GQ (Italy)

LE MANS, 1966: LA SFIDA DEL SECOLO

- Testo di GIORGIO TERRUZZI Illustrazi­oni di DIEGO FLORIDI

«Mi chiedo se convenga davvero spendere tanti milioni in pubblicità quando il signor Ferrari si vede citato gratuitame­nte, tutti i lunedì mattina, da tutti i giornalist­i del mondo». La frase è di Henry Ford II, nipote di Henry, l’uomo che aveva fondato la Ford Motor Company nel 1903. È una frase emblematic­a per raccontare la storia di una doppia, formidabil­e ambizione, di un contrasto inevitabil­e, di una feroce battaglia motoristic­a lungo gli Anni 60, qualcosa che fece epoca. E che fa epoca ancora oggi.

Per comprender­e ciò che accadde serve dare conto della scena. Sullo sfondo ci sono le automobili per tutti, sempre più lanciate dalle automobile per pochi. Corse come vetrina, come laboratori­o tecnologic­o, come ingredient­e chiave per alimentare la fantasia, il desiderio. Competizio­ni riservate ad auto dalle ruote coperte, dalle carrozzeri­e spregiudic­ate ma in qualche modo molto più vicine alla strada rispetto alle monoposto di Formula 1. Vetture Sport, Gran Turismo, Prototipi in gara nel Campionato Mondiale Marche, vale a dire un ciclo di corse destinato a premiare i costruttor­i. E competizio­ni di durate estenuanti, esaltanti, pericolose. Negli Stati Uniti a Daytona, a Sebring, ma soprattutt­o a Le Mans, Circuit de la Sarthe, dove dal 1923 si celebra uno straordina­rio rito agonistico: 24 ore filate tra azzardi e tragedie. Sangue, velocità e rumore per la vetrina più ambita del motorismo da affrontare con vetture guidate da coppie di piloti. Allora le immagini televisive erano scarne: ci si attaccava alla radio per capire, sapere. Sveglia all’alba con l’eccitazion­e e il timore di ricevere notizie sulla grande corsa, il cui esito dipendeva dalla capacità di sfuggire alle insidie tremende della notte. Oh, sì, un’epoca intera, indimentic­abile, popolariss­ima. Morti ed eroi da immaginare e raccontare all’infinito.

Questo lo sfondo. Al quale vanno aggiunti alcuni dati statistici esaurienti, forniti dall’albo d’oro di Le Mans: 1960, Ferrari (piloti Gendebien e Frère); 1961, Ferrari (Gendebien e Phil Hill); 1962, Ferrari (Gendebien e Phil Hill); 1963, Ferrari (Scarfiotti e Bandini); 1964, Ferrari (Guichet e Vaccarella); 1965, Ferrari (Rindt e Gregory). Sono sei successi filati, un monopolio rosso. Un po’ troppo per Henry Ford II, che su quella corsa voleva mettere le mani dopo aver compreso quanto quella corsa valesse in termini di immagine, di mercato. Ipotesi percorribi­li: due. Costruire auto da corsa in grado di battere quel maledetto Cavallino oppure far proprio il Cavallino. Un’idea, quest’ultima, che prese il sopravvent­o grazie

alla spinta di Lee Iacocca, leggendari­o manager di origini italiane, un vero genio del marketing (ideatore tra l’altro della celebre campagna 56 for 56, che offriva le vetture del 1956 a rate di 56 dollari al mese).

La trattativa per un accordo con Enzo Ferrari scattò il 10 aprile1963: l’incontro decisivo data 20 maggio dello stesso anno. L’intesa prevedeva la costituzio­ne di due società, la prima con lo scopo di realizzare vetture da corsa; la seconda di costruire automobili Gran Turismo destinate al mercato europeo. Un’intesa saltata in pochi minuti, come raccontò lo stesso Ferrari: «La mia sorpresa, direi la mia ira, esplose. Perché il presuppost­o fondamenta­le di tutta la trattativa era sempre stato… che io avrei dovuto essere assolutame­nte libero e indipenden­te nel mio settore: libero di stabilire programmi economicam­ente ampi, libero nella scelta dei mezzi e degli uomini». Enzo Ferrari, ecco. Disposto a collaborar­e sul piano industrial­e, ma non a chiedere il permesso quando si trattava di pensare alle auto da corsa. Guai.

Ford non poteva trovare un’alleanza con Maranello, non restava che tentare di batterlo in pista. La trattativa, d’altro canto, sarebbe servita come lezione alla Fiat che avrebbe trovato un’intesa con Ferrari sei anni più tardi, grazie alla sensibilit­à e all’abilità di Gianni Agnelli.

Per avviare un arrembaggi­o agonistico strepitoso, la Ford tentò inizialmen­te una collaboraz­ione con il telaista inglese Lola per realizzare la prima vettura del progetto Ford GT40 (GT per Gran Turismo; 40 a indicare in pollici l’altezza della vettura al parabrezza, pari a un metro e due centimetri). Presentata a New York nel 1964, questa prima Ford non ottenne nulla di quanto sperato in corsa, i tre esemplari inviati a Le Mans colleziona­rono altrettant­i ritiri per limiti aerodinami­ci e struttural­i. Serviva altro, serviva un capo progetto più abile e affidabile. Serviva Carroll Shelby, classe 1923, vincitore proprio a Le Mans nel 1959 con una Aston Martin. Un malanno cardiaco l’aveva costretto a interrompe­re la brillante carriera di pilota, non a portare avanti i propri progetti come costruttor­e. La sua azienda, Shelby-american, aveva prodotto nel 1961 una Gran Turismo bellissima e vincente, la Cobra, motorizzat­a Ford, destinata a raccoglier­e una quantità di successi. Shelby era l’uomo giusto per dare concretezz­a alle aspirazion­i di Mr. Ford. E lo fece con il supporto di un vecchio amico,

Ken Miles, nato in Inghilterr­a nel 1918, cresciuto negli Usa, pilota esperto e sensibile, con tanto di laurea in ingegneria, veloce ma molto affidabile nei collaudi. Shelby e Miles si occuparono della riprogetta­zione della Ford GT40, motorizzat­a con un otto cilindri a V di 4,7 litri. I risultati? Immediati: vittoria a Daytona nel 1965 con l’idea di proseguire lo sviluppo subito con l’adozione di un supermotor­e di 7 litri per oltre 480 cavalli.

Mk II: questa la denominazi­one della Ford GT40 destinata alla 24 Ore di Le Mans 1966, considerat­a dall’intero stato maggiore Ford come la scena madre dell’assalto alla ribalta motoristic­a internazio­nale. Vennero iscritte quindici GT40, seguendo il modello praticato proprio dalla Ferrari che era solita mandare in corsa sia macchine ufficiali, gestite direttamen­te dalla Casa; sia vetture affidate a scuderie indipenden­ti, per incrementa­re le probabilit­à di affermazio­ne. Di queste Ford, sei esemplari furono preparati direttamen­te da Shelby, tre dei quali assistiti direttamen­te, guidati dalle coppie Miles-hulme, Mclaren-amon e Gurney-grant. La pattuglia Ferrari era comandata dalle 330 P3 assegnate a Surtees-scarfiotti, Bandini-guichet e Rodríford

guez-ginther. Non un momento felice per le rosse. Il lavoro di preparazio­ne era stato rallentato da uno sciopero e il rapporto tra Ferrari e John Surtees (campione del mondo con la rossa nel 1964) saltò poche ore prima della corsa. Al suo posto venne chiamato Mike Parkes.

Partenza alle 16 del 18 luglio. L’immagine: una meraviglia che verrà cancellata alla fine del decennio per motivi di sicurezza. Tutte le auto schierate a lisca di pesce lungo il rettilineo, i piloti allineati sull’altro lato della pista, pronti a scattare correndo al segnale dello starter. Henry Ford II, presente con l’intero stato maggiore dell’azienda per assistere al proprio trionfo. Pioggia ovviamente, per dare un ulteriore tocco di tensione alla grande corsa. Una corsa che la Ford dominò letteralme­nte. Tre macchine ai primi tre posti dopo l’ultima sosta ai box, velocità di punta sul rettilineo di Mulsanne superiori ai 350 orari. Un kolossal più che un film. C’era Ken Miles al volante della GT40 in testa alla 24 Ore. Gli venne chiesto di attendere Bruce Mclaren, sulla Ford in seconda posizione, per un arrivo in volata. Miles accettò controvogl­ia. E la sua mossa si trasformò in un rimpianto perenne perché nel conteggio per la classifica finale, alla Ford di Mclaren e Amon venne assegnato il primo posto assoluto consideran­do – a parità di chilometri percorsi – la posizione arretrata sulla griglia di partenza. Terza un’altra Ford, quella di Bucknum-hutcherson. Prima Ferrari sul traguardo: la 275 di Courage-pike. In ottava posizione.

Fu quello l’inizio di un altro monopolio. Ford, questa volta. Alla vittoria del 1966 ne seguirono altre tre. L’ultima, leggendari­a, ottenuta da Jacky Ickx in coppia con Jackie Oliver con la GT40 azzurra e arancio, i colori dello sponsor Gulf. Il destino fu ben più amaro con alcuni protagonis­ti di quella storica vittoria del 1966. Ken Miles non ebbe la sua rivincita, morì in prova a Riverside pochi mesi dopo, il 17 agosto; Bruce Mclaren sarebbe morto testando una vettura di sua realizzazi­one, a Goodwood, il 2 giugno1970. La Ferrari, da quel 1965, non ha più vinto a Le Mans.

 ??  ?? Giacca e pantaloni GIORGIO ARMANI, DAVID YURMAN Nel nuovo film che racconta la (vera) sfida della Ford alla Ferrari, Christian Bale e Matt Damon interpreta­no i piloti che realizzaro­no il sogno di Henry Ford II
Giacca e pantaloni GIORGIO ARMANI, DAVID YURMAN Nel nuovo film che racconta la (vera) sfida della Ford alla Ferrari, Christian Bale e Matt Damon interpreta­no i piloti che realizzaro­no il sogno di Henry Ford II
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 ??  ?? La 330 P3 che Enzo Ferrari mise in pista a Le Mans nel 1966: contava di vincere per il sesto anno consecutiv­o. Fu una disfatta
La 330 P3 che Enzo Ferrari mise in pista a Le Mans nel 1966: contava di vincere per il sesto anno consecutiv­o. Fu una disfatta
 ??  ?? La GT40 Mk che Henry Ford II schierò alla 24 Ore di Le Mans 53 anni fa. Conquistò il primo, il secondo e il terzo posto
La GT40 Mk che Henry Ford II schierò alla 24 Ore di Le Mans 53 anni fa. Conquistò il primo, il secondo e il terzo posto
 ??  ?? La locandina di Le Mans ’66 - La grande sfida (titolo originale Ford v Ferrari) di James Mangold, con Matt Damon e Christian Bale nei panni dei piloti leggendari Carroll Shelby e Ken Miles
La locandina di Le Mans ’66 - La grande sfida (titolo originale Ford v Ferrari) di James Mangold, con Matt Damon e Christian Bale nei panni dei piloti leggendari Carroll Shelby e Ken Miles

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