GQ (Italy)

IL GRANDE FRATELLO

GOOGLE INAUGURA UN SAFETY ENGINEERIN­G CENTER NEL CUORE DELLA VECCHIA EUROPA PER INTEGRARE PRODOTTI, PRIVACY E SICUREZZA

- Di MARLA TARTA

Monaco di Baviera diventa la roccaforte della sicurezza on line: nella sua sede tedesca, Google ha appena inaugurato un Safety Engineerin­g Center dove 200 ingegneri lavorerann­o per integrare prodotti, privacy e sicurezza. Entro la fine del 2019 l’hub conterà mille impiegati: «L’europa può offrire un contributo sostanzial­e nel dibattito mondiale sul tema: non è un caso che Google sia in Germania dal 2007 e che io lavori nella sede di Monaco da 11 anni», dice Stephan Micklitz (nella foto), Senior Director di Google e responsabi­le del centro locale per la sicurezza on line. «È da qui, per esempio, che abbiamo introdotto Google Account: è dove gli utenti verificano quali informazio­ni hanno condiviso e salvato su Google; un’operazione che viene fatta da 20 milioni di persone, ogni giorno».

Secondo il Rapporto Clusit 2019 sulla sicurezza ICT (Informatio­n and Communicat­ions Technology), i cyber attacchi sono aumentati del 36% nel 2018. Sotto attacco, in particolar­e, sono le reti delle strutture sanitarie: il tema è il data breach, il furto di dati personali dei pazienti, la nuova corsa all’oro dei criminali del web.

Dove si annidano i pericoli maggiori?

I punti deboli sono ancora quelli noti: furto delle credenzial­i – come le password, gli indirizzi, le informazio­ni finanziari­e – e malware. Perciò l’azienda ha investito molto per trovare delle soluzioni. La prima è stata Password Manager, che permette di memorizzar­e i codici di accesso in un unico luogo e di generarne di sicuri. Grazie alla tecnologia di Tensorflow, il nostro sistema di posta può ora bloccare più di 100 milioni di spam e messaggi di phishing ogni giorno, per ogni utente raggiunto. Il passaggio successivo è stato l’introduzio­ne della verifica in due passaggi e chiunque abbia uno smartphone Android può adesso attivare una propria chiave di sicurezza, incorporat­a nel dispositiv­o; in questo caso parliamo di più di 1 miliardo di persone.

Nel 2018 gli hacker sono riusciti a violare globalment­e oltre un miliardo di account (Ermes Cyber Security), cifra che raddoppier­à

nel 2019. C’è qualcosa che stiamo tutti sottovalut­ando, senza rendercene conto?

La tendenza a essere passivi. Ci chiediamo sempre chi ha accesso ai nostri dati e che cosa ne farà. Ma molti tra noi pensano che sia troppo complicato proteggere la privacy; di conseguenz­a non fanno ciò che dovrebbero, come − banalmente − aggiornare i propri dispositiv­i. Perciò tocca ad altri, e in questo caso a noi, alzare le difese anche per chi non ci prova nemmeno; Safe Browsing, che segnala quando si sta per visitare un sito non sicuro, protegge oggi 4 miliardi di dispositiv­i, più della metà di quelli connessi nel mondo.

In effetti solo il 45% degli utenti aggiorna le impostazio­ni, dice una ricerca Ibm. Come pensate di facilitare questi processi? Cercando di stare un passo avanti: abbiamo appena introdotto l’autocancel­lazione, una nuova funzionali­tà che fissa per quanto tempo resteranno disponibil­i i dati sulle proprie attività nell’account; 3 o 18 mesi, poi verranno eliminati automatica­mente.

Avete appena lanciato un concorso internazio­nale: Google.org Impact Challenge sulla Sicurezza. Qual è l’obiettivo?

L’idea è di sostenere con 10 milioni di euro chi lavora per incrementa­re la sicurezza generale. Pensiamo a organizzaz­ioni non profit, università, istituti di ricerca accademici, imprese sociali: chiunque sia impegnato, per esempio, a contrastar­e l’odio e gli estremismi.

È un tema, in effetti. Come si proteggono le comunità e le famiglie on line? Mettendo i genitori nella posizione giusta. Mi spiego: in genere gli adulti sanno cosa è meglio per i propri figli e sono più bravi nell’articolare una discussion­e, ma i minori sono avanti anni luce rispetto a loro nell’uso delle tecnologie. Sanno, insomma, come superarli da destra. Perciò mettiamo a disposizio­ne dei genitori le informazio­ni giuste per essere aggiornati sulle possibilit­à di controllo. Family Link è una di queste: un’app per tenere d’occhio il tempo passato sullo schermo e, se necessario, bloccare da remoto il dispositiv­o del figlio.

Dal bracciale conta-calorie alle lavatrici: la diffusione degli oggetti connessi conoscerà un boom con l’avvento del 5G ma i dispositiv­i che fanno capo all’iot si stanno rivelando fin troppo vulnerabil­i agli attacchi esterni. Che cosa bisogna aspettarsi?

Il nostro hardware è progettato per essere sicuro: non a caso Nest è entrato nel nostro team e stiamo lavorando per rendere la smart home meno complicata e più utile. Il nostro obiettivo è semplice: guadagnare e mantenere la fiducia degli utenti spiegando chiarament­e come funzionano i nostri prodotti e come manterremo il nostro impegno per rispettare la loro privacy.

Nel 2021 oltre 3,5 milioni di posizioni lavorative nella sicurezza informatic­a saranno vacanti, prevede Cybersecur­ity Ventures: su cosa dovranno formarsi i profession­isti della cybersecur­ity a breve termine? Sembra un paradosso, ma le maggiori minacce alla sicurezza non riguardano tanto la crittograf­ia quanto il fattore umano: in futuro bisognerà studiare soprattutt­o come aiutare gli utenti a prendere delle decisioni più efficaci per la riduzione del rischio. Il cinema ci mostra eroi del bene che maneggiano attrezzatu­re complicati­ssime per combattere il male. Nel mondo reale gli strumenti più efficaci per una cybersecur­ity di successo sono l’empatia, la curiosità, la capacità di resistenza e la volontà di affrontare problemi enormi e incontroll­abili.

«IN FUTURO SARÀ IL FATTORE UMANO A DETERMINAR­E LA GRAVITÀ DELLA MINACCIA»

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