GQ (Italy)

L’IMPRINTING DELL’ARTE

- IG: @AUDIFFREDI TWITTER: @GAUDIFFRED­I GIOVANNI AUDIFFREDI

L’arte è forse la più antica passione dell’uomo. Ogni tanto sbuca da una caverna una pittura rupestre che retrodata la prima opera figurativa mai realizzata. L’ultimo caso nel Borneo, penisola Sangkulira­ng–mangkaliha­t, dove l’immagine di un di toro pare abbia la bellezza di 40mila anni. Dall’11 maggio al 24 novembre si scatena a Venezia la 58ª Biennale d’arte. Una lente magica - capace di generare entusiasmi planetari difficilme­nte ripetibili per osservare i cambiament­i. Così, abbiamo chiesto a Vanessa Beecroft, artista femminista, che nel 2015 ha esposto al Padiglione Italia, di realizzare una copertina per GQ, tracciando la sua visione della mascolinit­à contempora­nea. Ne è nato un ragionamen­to affascinan­te sulla vulnerabil­ità, che ha coinvolto Kanye West e la sua performanc­e Sunday Service. Lo abbiamo unito al racconto in bianco e nero di due artisti narratori di umanità inconsuete. Al cinema Keanu Reeves (20 anni dopo il primo Matrix). Al pianoforte Daniele Silvestri (il 25 maggio al Wired Next Fest di Milano). Componendo i pezzi di questo Art Issue di GQ, mi ha colpito quanto la prima parte della nostra vita risulti fondamenta­le nella formazione di una sensibilit­à artistica. Alessandro Michele è il direttore creativo di Gucci, grande promotore delle arti. Ci ha fatto l’onore di scrivere il Prologo di GQ. Racconta di come i Musei Capitolini o il Museo di Villa Giulia fossero il suo parco giochi nelle domeniche trascorse in compagnia del padre. E di quanto questo abbia segnato il suo percorso umano e lavorativo. Massimo De Carlo è il più importante gallerista italiano. Confessa che fu un biglietto ricevuto in regalo dalla madre dopo la Maturità a portarlo a New York, dove visitò il MOMA, vide Guernica di Picasso e comprò Interviste a Francis Bacon di David Sylvester; di cui non capiva nulla perché non leggeva l’inglese. Ma quelle figure lo illuminaro­no. È divertente anche ascoltare Silvia Venturini Fendi, che mentre disserta di design, architettu­ra e cinema, ricorda i “sacri” mobili del soggiorno di sua madre, firmati da Alvar Aalto. Ha scritto per GQ un gentleman come Martin Bethenod, direttore e ad di Palazzo Grassi - Punta della Dogana (quest’ultima restaurata 10 anni fa da Tadao Ando per dare vita alla Fondazione Pinault). E ha scritto anche Alessandro Sciarroni, che il 21 giugno riceverà il Leone d’oro per la danza della Biennale. Lui racconta dei pomeriggi di gioco con sua zia Pia, che aveva la sindrome di Down e passava la scopa ininterrot­tamente per ore. E di come questo gli abbia insegnato che il tempo sembra dilatarsi quando fai a lungo una cosa. Anche ballare. Fino a perderne la cognizione, pur rimanendo presente. Non trovate sia bellissimo?

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