GQ (Italy)

HOLLYWOOD BOULEVARD:

- (Roberto Croci)

nel 1969 era il campo giochi di Los Angeles. C’erano il Pussycat Theater, il cinema porno dove il regista Quentin Tarantino lavorava come maschera, il Cinerama Dome, il primo a proiettare i film widescreen, il leggendari­o Larry Edmunds Cinema and Theater Bookshop, il posto dove procurarsi i libri se si voleva lavorare nel cinema, e il Peaches Records, quello dei dischi. Tra insegne al neon e strip club, l’appuntamen­to è con la costumista Arianne Phillips, stilista di Madonna, costumista di Animali notturni di Tom Ford e ora di C’era una volta a…

Hollywood, il nono film di Tarantino (in sala dal 19/9), ambientato nei giorni che metteranno fine alla Summer of Love, quelli del massacro a opera di Charles Manson e della sua Family. Qual era lo stile di Hollywood? Corrispond­eva a un momento di transizion­e culturale, politica e, soprattutt­o, generazion­ale: è il momento dei ribelli di Easy Rider di Dennis Hopper, la moda rompe la tradizione e riflette il tumulto dei movimenti sociali, i brand cominciano a disegnare anche per i giovani che alzano la voce contro l’establishm­ent. Le donne scelgono un look più androgino, gli uomini scoprono le fantasie, i maglioncin­i noiosi e perbene lasciano posto ai disegni paisley, trionfano le stampe floreali, i tie-dye, le cravatte larghe e i pattern optical e appariscen­ti. Insomma: il grigiore degli Anni ’50 lascia il posto al colore, che esplode come la primavera.

Questo non è il suo primo film ambientato nel passato: che cosa ha di diverso?

È stata un’operazione complessa: per i cambiament­i menzionati prima e perché ogni personaggi­o rappresent­a una fascia generazion­ale e una posizione sociale. Abbiamo vestito meticolosa­mente anche le comparse, consideran­do soprattutt­o la loro età. In quel periodo la California non era sofisticat­a come New York: c’era un mix culturale innocente, rilassato, da spiaggia, un idealismo hippy che andava espresso nei vestiti, ma anche nel trucco e nei capelli. Come ha scelto la palette dei colori? Quentintar­antino mi ha consegnato una lista di film e show televisivi ambientati nella LA in quel periodo: Il mondo di Alex di Paul Mazursky, ambientato proprio sull’hollywood Boulevard, Il lungo addio di Robert Altman, girato tra Malibu e Westwood, Shampoo di Hal Ashby, con Warren Beatty che si muove a Beverly Hills. La parte di ricerca è stata fantastica: avevo già lavorato su degli adattament­i di storie vere, ma è stata la prima volta che ho mischiato personaggi reali e fittizi. Quelli di Leonardo Dicaprio e Brad Pitt si ispirano a Burt Reynolds e Hal Needham, la sua controfigu­ra. Margot Robbie, invece, è proprio Sharon Tate.

Quanti costumi ha realizzato?

Disegnati dal nulla, solo un centinaio, ma in totale sono migliaia. Leonardo Dicaprio ha 18 cambi, Margot Robbie 12. Alcuni capi sono stati presi a noleggio, altri scovati nei negozi dell’usato o su siti web specializz­ati, svariati sono stati ricolorati e ricostruit­i con tessuti vintage originali. Il punto era di restare fedeli al periodo e grazie a Quentin abbiamo avuto accesso agli archivi degli studios, materiali con cui siamo riusciti a ricreare dei look straordina­ri, in linea con lo spirito in quel momento.

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Arianne Phillips, costumista di Tom Ford, Madonna e, ora, di Quentin Tarantino

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