IN PRINCIPIO FU UN DATTERO
Nasher Prize 2020, riproduce l’arte distrutta dall’isis: ecco perché scoprirlo, ora, in Italia
Il suo ultimo atto: installare la statua di Lamassu, che si trovava alle porte dell’antica città di Ninive, nel Nord dell’iraq, ora ricostruita usando undicimila lattine riciclate di sciroppo di dattero, a Trafalgar Square, a Londra. Resterà lì due anni, come monito, per non dimenticare l’originale, bombardato dall’isis nel 2015. Americano, di origine ebraico-irachena, vincitore del Nasher Prize 2020 (il massimo premio per la scultura), Michael Rakowitz è al centro di una retrospettiva al Castello di Rivoli (fino al 19 gennaio), dove lo incontriamo.
Qual è l’impatto degli artisti sulla società? Gli esseri umani, in generale, hanno la capacità di influenzarsi l’uno con l’altro. La mia mente si è trasformata ogni volta che ho visto un’opera: una canzone aiuta a crescere, l’arte fa muovere nel mondo in modo differente.
Guernica di Picasso non ha evitato una guerra ma serve a capire come gli uomini si sfidino per il potere e per la conquista di territori.
Quando l’arte ha influenzato la sua vita? La prima volta è stato quando avevo 7 anni e venne ucciso John Lennon: mia madre era scioccata ma è riuscita a far comprendere a un bambino, che non sapeva chi fossero i Beatles, quanto la musica avesse trasformato lei e il suo mondo. È stato magico.
Le sue origini l’hanno influenzata? Moltissimo. Sono nato nel 1973, un arabo-ebreo: oggi sembra un’equazione impossibile, ma fino agli Anni 40 era una cosa normale. Dobbiamo imparare dalla storia perché siamo noi a costruire il futuro.
Infatti i temi del suo lavoro sono identità, eredità culturale e storia.
Aggiungerei l’umorismo. L’abilità di trovare momenti di gioia. E, dai, altre 300 cose!