LE PAROLE DELLA PASSIONE
Siccome nasce come poesia d’amore, questa poesia è politica: il sottotitolo del nuovo libro, Giardino della gioia, è anche il manifesto poetico-sentimentale di Maria Grazia Calandrone, una delle poetesse più rappresentative della sua generazione: 54 anni, romana, da tempo tiene anche laboratori in scuole e carceri, conduce programmi Rai e collabora con l’attrice Sonia Bergamasco, per la quale ha composto numerosi monologhi.
In un momento d’oro per la poesia a livello internazionale (i dati più recenti riguardano la Gran Bretagna, che nel 2018 ha fatturato 12,3 milioni di sterline, il doppio rispetto al 2012), il “sottogenere” sull’amore continua a occupare i primi posti delle classifiche anche in Italia, dove da anni svettano appunto titoli come Cento poesie d’amore a Ladyhawke di Michele Mari e Folle, folle, folle di amore per te di Alda Merini. «C’è una parte dell’essere
C’È UNA PARTE DELL’ESSERE UMANO CHE È IMMUTATA NEL TEMPO. L’AMORE E LA POESIA SI RIVOLGONO PROPRIO A QUELLA PARTE LÌ
umano che è immutata nel tempo», spiega Maria Grazia Calandrone, «e l’amore e la poesia si rivolgono a quella parte lì. A cambiare semmai sono i codici: in una società narcisista, la poesia d’amore è depressa, lagnosa, non certo quel canto della “vita nova” che era per Dante». Nessuna evoluzione dai tempi di Saffo, quindi. «La poetessa greca, disperata perché la donna amata sta per sposare un uomo, oggi scriverebbe le stesse cose. Proprio perché la poesia d’amore parla alla parte immutabile di noi e quindi il suo è un linguaggio eterno. Che non vuol dire aulico, ma aderente all’essere umano».
Lontana anni luce dalla logica “posta & fuggi” degli insta-poet, che pure hanno avuto il merito di avvicinare i Millennial a questo genere letterario, la Calandrone non è ostile al fenomeno: «Ben venga qualunque mezzo di diffusione, anche se Internet è ormai il fast food della poesia. I social non permettono l’approfondimento e il silenzio necessari».
Nel Giardino della gioia spicca una frase: «Non voglio innamorarmi, innamorarsi porta un sacco di strane malattie, tipo l’ottimismo eccessivo». A scriverla è stata in realtà la figlia della poetessa, Anna, 9 anni: «E ha ragione! Quando lo si analizza, il sentimento amoroso è grottesco. Lo ha scritto anche Pessoa: “Tutte le lettere d’amore sono / ridicole. / Non sarebbero lettere d’amore se non fossero / ridicole”». Se le rileggi da disinnamorato, infatti, non ti riconosci, sembri ubriaco».
Per un poeta, la parola amore non è mai scontata. Secondo Maria Grazia Calandrone ne esistono almeno due tipi: «L’amore-rivoluzione, che mette delle mine nella tua realtà, che ti sconvolge. È l’amore creativo, che ti porta a entrare in contatto con tutto». E il secondo? «È il disamore, l’amore che diventa rifiuto, al quale non ci si rassegna, “quest’oro che non sa morire”, dico io. Si provano un mucchio di strade per uscirne, il lavoro, la realtà, ma poi arriva il “vaffanculo”, la parte finale, quella che la poesia sa dire meglio. È a questo punto che quel canto deve trasformarsi in amore per il mondo». Ed è qui che la poesia d’amore diventa politica? «Il sentimento dell’amore, se è vero, non può che essere circolare, onnicomprensivo, accogliente. Se uno approfondisce l’amore attraverso la poesia arriva a sentire che siamo tutti uguali. Quella è la meta, “l’intelletto d’amore” di cui scriveva Dante». Rispetto a Paesi come gli Stati Uniti, in Italia la poesia civile è poco praticata e tenuta separata da quella d’amore: «Da 70 anni siamo in uno stato di pace apparente e, dopo Pasolini, quasi nessuno ha più sentito il bisogno di fare poesia civile. L’incipit del suo Il pianto della scavatrice, è “Solo l’amare, solo il conoscere / conta, non l’aver amato, / non l’aver conosciuto”. Parla sì d’amore, ma è anche un canto alle periferie romane. Se l’amore ti ha modificato, non puoi che scrivere poesia politica». Fare (e leggere) poesia d’amore diventa quindi importante anche, e soprattutto, oggi. «Sì. Siamo in una vera emergenza. È indispensabile che i poeti prendano la parola e che trasformino il loro impulso amoroso in impegno civile. Se no che cosa ci stiamo a fare? Poesia di ricerca stando attenti a virgole e punti? Non ne posso più di queste cose, non è proprio più il momento». Quanto alle poesie d’amore che consiglia, e che lei ama di più: «Oltre alla Divina Commedia, i sonetti in cui Pasolini canta la crudeltà del borgataro Ninetto Davoli, che lui amava ma che decise di sposarsi con una donna. Sono versi strazianti, bellissimi».
Eccone alcuni dal Sonetto 25: “Voi (crudelmente) non volete saperne / di questo. «Ah – dite – lo vedi come sei?». / E io terrorizzato alzo i miei lai / coinvolgendo il cosmo – dall’inferno / maledico il riso senza cui però non vivrei”.
L’AMORE, SE È VERO, NON PUÒ CHE ESSERE CIRCOLARE, ONNICOMPRENSIVO, ACCOGLIENTE. SE UNO APPROFONDISCE QUESTO SENTIMENTO ATTRAVERSO LA POESIA ARRIVA A SENTIRE CHE SIAMO TUTTI UGUALI. QUELLA È LA META