CIELO, SUO MARITO
Come si diventa il principe Filippo in The Crown
Sono in cinque e li si può trovare chiusi nella loro tana, nel seminterrato della Left Bank Pictures, la società di produzione della serie tv più costosa di sempre. Sono i cinque ricercatori assunti per tracciare, con precisione maniacale, la linea temporale di The
Crown: convivono con 500 libri, documenti d’archivio e prestiti della British Library, perché non possono sbagliare. Hanno terminato di costruire la cornice della terza stagione e stanno già pensando alla quarta: un prodotto da 50 milioni di sterline, scrive il quotidiano The Guardian, insomma la metà dell’annuale sovereign grant, il fondo di denaro pubblico destinato al mantenimento della monarchia inglese. Quest’anno – e si vedrà su Netflix dal 17 novembre – c’è un importante cambio della guardia: invece di Claire Foy e Matt Smith arrivano Olivia Colman e Tobias Menzies. La regina Elisabetta e il consorte Filippo. Menzies, 45 anni, abbassa la racchetta da tennis, il suo sport preferito, e precisa perentorio: «Mettiamoci d’accordo: la mia vita privata resta privata». È reduce da una stagione teatrale − la scorsa estate ha portato in scena a Londra Il sospetto, dal film di Thomas Vinterberg − e, dopo essere stato Edmure Tully ne Il trono di spade, da un’altra serie tv, la comedy This Way Up, per Channel 4. Non vuole raccontare nulla di sé perché non sia mai che il principe Filippo Mountbatten, duca di Edimburgo, conte di Merioneth e barone di Greenwich, 70 anni di matrimonio e 98 di età, non abbia tutta l’attenzione che merita.
The Crown mette in luce aspetti della famiglia reale meno noti. Tra questi, la personalità del principe Filippo.
Vero. Avrei voluto incontrarlo: è indubbiamente un esemplare unico. Mi sono documentato leggendo pacchi di libri su di lui e sulla monarchia. Ho scoperto che sa essere una cosa e il suo esatto contrario: un personaggio che non capita spesso di interpretare.
Su che cosa si è concentrato?
Invece di farmi abbagliare dal ruolo pubblico, ho pensato a lui in quello privato: Filippo è innanzitutto un uomo, quindi un marito e poi un padre. Che però è tenuto a stare un passo indietro rispetto alla moglie. L’ho osservato molto: oltre ai gesti, ho cercato di assorbirne il pensiero.
Crede che il principe originale resterà soddisfatto del suo ritratto?
Non voglio pensarci. Ma so che lo vedrà: dopotutto, anche Barack Obama guardava House of Cards...
Non teme uno dei suoi commenti da gaffeur impenitente?
Potrei risponderle: ma magari! Credo che il
suo continuo inciampare nell’etichetta sia una risposta agli obblighi del ruolo: immaginiamo come dev’essere avere intorno persone ansiose di conoscerti, ma in un contesto in cui i convenevoli vengono prima di tutto. Alla fine, il suo modo di scherzare è stato un mezzo per rompere il ghiaccio, mettere l’interlocutore a suo agio e creare la giusta energia. Magari non sempre con successo, ma è un aspetto che ne mostra la sensibilità.
Com’è subentrare alla terza stagione di una serie così attesa?
Abbiamo optato per l’unica cosa possibile: fare del nostro meglio per rendere giustizia a una sceneggiatura bellissima. La terza stagione racconta una storia completamente differente: i personaggi sono più maturi e il secolo in cui vivono si avvia a grandi passi verso il futuro.
Perché le vicende dei reali inglesi appassionano tanto?
Il successo di The Crown dipende non tanto da una fissazione per la famiglia reale, ma da come si è scelto di rappresentare il cuore della società inglese. È un capitolo della storia così affascinante. Per tutti: per chi ci è nato, per chi ci si rivede, per chi invece lo scopre sulla lunga distanza. Mi lasci dire: il pubblico desideroso di retroscena non sa esattamente cosa va cercando. Sa che vuole un leader. È un argomento che viene affrontato nella serie, attraverso un incontro tra la regina e il primo ministro. Si chiedono: come devono essere visti i reali? Come persone normali o come ideali a cui aspirare?
Già: qual è la distanza tra l’essere famosi ed essere un’icona?
La stessa che c’è tra essere un attore ed essere una celebrità. Il primo fa il suo lavoro e torna a essere se stesso, in un anonimato quotidiano, che al massimo concede un’uscita per il tennis. La celebrità invece resta con i riflettori puntati addosso: non concepisce proprio di potersi riparare nell’ombra.
La regina Elisabetta e il principe Filippo stanno insieme da 70 anni: se lo immagina un matrimonio così lungo?
Ma scherziamo? Non riesco neppure a figurarmelo: è troppo tempo, anche solo da pensare. Elisabetta e Filippo sono uniti da un profondo senso di responsabilità: all’apparenza non sono la coppia più romantica della Terra, però sono arrivati fino a qui.
Si è tenuto qualcosa dal set, come ricordo?
Non ho avuto il coraggio: e se mi beccavano? Ne riparliamo dopo la quarta stagione: mi piacerebbe portare via uno dei completi di Filippo. Sono stupendi.
Le piace sentirsi un principe?
Nella finzione. Parlando di vestiti, nella realtà non sono un buon esempio. Se devo uscire all’alba, rimetto quello che avevo la sera prima. Temo che Filippo non apprezzerebbe lo stile.