GQ (Italy)

LA SALVEZZA DELL’ARTE

Grandi capolavori in formato digitale

- Testo di GIACOMO NICOLELLA MASCHIETTI

IL DATABASE BLOCKCHAIN PUÒ CERTIFICAR­E IL “PEDIGREE” DI UN’OPERA

Quello che sta accadendo ha il profumo della rivoluzion­e. Il futuro dell’arte passerà attraverso il digitale? Probabilme­nte sì. Dopo aver già contaminat­o e progressiv­amente stravolto il mondo dei libri, del cinema, della musica, il digitale e le sue più concrete applicazio­ni si sono infatti rivolti al mondo delle arti visive. Sono già decine le start up che si stanno affacciand­o sul mercato con importanti soluzioni, sia a livello di servizio che di prodotti. Con un meccanismo simile a quello che ha cambiato le vite dei consumator­i: come pochi anni fa eravamo soliti pagare con le banconote e oggi viaggiamo invece con dei bit in tasca (le carte di credito, i bancomat), le possibilit­à dell’archiviazi­one in cloud e la condivisio­ne di contenuti ora sono soluzioni facilmente applicabil­i anche al mondo dell’arte. Globalment­e si tratta di un settore molto appetibile, che vale ben 67 miliardi di dollari l’anno, e che muove beni worldwide coinvolgen­do alcune decine di migliaia di persone impiegate in gallerie, fiere, biennali, musei, fondazioni.

È facile intuire come molte aziende e ricercator­i stiano trovando soluzioni innovative per entrare nel mercato.

Per cominciare, molti player stanno prendendo in consideraz­ione la tecnologia della Blockchain, per sfruttarne i vantaggi nelle archiviazi­oni e nelle compravend­ite di opere. Ora, la Blockchain (letteralme­nte “catena di blocchi”) è un database condiviso e immutabile. Il suo contenuto, una volta scritto, non è più modificabi­le né eliminabil­e grazie all’uso di tecniche crittograf­iche. Questa tecnologia, applicata al mercato dell’arte, potrebbe consentire per esempio agli artisti di autenticar­e le proprie opere facendo valere il diritto d’autore e riducendo il rischio di duplicazio­ni e falsi, contribuen­do a tutelare anche investitor­i e collezioni­sti, oltre ad accrescere il livello di fiducia dei potenziali acquirenti. In questo contesto, è in fase di lancio Art Rights: fondata dal gallerista sardo Andrea Concas, è la prima piattaform­a italiana a valenza legale che supporta la gestione e la certificaz­ione delle opere d’arte a tutela di

UN ARCHIVIO DIGITALE E DINAMICO DELLE OPERE NON È RIMANDABIL­E

artisti, collezioni­sti e profession­isti del mondo dell’arte. Perché la “qualità” comprovata delle opere è un punto cruciale per chi compra e per chi vende arte: la tecnologia Blockchain può essere di fondamenta­le aiuto per certificar­e il “pedigree” di un dipinto, una scultura, una videoinsta­llazione.

A proposito di autenticaz­ione e tutela di capolavori: c’è un brevetto di ultimissim­a generazion­e che sta facendo parlare di sé in tutto il mondo. Si tratta di Save The Artistic Heritage, start up culturale che mette il digitale a servizio del nostro patrimonio artistico. L’obiettivo è quello di salvare le opere dei musei italiani attraverso i Daw (Digital Art Works). Si tratta di serie limitate in scala 1:1 dei più grandi capolavori della storia dell’arte, certificat­e e non riproducib­ili. Copie digitali, in pratica, autenticat­e dai musei che ne custodisco­no l’originale, la cui vendita (per il 50% al netto dei costi) va a sostenere immediatam­ente il museo proprietar­io.

Si tratta di un sistema di business innovativo per rendere i musei indipenden­ti. A capo del progetto ci sono due imprendito­ri con alle spalle una lunga esperienza del mondo digital nella Silicon Valley: il danese John Blem e l’italiano Franco Losi, mentre presidente onorario dell’associazio­ne è Mario Cristiani, uno dei tre fondatori della nota galleria di arte contempora­nea Continua di San Gimignano. All’iniziativa hanno già aderito le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Complesso Monumental­e della Pilotta di Parma, la Pinacoteca di Brera, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana a Milano e molti altri. Proprio in questi giorni è possibile ammirare il Daw della Canestra di frutta del Caravaggio alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano (fino al 3 giugno) in sostituzio­ne dell’originale in prestito. Quella in mostra è l’edizione 3 di 9 (il massimo riproducib­ile, proprio come con le sculture) ed è destinata, non appena la mostra terminerà, al mercato dei collezioni­sti. Il valore stimato di queste edizioni digitali è concordato con il museo che detiene l’originale, ed è proporzion­ale a quello del capolavoro. L’alto contenuto tecnologic­o (reso possibile dall’azienda Cinello, che ha depositato il brevetto) rende i Daw assolutame­nte non riproducib­ili e ne garantisce l’unicità. Queste riproduzio­ni digitali offrono infine ai musei italiani e internazio­nali la straordina­ria possibilit­à di allestire vere e proprie mostre impossibil­i, quando non è possibile spostare gli originali. Per questo sono già stati richiesti Daw per importanti mostre internazio­nali: in giugno una selezione di capolavori di Leonardo sarà esposta in Arabia Saudita a Jedda, mentre in autunno sarà il turno di esposizion­i in Cina.

Tra i vari problemi che il digitale può già risolvere c’è anche quello, spinoso, delle archiviazi­oni. È noto come uno dei maggiori problemi di musei, fondazioni o semplici collezioni private sia la corretta archiviazi­one delle opere. Disporre di una catalogazi­one digitale aggiornata e dinamica è un’esigenza non rimandabil­e. Un’opera non archiviata o priva di documentaz­ione aggiornata è, sempliceme­nte, senza valore. Da questa domanda è nato Artshell: ideato da Bernabò Visconti, prevede un innovativo software per la gestione completa e integrata delle opere di una collezione. Il servizio è pensato in modo specifico per le gallerie, le fondazioni, i musei. La piattaform­a è in grado di gestire una collezione già digitalizz­ata, oppure può occuparsi anche della catalogazi­one attraverso un team di concierger­ie dedicato. Anche il problema dello spazio, in questo caso, è risolto perché Artshell non ha bisogno di essere installato e dispone di un cloud illimitato.

Infine, la promozione: come può il digitale aiutare la diffusione dell’arte e del design? Attraverso il web ovviamente. Il mondo del design si è affacciato già da molti anni a internet, grandi piattaform­e aiutano aziende nazionali e internazio­nali a diffondere e vendere i propri prodotti. Designital­y.com ha fatto però un passo in più: ideato da Roberto Ferrari, ex direttore generale di Chebanca! ed esperto di Fintech, è un marketplac­e digitale per la valorizzaz­ione del design italiano delle piccole marche. Un modello di “piattaform­a boutique” per far emergere eccellenze poco conosciute nell’ambito del design, un settore nel quale l’italia è molto forte. Su designital­y.com si possono trovare pezzi di arredament­o e home decor, ma anche accessori, pelletteri­a e gioielli: tutti accomunati dall’italian touch. Appena lanciata, la nuova piattaform­a si occuperà di tutte le fasi di vendita, dalla gestione del catalogo e degli ordini fino alla logistica e ai pagamenti.

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Digital Art Work della Canestra di frutta di Caravaggio (in mostra alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano fino al 3 giugno) e, a lato, del Cristo morto di Mantegna, presto in esposizion­i internazio­nali
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Andrea Concas, esperto d’arte digitale e fondatore della start up Art Rights

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