LORENZO GIUSTI
Come si cura la GAMEC di Bergamo
Jenny Holzer è la santa protettrice di Lorenzo Giusti, 42 anni, il direttore di un museo, la GAMEC, che la riporterà in Italia dopo molto tempo: precisamente a Bergamo, dal 30 maggio all’1 settembre, nella Sala delle Capriate di Palazzo della Ragione. Holzer è l’artista dei Truisms, brevi frasi impattanti, forma estrema di riflessione. Uno di questi, Protect me from what I want, «proteggimi da cosa voglio», è stato a lungo l’immagine del profilo Instagram di Lorenzo Giusti. Quest’anno Jenny Holzer è anche al Guggenheim di Bilbao e alla Tate di Londra. Lei perché l’ha voluta?
È un’artista straordinaria, con un lavoro attuale: agisce sulla comunicazione, contro la banalizzazione e la mistificazione dei messaggi. Le ho chiesto di sviluppare un tema che le è caro: la crisi migratoria. Lo farà con una grande installazione, che prevede la proiezione di testi e poesie di autori italiani da Amelia Rosselli a Pier Paolo Pasolini, e stranieri, tra cui James Schuyler. Al centro della sala ci saranno nove panchine in marmo, messe in cerchio, prodotte con la Fondazione Henraux, che avranno incisi sulla seduta altri testi. Sarà un grande ambiente per l’esercizio del pensiero critico.
Lei è direttore della GAMEC da un anno e mezzo: come è andata, fino a oggi? Abbiamo puntato sul confronto tra contemporaneo e moderno: più che celebrare figure
STUDIANDO IL CONTEMPORANEO IL “PRIMA” TROVA RAGIONI NEL “DOPO”
già note, abbiamo cercato di riscoprire esperienze innovative e attuali. Come Gary Kuehn l’anno scorso e, adesso, Birgit Jürgenssen. Con progetti che sono nati dalla collaborazione con gallerie e musei internazionali, collegando Bergamo con il resto del mondo. Un nuovo corso che coinvolge anche la struttura?
Abbiamo recuperato le forme e i colori con cui Vittorio Gregotti aveva ristrutturato l’antico Convento delle Servite, all’inizio degli Anni 90: sono tornati il grigio antracite e la luce naturale in alcuni spazi.
Anche il patrimonio della galleria è stato riorganizzato.
La nostra collezione è composta da opere donate da collezionisti privati. Si va dai maestri del Novecento − Kandinsky, Morandi, De Chirico − agli artisti contemporanei internazionali. Una ricchezza eterogenea, difficile da trattare. Da qui, la scelta: liberare gli spazi della collezione permanente per destinarli alle attività didattiche, affacciate sulla piazza, mostrando così un museo sempre vivo. Così nasce il progetto di Collezione impermanente?
Potremmo definirla “neoistituzionalista”: interpretiamo la collezione come una macchina del tempo evocatrice di memorie. Creiamo ogni volta percorsi nuovi. Sempre trovando un dialogo tra locale e globale.
Non bisogna essere una capitale per avere voce nell’arte contemporanea. Ho due considerazioni. La prima: l’italia non è come la Francia, che ha una vocazione centralista. Da noi la provincia resta sempre una grande ricchezza, anche in termini di produzione e proposta. La seconda: Bergamo offre molto dal punto di vista paesaggistico e della storia. Ed è sempre stata audace nelle sue scelte: una realtà che va fatta conoscere.
Come ci riuscirete?
Creando un ponte tra l’antico e il contemporaneo. È il progetto dell’estate: favoriremo il collegamento tra piazza Vecchia e piazza Carrara, dove ha sede la Galleria. Un percorso pedonale per conoscere la città, le sue architetture, i suoi sentieri interni. Questo ponte avrà il suo fulcro nel Palazzo della Ragione, che da giugno a settembre diventerà uno spazio satellite della GAMEC e ospiterà importanti progetti d’arte contemporanea, come quello di Jenny Holzer. Gli affreschi staccati del Bramante, dentro la Sala delle Capriate, faranno da sfondo alle straordinarie proiezioni dell’artista.
Quanto contano le scelte coraggiose nel costruire il calendario di un museo? Sono fondamentali, specie per le istituzioni che hanno la propensione verso la ricerca. Ma occorre dare al pubblico le chiavi di lettura. Se no rischiamo di correre troppo avanti, girarci e scoprire che siamo rimasti soli.
Cos’è oggi la contemporaneità?
Non è sinonimo di presente. Studiando il contemporaneo si può non soltanto comprendere meglio quanto già accaduto e coglierne aspetti inediti, ma anche capire come il “prima” trovi ragioni nel “dopo”, e come lo spessore storico del passato sia mutevole. L’arte scaturisce ancora dai luoghi che la ospitano?
In un’epoca post-digitale i musei potrebbero sembrare sempre meno legati ai luoghi in cui operano, in realtà bisogna favorire il contrario. L’arte è spesso svincolata dai luoghi, ma è nei luoghi che trova senso e ragione.