LA LEZIONE DI AILO
Come si protegge l’ambiente? Facendo leva sulla sua infinita bellezza: osservata da una renna
uillaume Maidatchevsky ha occhi chiarissimi che parlano di luoghi selvaggi prima delle parole. Per anni ha catturato straordinarie immagini con i suoi documentari per canali come National Geographic, France 2, ZDF e Sky. Finché non ha deciso di realizzare un vero film, Ailo, un’avventura
tra i ghiacci (in sala dal 14 novembre), che segue la vita di una renna dalla nascita in Lapponia attraverso le vicissitudini in una natura primitiva e incontaminata.
Girato lungo quattro stagioni fra maggio 2017 e giugno 2018, mostra il protagonista che si sposta a caccia del suo cibo prelibato, i licheni, e durante il viaggio incontra ermellini, volpi artiche, ghiottoni e lupi, la minaccia principale per la sua specie. Fra immagini mozzafiato di aurore boreali, fiordi e vegetazione della taiga, lo spettatore si ritrova spesso occhi negli occhi con Ailo e gli altri animali, ne sente persino il respiro. «Per come la vedo io non ho filmato animali, ma individui», racconta il regista francese di origini ucraine, 39 anni, che come voce narrante della versione italiana ha scelto Fabio Volo. «Ogni personaggio della storia ha un carattere preciso. L’era glaciale di Chris Wedge è stata fonte d’ispirazione, ma l’idea di Ailo mi è venuta pensando ai miei figli: guardando tutto quello che avevo girato in Africa, sapevano più di leoni e ippopotami che di renne e creature del grande Nord. Ho voluto colmare la lacuna facendo loro questo regalo». Laureato in Biologia in Francia, Maidatchevsky si è spostato sull’isola La Réunion a studiare la barriera corallina. «Ho sempre voluto viaggiare nella natura ma non ero abbastanza bravo come biologo, perciò ho dovuto cambiare mestiere; prima giornalista scientifico, poi autore di documentari sulla natura. Finché non ho fatto un accordo con una produzione: in cambio della sceneggiatura di una serie tv sarei stato il terzo regista. È così che ho iniziato a girare».
Visti i protagonisti, le 80 pagine di sceneggiatura di Ailo erano aperte a tutto. Il film inizia con una madre che partorisce un cucciolo e per un attimo è tentata di abbandonarlo, ma poi torna. «Sarebbe stato impossibile scrivere le cose come sono accadute davanti ai nostri occhi. Da biologo conosco il comportamento degli animali, ma non sapevo se la mia renna sarebbe sopravvissuta alla nascita, quindi all’inizio ne ho seguite varie. Prima di partorire, una madre non ha voglia di essere filmata, ma quella di
Ailo lo ha fatto a 10 metri da me, così siamo riusciti a seguire il piccolo da subito. Aveva un carattere speciale: non aveva paura di me. Ed è straordinario se si pensa che per natura è una preda, e la sua è una specie particolarmente timorosa». Maidatchevsky usa un metodo che chiama “il cerchio della fiducia”. «Arrivo sul campo e osservo gli animali, voglio che si abituino alla troupe capendo che non siamo predatori. Solo a quel punto inizio le riprese», in questo caso con un team francese di sei elementi fra le montagne della Norvegia e le foreste della Finlandia. «Lavoravamo a 40 gradi sotto zero e a quella temperatura dovevamo cambiare le batterie ogni 10 minuti, quando di solito durano quasi un’ora».
Per non stare troppo lontano da casa, il regista alterna i set. Il suo prossimo film sarà sulla barriera corallina, seguito della storia di un animale e di una bambina. «Non vedo l’ora di iniziare le riprese, ma quando lascio i miei due figli, di 7 e 9 anni, deve essere per un’ottima ragione, per questo ci metto molto a scegliere su cosa lavorare». E nella stagione di Greta Thunberg c’è da chiedersi se Maidatchevsky sia un ambientalista. «A forza di sentirla tutti i giorni, quella parola, per me è diventata sterile. Appartengo alla scuola di Miyazaki: credo che per stimolare qualcuno a proteggere l’ambiente bisogna stupirlo. Con la sua bellezza».