Il triangolo artistico di Martin Bethenod. Il Leone d’oro di Alessandro Sciarroni
Il 2019 è un anno speciale per noi: sono trascorsi dieci anni dall’apertura di Punta della Dogana, luogo simbolo di Venezia, che si distingue sia per la sua posizione – affacciata sulla meravigliosa laguna veneziana – sia per la struttura architettonica a pianta triangolare, dovuta alla sua funzione originaria di sede della ex Dogana da Mar. Gli spazi di Punta della Dogana, dal 2009 affidati alla Pinault Collection, sono stati restaurati da Tadao Ando – e da allora consacrati all’esposizione di arte contemporanea, ricoprendo un ruolo importante nel presentare e condividere con il pubblico l’arte del nostro tempo attraverso il dialogo con l’architettura e il contesto veneziano. Molte volte ho potuto sperimentare come gli artisti invitati a esporre prendessero il confronto con lo spazio come una sfida o una risorsa da cui trarre rinnovata energia. Oggi siamo abituati alla reazione positiva, ma ricordo bene all’inizio quanto questo entusiasmo da parte degli artisti – da noi sempre invitati a non porsi limiti nella realizzazione dei loro progetti – riuscisse ogni volta a superare le nostre aspettative. Ho vissuto questa relazione virtuosa tra spazio e artista sia come direttore che come curatore delle ultime due mostre a Punta della Dogana. In particolare, Luogo e Segni – che ho co-curato con Mouna Mekouar, in corso fino al 15 dicembre – presenta alcuni lavori emblematici delle precedenti esposizioni, in dialogo con opere mai esposte prima nell’ambito delle mostre della Pinault Collection. La mostra porta con sé il tema della relazione tra l’artista e il contesto sociale, politico e geografico, le relazioni, le affinità e le complicità tra gli artisti stessi. Molte opere esposte sono infatti frutto di collaborazioni o di citazioni tra artisti, così come non mancano rimandi e dialoghi tra opere iconiche della Pinault Collection e artisti mai
presentati prima negli spazi della Pinault Collection. C’è questo grande insegnamento, quindi, che mi sento di condividere come indicazione di percorso, di quanto agire all’interno di una cornice identitaria forte in piena libertà di pensiero e azione possa essere fonte di nuova luce e ispirazione. Così scopriamo che possiamo superare le nostre stesse aspettative. Ne sono un esempio mirabile tutte le grandi personali cartes blanches affidate a illustri protagonisti della creazione contemporanea ospitate nei diversi spazi della nostra istituzione: Urs Fischer, Rudolf Stingel, Martial Raysse, Danh Vo, Damien Hirst, Albert Oehlen e quest’anno Luc Tuymans… Ciascuno di loro ci ha permesso, in modo sempre differente, di superare l’idea e la pratica dell’istituzione museale, aiutandoci a definire con sempre maggior chiarezza la nostra risposta alla domanda su cosa debba essere oggi un’istituzione di arte contemporanea.
Ed è proprio per rispondere a questo che sei anni or sono abbiamo aperto il Teatrino, straordinaria esperienza di creazione architettonica nel cuore di Venezia, sempre affidata a Tadao Ando–, che ha portato in scena circa 500 eventi culturali, alcuni dei quali davvero indimenticabili, prodotti e presentati dalla nostra istituzione, spesso in collaborazione con partner locali, italiani e internazionali.
Infine, mi emoziona pensare che c’è un piccolo anniversario in avvicinamento anche per me: l’1 giugno saranno nove, intensissimi anni dal mio insediamento alla direzione di Palazzo Grassi. È un tempo felice, pieno di colori e di riflessi: quelli che vengono dal riverbero della luce sulle acque veneziane, ma anche i rispecchiamenti che queste tre istituzioni collegate in un unicum sono in grado di generare in questa città magica. Venezia è per me la città delle sfide e dei progetti, cui oggi si aggiunge l’ulteriore avventura a Parigi, con l’apertura della Bourse de Commerce nel 2020 che disegnerà una dimensione internazionale in collegamento e complementarietà con quella veneziana e forte di tutta l’esperienza e di tutte le risposte che il dinamismo in laguna ci ha permesso di conoscere e sperimentare. In primis, l’esperienza dello stupore.
MI EMOZIONA PENSARE CHE C’È UN PICCOLO ANNIVERSARIO ANCHE PER ME: IL PRIMO GIUGNO SONO NOVE, INTENSISSIMI ANNI DAL MIO INSEDIAMENTO ALLA DIREZIONE DI PALAZZO GRASSI. È UN TEMPO FELICE, PIENO DI COLORI E DI RIFLESSI