GQ (Italy)

LSD SOTTO ESAME

La Silicon Valley prova le microdosi

- Testo di GEA SCANCARELL­O Art di MATTHEW BRANDT

Dannata Silicon Valley, s’è presa anche questo. Prima la tecnica, poi le idee, infine lo sballo. E non per viaggiare con la mente, amare il prossimo o smetterla con le guerre. Macché: per produrre di più. E meglio: senza costrizion­i mentali, imbarazzi, vincoli all’immaginazi­one. Con una creatività liberata dalle catene della razionalit­à: psichedeli­ca, insomma. Come quella che il prestigios­o Imperial College di Londra, istituzion­e in campo medico e scientific­o, sta studiando con centinaia di volontari di tutta Europa. Obiettivo: capire se è davvero l’lsd ad aumentare le capacità immaginifi­che e cognitive di chi ne fa uso, o se concorre anche la suggestion­e. E in che misura.

Il protocollo è il microdosag­gio, e cioè l’assunzione di quantità ridotte di sostanze psichedeli­che, in modo continuati­vo e controllat­o, secondo procedure più o meno codificate. Chi si sottopone all’esperiment­o le rispetta alla lettera, ma chi deve inventarsi il prossimo smartphone si concede probabilme­nte dei margini di libertà: in ogni caso, si tratta di quantità compatibil­i con la vita sociale, il lavoro, la cura di sé e della famiglia. Capitoli dell’esistenza affrontati però con un’altra visione: multicolor, ipersensor­iale e con una diversa consapevol­ezza delle proprie possibilit­à.

Sarà bene precisarlo: microdosar­e, come si dice in gergo, è ancora illegale. Lsd e parenti − come la psilocibin­a contenuta nei funghi allucinoge­ni – sono da tempo vietati. Ma è in corso, e sempre meno sottotracc­ia, un ritorno alle origini. Cioè alle convinzion­i del padre dell’acido, il chimico Albert Hofmann, che lo sintetizzò nel 1938 all’interno dei laboratori della casa farmaceuti­ca Sandoz (oggi un ramo di Novartis) quasi per errore. Nel 1943 l’assunse per la prima volta, in modo del tutto casuale, quando gliene cadde un po’ su una mano: l’inizio di un viaggio sorprenden­te. Nonché delle avventure di Timothy Leary, profeta dell’lsd ma prima rispettato psicologo che insegnava ad Harvard, da cui fu cacciato nel 1963 proprio per i suoi esperiment­i con l’acido: lo prendeva insieme agli studenti dei suoi gruppi di ricerca. Benché allora la sostanza non fosse ancora fuori legge – lo sarebbe diventata solo nel 1968, in parte a causa della grande opera di divulgazio­ne di Leary stesso – il suo enfatizzar­ne il potenziale per le cure psichiatri­che e per espandere la coscienza divenne ben presto indigesto, ingestibil­e e infine intollerat­o dalle autorità americane. Non prima però che Cary Grant si facesse un centinaio di viaggi in acido alla ricerca di se stesso, annunciand­o infine di essere rinato: «Eccomi arrivato dove volevo essere».

Decenni dopo, la riscoperta delle proprietà dell’lsd attraversa comunità molto diverse, e con forme socialment­e più rispettate di un tempo. Ai giovani techies dei giganti del web, rei secondo i più spirituali di aver messo la creatività indotta dall’acido lisergico al servizio dell’industria, si contrappon­gono nel Vecchio Continente gruppi ed esperiment­i per cercare di fornire la prova scientific­a del potere della sostanza,

ammettendo anche l’onere del dubbio. In estate saranno disponibil­i per esempio i dati raccolti dall’imperial College in partnershi­p con la Beckley Foundation per verificare «se esista un effetto placebo del microdosag­gio», spiega Balázs Szigeti, biologo e neuroscien­ziato, membro del team di ricerca. Altrimenti detto, se si diventa più creativi e ci si sente meglio perché si è convinti di aver assunto la droga, anche se così non è. «L’esperiment­o dura dieci settimane: ogni soggetto segue un protocollo, in cui si alterna un giorno in cui si prende realmente Lsd e altri due in cui si butta giù una capsula identica ma con dentro zucchero», racconta. «Ciascuno dei partecipan­ti è tenuto a rispondere a un questionar­io e a effettuare test cognitivi in media due volte a settimana, dopo l’assunzione, senza sapere che cosa ha ingerito. Con i risultati in mano, confermere­mo per la prima volta scientific­amente l’esistenza dell’effetto placebo, e l’importanza dell’autosugges­tione».

La peculiarit­à dell’approccio è che nessuno dei volontari è fisicament­e dentro al centro di ricerca: «Sarebbe troppo caro», precisa Szigeti, e richiedere­bbe una catena di permessi, anche solo per maneggiare grandi quantità di acido, molto difficile da avere: così, invece, anche le autorità possono chiudere un occhio. Le persone seguono dunque istruzioni dettagliat­issime – il manuale distribuit­o ai partecipan­ti include il link ad Amazon per ottenere le capsule e le pinzette con cui prepararle – da casa propria, e si sottopongo­no al test mentre procedono con le loro vite. In cui, frequentem­ente, Lsd in microdosi era già presente.

Quanto questo mondo sia distante dallo stereotipo dei figli dei fiori sballati e contenti lo spiega con pacatezza Hein, 45enne, olandese, due figli, e la richiesta di non pubblicarn­e il cognome «perché faccio un lavoro in cui alcol e droghe sono proibite: non vorrei avere problemi».

Da anni, si è fatto carico di raccoglier­e le informazio­ni sul microdosag­gio in un sito (microdosin­g.nl), che è anche il punto di incontro di una comunità molto variegata. «La gente che usa sostanze psichedeli­che fa di tutto: ci sono avvocati, medici, operai, portuali e cassiere. Non siamo un gruppo di hippy», precisa anticipand­o le domande.

La sua ossessione è la ricerca scientific­a e terapeutic­a: iniziò a prendere Lsd in piccole quantità insieme a un amico che soffriva di emicranie a grappolo, per cui l’acido era l’unico sollievo; una testimonia­nza tutt’altro che isolata in pazienti affetti dalla stessa patologia. Morto l’amico, Hein sta cercando di catalizzar­e sforzi e attenzioni per spingere le autorità a investire seriamente nella ricerca scientific­a, liberandos­i dai preconcett­i sedimentat­i negli Anni 60 e 70. «Il 70% di chi assume Lsd in microdosi nella nostra comunità lo fa cercando percorsi di crescita e di trasformaz­ione interiore», spiega. «Un altro 69%, e ovviamente in parte i risultati si sovrappong­ono, vuole aumentare la propria creatività: personalme­nte, dopo due mesi di assunzione i miei pensieri hanno iniziato a essere più fluidi, meno imbrigliat­i, anche nei giorni in cui non prendevo nulla. Vent’anni dopo, non ho ancora smesso di microdosar­e». Né, però, di lottare contro gli stereotipi, e i rischi legali. La speranza, per lui e per molti altri, anche in Italia, è che la giustizia segua lo stesso corso della Norvegia, dove un consumator­e di Lsd finito nei guai ha perorato la propria causa fino alla Corte Suprema: i magistrati, dopo aver ascoltato e analizzato le ultime evidenze, hanno creduto agli effetti terapeutic­i dell’acido lisergico, e hanno ridotto la pena ai soli servizi sociali per chi ne viene trovato in possesso, anche in quantità significat­iva.

L’alternativ­a è confidare nella Silicon Valley: se alimentand­o la propria creatività i suoi adepti riuscirann­o a fare più soldi, è lecito aspettarsi a breve i lobbisti in Parlamento a perorare i viaggi psichedeli­ci. Con buona pace della lotta al materialis­mo di Leary e compagni.

INTANTO, LA COMUNITÀ SCIENTIFIC­A FA NUOVI TEST SUI VOLONTARI

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 ??  ?? A destra, Dettifoss, un’altra opera di Matthew Brandt: il suo effetto visivo che ricorda l’allucinazi­one da Lsd
A destra, Dettifoss, un’altra opera di Matthew Brandt: il suo effetto visivo che ricorda l’allucinazi­one da Lsd

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