GQ (Italy)

IN DIFESA DEL GRANDE FREDDO

Il più noto tra gli inuit è un campione di hockey su ghiaccio. La sua missione è salvare gli indigeni dell’artide

- Testo di PAOLA MONTANARO

Ha sempre scelto la maglia H numero 22 perché, pronuncian­do un numero alla volta (two-two), suona come il suo cognome: Jordin John Kudluk Tootoo Churchill è nato nel 1983 a Manitoba, nelle praterie canadesi, per crescere nella parte più settentrio­nale del Paese. È stato un grande campione di hockey su ghiaccio, nonché il primo inuk a giocare nella National Hockey League. «Sono cresciuto in un’area remota del Nord del mondo, nella comunità Rankin Inlet, e l’hockey ce l’ho nel sangue», racconta. «Ci giocavano mio padre e mio fratello. Per noi bambini era la norma salire sui pattini quando ancora non sapevamo camminare. I ricordi più belli della mia infanzia sono legati a

quando fuori c’erano 60 gradi sotto zero e noi giocavamo a hockey illuminati dall’aurora boreale». Tootoo avrebbe iniziato a fare sul serio a 13 anni, per giocare infine in alcune tra le più importanti squadre del campionato nordameric­ano: dai Nashville Predators ai Chicago Blackhawks, passando per i Detroit Red Wings, i Grand Rapid Griffins e i New Jersey Devils. Finché, nel 2018, ha annunciato via Twitter: «Ho deciso di ritirarmi per concentrar­mi sul ritorno alla comunità indigena». Tootoo in Canada è una star non solo per i suoi successi profession­ali, ma soprattutt­o per quelli fuori dal campo: in passato ha avuto seri problemi con l’alcol, suo fratello è morto suicida all’età di 22 anni, ma nonostante tutto, contro ogni previsione, Tootoo ce l’ha fatta. «Ho imparato dalle mie battaglie che ciò che faccio può avere un impatto sulla vita dei giovani indigeni», spiega. «E questo mi ha ispirato a vivere nel migliore dei modi possibili». Da quando ha lasciato lo sport profession­istico Tootoo è diventato un attivista. Ora dedica il tempo a parlare alle comunità indigene, raccontand­o il suo personale cammino.

Come si superano le sconfitte della vita? Perdere mio fratello ha cambiato la mia in molti modi. All’inizio mi ha gettato in un vortice di angoscia, provocando­mi problemi mentali. Poi, grazie ad alcune persone importanti, ho trovato il coraggio di chiedere aiuto. Questo è stato il primo passo. La sfida vera è arrivata dopo: trovare una vita migliore non è facile. Ci vuole fegato per riconoscer­e che le sconfitte nella vita sono davvero un’opportunit­à per imparare, per capire chi vogliamo veramente essere.

Qual è il messaggio più forte che cerca di trasmetter­e ai giovani?

Siate liberi di poter esprimere i vostri sentimenti, il vostro stato d’animo. Cerco di incoraggia­rli a fidarsi degli altri, a cercare aiuto in caso di bisogno. Di recente mi ha scritto un uomo per dirmi che suo figlio, con seri problemi di alcolismo, aveva deciso di rivolgersi a un centro di riabilitaz­ione dopo aver sentito la mia storia. Non ci sono parole per descrivere come mi sono sentito in quel momento.

Com’è nata la sua collaboraz­ione con Canada Goose?

Stavo seguendo un evento sportivo annuale tra i più seguiti in Canada, la Grey Cup, ero con degli amici a temperatur­e sotto zero e mentre loro tremavano dal freddo io, con indosso la mia giacca di Canada Goose, stavo benissimo. In seguito abbiamo letto del progetto del brand che celebra il Nord del Canada e gli inuit. È iniziato tutto così...

Quali sono i valori che la legano al brand? La campagna Live in the Open è molto forte. Per me rappresent­a davvero la capacità di essere se stessi e di vivere nel migliore dei modi possibili perché veicola un messaggio profondo, che per quanto mi riguarda è legato alla terra, il fulcro della mia spirituali­tà. È qui che le persone della mia comunità trovano pace e armonia.

Quanto è legata la sua storia alle persone che oggi vivono nel Nord del Canada?

Il territorio del Nunavut sarà sempre la mia casa. Questa è la mia gente. Mi ha dato l’opportunit­à di essere l’uomo che sono oggi. Ma il Nord ti mette sempre a dura prova, purtroppo da noi il suicidio e le dipendenze hanno tassi altissimi. È da qui che nasce la mia vocazione.

Nella campagna Live in the Open, lei indossa il tradiziona­le parka di Canada Goose. È il capo che ama di più?

Il parka è un indumento perfetto per le temperatur­e rigide. Oggi che trascorro la maggior parte del mio tempo in un clima più mite indosso prevalente­mente i maglioni di Canada Goose, che ho scoperto solo di recente. Ma appena arriva il freddo, il parka rimane il mio capo preferito.

 ??  ?? Il primo inuk (singolare di inuit) a giocare nella National Hockey League, il canadese Jordin John Kudluk Tootoo Churchill, 36 anni, nella campagna Live in the Open di Canada Goose. Nell’altra pagina: immagini del backstage
Il primo inuk (singolare di inuit) a giocare nella National Hockey League, il canadese Jordin John Kudluk Tootoo Churchill, 36 anni, nella campagna Live in the Open di Canada Goose. Nell’altra pagina: immagini del backstage
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy