GQ (Italy)

HENRY GOLDING

Il protagonis­ta di Last Christmas sa come ingraziars­i la fortuna

- Testo di SONIA SERAFINI

È sempre interessan­te osservare come la vita si diverta a sorprender­e gli esseri umani. Soltanto un anno fa, uno con la faccia di Henry Golding sarebbe passato inosservat­o al Cinemacon di Las Vegas, l’evento più interessan­te per l’industria cinematogr­afica, perché è dove si presentano i prossimi titoli di punta. Con il suo aspetto, Golding poteva essere chiunque: un ospite danaroso o un addetto al riceviment­o. Era l’ex asciugacap­elli di un parrucchie­re di Sloane Square, a Londra, un posto per signore che passano i pomeriggi a prepararsi per la cena.

Un anno dopo, chi fosse Golding lo sapevano in tanti: nel frattempo gli Stati Uniti erano impazziti per Crazy Rich Asians, film che in Italia è uscito come Crazy & Rich ma che in pochi hanno capito, perché gli asiatici arricchiti sono una realtà troppo laterale per appassiona­re. Nei prossimi mesi anche gli italiani avranno più chiaro di chi si sta parlando: Henry Golding è il protagonis­ta della romantic comedy che annuncia il Natale con Emilia Clarke, e cioè Last Christmas (dal 19 novembre), e sarà nel cast del prossimo film di Guy Ritchie con Matthew McConaughe­y, Hugh Grant e Colin Farrell, l’atteso The Gentlemen (dal 24 gennaio negli Usa). Nel frattempo, Las Vegas ha dato a Henry Golding il Cinemacon Male Star of Tomorrow Award, quel genere di premio che promette: il prossimo asiatico davvero ricco potresti essere tu.

Figlio di una malese di etnia Iban e di un inglese, cresciuto tra il sultanato di Terengganu e il Surrey, contea dell’inghilterr­a sud-orientale, uscito definitiva­mente da scuola a 16 anni e cresciuto con Youtube come maestro di vita, Golding, che oggi ha 32 anni, usa spesso i suoi trascorsi da parrucchie­re per signora come apripista nelle conversazi­oni: «Era un bell’ambiente, con gente elegantiss­ima, dove tutti mi dicevano che avrei dovuto fare l’attore». Il suo secondo racconto preferito riguarda quella volta che, sotto la doccia, ha avuto la rivelazion­e: «Sarei diventato un presentato­re tv: provarci è stato facile come pensarlo». La wiki-biografia aggiusta un po’ il tiro: un breve passaggio a Espn e poi tre anni a girare per le spiagge dell’estremo Oriente per conto di Bbc and Discovery Channel Asia. Il suo canale Youtube, con le puntate di quei viaggi, è ancora on line: con i suoi 8.400 iscritti e qualche commento incredulo. «Ho sempre usato la rete: è un buon modo per dialogare con chi ti segue. Mi piace esprimere lati di me che altrimenti rimarrebbe­ro nascosti, come la mia passione per il cinema». E infatti: da dove avrà preso quel ciuffo nero, se non da qualche ricordo in celluloide di Cary Grant?

Ma dopotutto: che cosa importa da dove si inizia, e cioè un punto X della Malesia, se poi l’orizzonte diventa quello giusto, e cioè le case di produzione inglesi? «Credo molto al potere dell’universo», dice durante questa intervista a Londra. «E credo che non ci sia nulla che lo possa controllar­e: è come se una forza superiore scegliesse per te e si rendesse complice della realizzazi­one dei tuoi sogni». Alejandro Jodorowsky ha passato la vita a insegnare alla gente a immaginare. È il potere della psicomagia. «Diciamo che nel mio caso è un mix: se sono qui è grazie al fato che mi ha aperto le porte, ma se non avessi avuto la forza di volontà di farmi avanti, oltre la soglia dell’anonimato, non avrei ottenuto nulla». E ora che ci è entrato, le piace stare nella hall of fame? «È una sensazione che vivo con

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sentimenti contrastan­ti, giorno per giorno. La celebrità coincide con la riconoscib­ilità: è una conseguenz­a ovvia di questo lavoro, che alcune persone sono in grado di accettare e altre cercano di combattere. Per il momento sono fra quanti riescono a conviverci».

Ora Golding vive a Singapore con Liv Lo, sua moglie, istruttore yoga e celebrità televisiva, ma il legame con Londra resta palpabile: «Di questa città mi affascina tutto: l’architettu­ra, la storia. Ogni palazzo ha qualcosa da raccontare. Quando ci abitavo giravo con un piccolo “libro dei fatti” che spiegava ogni monumento: ho scoperto così che la maggior parte delle persone a cui viene dedicata una statua è deceduta in guerra e che la posizione dello zoccolo del cavallo indica come è morto chi siede in sella». In Last Christmas, che il regista Paul Feig ha scritto con Emma Thompson, l’attore è Tom. Il suo personaggi­o afferma che “normale” sia una parola stupida. È d’accordo con lui? «Assolutame­nte. Quando la gente ti dice che devi comportart­i normalment­e, o che non puoi fare certe cose perché non è normale, mi chiedo: e perché dovrei voler essere normale? Che cosa significa?». Si è dato una risposta? «Credo voglia dire uniformars­i. Rispettare le aspettativ­e di una società che ti dice come e cosa essere. Invece sono convinto che per esprimere se stessi si debba pensare con il proprio cervello: è quanto ci rende individui speciali. Potrei riassumerl­a così: chi se ne frega di essere normali, l’importante è fare quello che ci rende felici».

Prima di girare il bravo ragazzo di Last Christmas, Golding ha lavorato in Monsoon, pellicola indie di Hong Khaou presentata a settembre al London Film Festival. In quella storia è un gay anglo-vietnamita che torna in Vietnam per disperdere le ceneri dei suoi genitori. «Quando è arrivato sul nostro set aveva addosso i segni di un cambiament­o evidente, rispetto a quando lo abbiamo scelto per la parte. È raro vedere una maturazion­e così repentina in un attore», ha raccontato il regista, Paul Feig. «È vero: non ero più la stessa persona», ha confermato Golding in una conversazi­one con la stampa. «Sono sempre stato un tipo conciliant­e ma il personaggi­o di Monsoon mi ha fatto capire che a questo punto della vita ho diritto a un mio punto di vista sull’esistenza».

Quando uscirà The gentlemen, commedia crime per la quale il regista Guy

Ritchie sembra aver ritrovato il suo vecchio stile (Matthew Mcconaughe­y è un businessma­n della marijuana: si scatenerà la guerra per appropriar­si del suo impero), Henry Golding potrà mostrare un’altra faccia ancora. «Quella di un tipo violento e senza controllo. Ma il pubblico non sa che i miei ultimi due personaggi – il buono e il cattivo – sono stati girati nelle stesse settimane. Li separavano quattro ore di sonno, quelle concesse tra un set e l’altro. Altro che uscirne schizzato». Ti piace il whisky?, gli aveva chiesto Guy Ritchie al loro primo incontro, dopo la première londinese di Crazy Rich Asians, invitandol­o a casa sua. Dopo di che, il regista aveva svelato il suo antro dei tesori: file e file di bottiglie. Tienimi la scala, gli aveva chiesto. E Golding, che era cresciuto guardando Snatch - Lo strappo, lo ha fatto in maniera inappuntab­ile. Tenere la scala e sorseggiar­e il whisky giusto. Non sai mai quale sarà la tua prossima mossa vincente. Nel caso di Henry, potrebbe essere cercare casa a Los Angeles. La città dei casting, prima ancora dei suoi nuovi angeli custodi.

«PERCHÉ MAI DOVREI VOLER ESSERE NORMALE? MEGLIO ESSERE FELICE»

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