MICK SCHUMACHER
Il ragazzo è già in Ferrari, e ha tutta l’intenzione di emulare papà Michael
Il suo cognome è famoso in tutto il mondo, ma la vita di Mick Schumacher è stata a lungo nascosta. Nessuna uscita pubblica, pochissime foto. Quando ha iniziato la sua carriera di pilota automobilistico, sulle orme del padre leggendario (Michael, 50 anni), ha perfino usato uno pseudonimo. Ma nel frattempo Mick è diventato troppo forte in pista per poter continuare a nascondersi. A vent’anni sta per fare il grande salto in Formula 1, dove la Ferrari lo ha messo sotto contratto come collaudatore. Al Gran Premio di Germania, a Hockenheim, ha guidato la F2004 con cui suo padre fu campione del mondo, facendo venire la pelle d’oca a milioni di fan in tutto il mondo. E ora Mick Schumacher, per la prima volta è pronto a parlare di sé: in questa intervista esclusiva racconta che cosa lo spinge, quali sono i suoi sogni e come porta avanti il mito di Schumi.
Le gare di corsa e la moda vanno a braccetto da molto tempo. Chi sono i suoi modelli di stile? Chi la ispira al di fuori del mondo della velocità?
Il mio modello è mio padre, dentro e fuori dal mondo delle corse. Quanto allo stile, ritengo che ognuno debba avere il diritto di vivere il proprio come desidera.
Come si concentra sulla gara?
Prima della partenza, per me sono fondamentali il silenzio e la tranquillità. Nessuno stress inutile deve raggiungermi dall’esterno prima di salire in auto. Poi, naturalmente, c’è la tensione della squadra, per questioni tecniche oppure quando le condizioni cambiano all’improvviso. Ovviamente questo è inevitabile, fa parte del gioco. Per il resto: mi concentro completamente su quello che mi aspetta.
«IL MIO MODELLO È MIO PADRE, DENTRO E FUORI DAL MONDO DELLE CORSE»
I piloti sono sempre in competizione. Come si pone nei confronti dei colleghi? Ha amici tra di loro?
Una cosa non esclude l’altra. Ci conosciamo tutti da tempo, siamo quasi cresciuti insieme e naturalmente si stringono amicizie. Certo, in gara tutti vogliamo superare gli altri e non si fanno sconti a nessuno. Quindi competere nella stessa categoria può diventare
difficile. Appena indosso il casco, io entro in modalità competizione.
Lei è tedesco, cresciuto in Svizzera e durante l’infanzia è stato spesso circondato da italiani, datori di lavoro di suo padre. Come l’hanno formata queste diverse mentalità? Si sente europeo? Vivo in un ambiente internazionale e penso sia arricchente avere a che fare con persone e culture diverse. Da quando sono nell’automobilismo ho sempre corso per team italiani – a parte un anno con Amersfoort, una squadra olandese – per cui lavorano ingegneri, meccanici e tecnici di molte nazionalità differenti. È molto appassionante. C’è tanto da imparare.
«APPENA INDOSSO IL CASCO ENTRO IN MODALITÀ COMPETITIVA»
A Hockenheim ha guidato l’auto di suo padre davanti a un pubblico di milioni di appassionati. Come si è sentito?
È stato un momento importante, un’esperienza incredibile. Poter guidare quest’auto – che probabilmente è ancora una delle più veloci e di sicuro una di quelle che hanno avuto maggior successo – è stato per me un onore. Come pilota, è stato fantastico capire com’erano le auto di quegli anni. Solo sentire il suono del motore è stata un’esperienza emozionante. Sono grato di aver avuto questa possibilità.
È il quinto anno che corre con il suo vero cognome. Cosa è cambiato? Soprattutto che sono passato dal karting alla Formula. È stato un grande passo, il primo nel mio percorso verso la F1. Per il resto, sapevo bene chi ero anche quando utilizzavo pseudonimi.
È interessante che lei abbia scelto lo stesso lavoro di suo padre. Avrebbe potuto rendersi la vita più semplice... Non ho mai voluto fare altro nella vita. Fin da quando ero bambino non riuscivo a immaginare niente di diverso per il mio futuro. Sono consapevole del fatto che molti continueranno a paragonarmi a mio padre, ma per me questo non è affatto un problema. Anzi, è bello essere paragonati al migliore. E se il “migliore” è addirittura tuo padre, tutto acquisisce ancora più senso. Sono molto orgoglioso dei suoi risultati.
Lei porta avanti il mito di Schumacher alla generazione successiva. Perché è così importante per lei?
Non mi sembra una questione così esorbitante, cerco solo di realizzare il mio sogno. Ma posso dire che il nome Schumacher non è legato solo al successo, ma anche alla passione e alla lealtà verso se stessi e al rispetto e l’umanità nei confronti degli altri. Questi sono i valori che voglio portare avanti. Suo padre debuttò in Formula 1 quando aveva appena ventidue anni. La sua intenzione è di fare lo stesso?
Assolutamente sì. Anche se l’età conta fino a un certo punto rispetto al traguardo.
Che cos’ha imparato da suo padre, della vita e delle corse? C’è qualche trucco che le ha trasmesso?
Come ho detto, mi ha insegnato il rispetto degli altri. E che l’automobilismo non è fatto solo dal pilota, perché si tratta sempre di un lavoro di squadra. E quindi, nel caso, di un successo di squadra.
Qual è il suo obiettivo, nelle corse? E che cosa la spinge?
Il mio obiettivo è semplice: diventare campione del mondo di Formula 1. E a spingermi è semplicemente il fatto che amo quello che faccio.
Come riesce a compensare l’impegno delle corse? Quali sono i suoi hobby? Cerco di passare più tempo possibile con la mia famiglia. Inoltre faccio molto sport: vado in palestra, in bicicletta e a nuotare. I piloti sono seguiti dai tifosi come se fossero rockstar. Che effetto le fa?
Per me non è così. Davvero, non posso dire di essere così seguito.
Quanto tempo trascorre su Instagram? Piuttosto poco, a essere onesto.
Che musica le piace? Chi c’è nella sua playlist al momento?
Non ho gusti definitivi, mi piacciono le canzoni del momento e mi capita di cambiare spesso genere musicale.
Quale serial l’ha appassionata di più, ultimamente?
One strange rock, un po’ anche grazie alla presenza di Will Smith.
Di recente ha sviluppato un’importante massa muscolare. Si allena molto? Tutti i giorni, perlomeno quando ho il tempo di farlo. A volte non riesco perché sono in viaggio, o per altri impegni di lavoro. Ma non è un aspetto da sottovalutare, è fondamentale che un pilota sia sempre in perfetta forma fisica.
Che cosa ordina a pranzo, quando decide di permettersi qualche sgarro? Dipende da cos’ho in programma per il giorno dopo.
Pilotare un’auto da corsa è tra gli sport più maschili in assoluto. Quali sono gli elementi che definiscono l’uomo del 2019 per lei?
Gli stessi degli anni precedenti: rispetto e affidabilità.
Se la carriera di pilota non avesse fatto per lei, quale sarebbe stato il suo piano B? Ci ha mai pensato?
No. Non ho nessun piano B e non l’ho mai avuto. Sono dell’idea che, se c’è un piano B, non si persegue al massimo il piano A. Quali sono i suoi modelli, al di fuori dell’automobilismo?
Come ho detto, il mio modello è mio padre. Ed è più che sufficiente.
Se potesse avere un superpotere, quale sceglierebbe?
Facile: sceglierei l’intero pacchetto.
«IL MIO OBIETTIVO È SEMPLICE: DIVENTARE IL CAMPIONE DEL MONDO DI F1»