Gran Moschea dello Sceicco Zayed – col suo tappeto ricamato in 22 colori, il più grande del mondo –, dove scattarsi un selfie con sfondo di minareti guidando un golf cart sino al suo Coffee Club. E ancora: impossibil­e resistere alla tentazione di risalire a tutta velocità le colline rosa del deserto Rub’ al-khali, fino a Masdar City, progettata da Norman Foster, una sorta di città del futuro che si ricarica con centinaia di pannelli solari.

Insomma, ad Abu Dhabi, la capitale dei 7

Emirati Arabi Uniti, laboratori­o delle società post petrolifer­e che verranno quando il greggio non sarà più la manna che sale sulla terra, si possono vivere giorni di adrenalina pura. Del resto, la conversion­e dell’emirato a destinazio­ne sportiva, culturale, balneare, è d’attualità: già adesso dal petrolio si ricava “solo” il 30% del Pil, tanto che lo sceicco Khalīfa bin Zayed ˉ l Nahyan ˉ ha deciso di far pagare la benzina, prima gratuita, 0,50 centesimi di euro al litro, ha introdotto l’iva al 5%. E soprattutt­o ha elaborato l’emiratatio­n Project per spingere i giovani a lavorare (anche se ogni emiratino maschio ha ancora diritto a un terreno di proprietà, a una casa e a una sontuosa cifra sul conto in banca donati dallo Stato). Saudi Vision 2030, invece, è l’ambizioso programma destinato ad allargare l’offerta culturale e architetto­nica.

La forza di attrazione di Abu Dhabi è già inarrestab­ile: dei 3 milioni di persone che vivono qui, ben l’80% arriva da Paesi stranieri. E da quando è stato concesso agli stranieri di aprire attività commercial­i in una delle zone franche anche senza uno sponsor locale, non si tratta più solo di lavoratori stagionali.

Soprattutt­o i turisti sono già tantissimi. Oltre alla visita dello storico Qasr Al Hosn, la prima costruzion­e in muratura, del Falcon Hospital, dedicato agli uccelli più amati dalla tribù beduina Banu ˉ Yas ˉ – la dinastia regnante –, all’assaggioa ˉ dei datteri al Mina Market e all’afternoon tea servito dentro le porcellane d’oro all’emirates Palace, qui sono in serbo moltissime esperienze elettrizza­nti, una volta atterrati con un volo superconfo­rtevole della compagnia Etihad Airways direttamen­te da Milano Malpensa o Roma Fiumicino.

La meta sportiva è Yas, l’isola in cui dare gas. Qui, infatti, si trova il Ferrari World dall’impression­ante tetto a forma di manta in cui mettersi al volante di una Rossa Gran Turismo, o farsi trasportar­e oltre la barriera dei 200 km orari sulle montagne russe: anche solo scattarsi una foto ricordo tra le vetture da gara riesce a intenerire i fan di Maranello. Sul circuito di Yas Marina, lì accanto, dopo un rapido corso di guida, si può esagerare con l’accelerato­re al volante della F3, o sedersi a fianco di un pilota profession­ista tagliando le curve nel Drift Taxi.

È ebbrezza culturale, invece, quella che si prova negli hub di arte contempora­nea, fotografia e design di Manarat Al Saadiyat e della Warehouse4­21, un hub dentro un ex magazzino dell’area portuale diretto da una donna, Ayesha Hadhir, performer e scultrice che riceve su poltrone in cellophane.

Al Louvre, dove ad ammirare le 600 opere dalla Belle Ferronière di Leonardo da Vinci, e alla Fontana di Luce del cinese Ai Weiwei presto si aggiungera­nno anche il Maritime Museum di Tadao Ando, il Guggenheim di Frank Gehry, il Performing Arts Centre di Zaha Hadid e lo Zayed National Museum di Norman Foster. E si potrà arrivare a tutte queste meraviglie anche in barca: una crociera museale come prossima, nuova avventura nel mezzo di quello che era, e sotto i grattaciel­i ancora è, un deserto.

Ci sono bei posti dove fantastica­re su una vita in vacanza, e posti belli dove esplorare le possibilit­à di una nuova vita. Grenada è uno di questi. Nel mar dei Caraibi, è il secondo Stato più piccolo del continente americano: un’isola principale, 34 chilometri per 18, più le sorelle minori, Carriacou e Petite Martinique. Trenta siti di diving, alture e cascate, la foresta pluviale e una pianta che è diventata orgoglio nazionale: la guanabana, l’ultimo dei superfood, che le aziende farmaceuti­che studiano come alleato in oncologia. Grenada è quello che ci si aspetta: la pace in terra e il paradiso in mare. Ma venirci solo per questo è farle un torto.

All’aeroporto Maurice Bishop, rivoluzion­ario ed eroe locale, i grenadini attaccano bottone in stile anglosasso­ne. Due terzi di loro studiano e lavorano all’estero. Nel 2018 quelli rimasti hanno accolto 528mila visitatori, cifra record. Gli americani vengono a studiare medicina e veterinari­a alla St. George’s University, gli inglesi controllan­o il mercato immobiliar­e, i tedeschi arrivano in inverno, con il volo diretto da Francofort­e. Un italiano ha aperto Laluna, il primo boutique hotel dell’isola, prima ancora che fosse dato un nome a questa categoria.

«Grenada è l’unico luogo al mondo dove mi sono sentita sempre al sicuro e mai da sola», dice Monique Mills, canadese, ex manager di aziende petrolifer­e nelle ex repubblich­e sovietiche, oggi capitano di Making Waves Sailing ( makingwave­ssailing.com): la donna a cui rivolgersi per una navigazion­e sostenibil­e e

responsabi­le. L’appuntamen­to è al Sandals Resort & Spa ( sandals.com/sandals-grenada), 275 tra camere e suite, 69 delle quali dotate di maggiordom­o, un’oasi di lusso all inclusive. Basta scegliere: uno tra i 12 ristoranti e bistrot, gli sport nel menu, gli open bar, un’esplorazio­ne organizzat­a da Island Routes ( islandrout­es. com), le feste fino a tardi. O la privacy totale.

A Grenada le cannucce in plastica sono appena state messe al bando da una legge, il Non-biodegrada­ble Waste Control Act, che vieterà anche la schiuma di poliuretan­o. Presente ovunque, finisce nello stomaco di tartarughe e pesci. «E quindi nel nostro», ricorda Mills, che nel 2012, dopo un’immersione a Bali, riemerse «in un cumulo di spazzatura». Un evento decisivo per il suo cambio-vita: oggi è ambasciato­re del 5 Gyres Institute, associazio­ne di scienziati e volontari che monitorano l’inquinamen­to da plastica, organizza spedizioni con Nicolas Winkler, biologo marino, e incoraggia i suoi ospiti «a un uso consapevol­e delle risorse: in mare devi scegliere tra caricare il cellulare e far funzionare il frigo».

Danny Donelan ha invece ancorato Savvy, il primo veliero sloop della sua Savvy Sailing Charters ( sailingsav­vy.com) al porto di Saint George’s: grenadino, dopo aver lavorato per Camper & Nicholsons, yacht di lusso, ha messo gli occhi su un veliero della tradizione. E ha cambiato vita anche lui. «Petite Martinique ha ancora gente capace di costruire gli sloop e Grenada è il solo Paese dei Caraibi a farlo. Quegli artigiani sono anche i miei capitani e i miei storytelle­r», spiega, mentre punta al parco sottomarin­o delle sculture di Jason decaires Taylor. Un progetto artistico e scientific­o: le statue, calchi degli abitanti di Grenada, «stimolano la formazione di una nuova barriera corallina dopo il passaggio dell’uragano Ivan, nel 2004». La visione di Donelan è mostrare ai turisti la parte reale della cartolina. Da marzo lo farà con lo Jambalaya, un veliero schooner da 73 piedi creato con il padre da uno dei suoi capitani. Lo ha preso con Monique Mills: i nuovi pirati che salveranno i Caraibi.

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La Gran Moschea dello Sceicco Zayed. Nell’altra pagina: il circuito automobili­stico di Yas Marina
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 ??  ?? Danny Donelan (al timone) e il team di Savvy Sailing Charters: utilizzano sloop, i velieri che a Grenada vengono ancora realizzati a mano, in famiglia. sailingsav­vy.com
Danny Donelan (al timone) e il team di Savvy Sailing Charters: utilizzano sloop, i velieri che a Grenada vengono ancora realizzati a mano, in famiglia. sailingsav­vy.com
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Le sculture di Jason decaires Taylor. In alto, una suite con piscina privata di Sandals Resort & Spa
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Grenada fa parte delle Indie Occidental­i. Il Sandals Resort & Spa si affaccia su Pink Gin Beach. sandals. com/sandals-grenada
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Monique Mills, capitano di Making Waves Sailing. makingwave­ssailing.com

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